Funziona la volgarità in politica? Gli insulti fanno guadagnare voti e popolarità? Cosa pensavano di ottenere quanti si sono rivolti alla Presidente della Camera Laura Boldrini con epiteti come «Bambola gonfiabile», oppure peggio: «Va eliminata fisicamente». Una strategia per conquistare titoloni sui giornali e risollevarsi dopo una pessima performance alle ultime elezioni comunali? Un fenomeno, quello delle offese in politica, che non riguarda però solo l’Italia, come ci ricorda la campagna elettorale di Donald Trump che si è guadagnata i riflettori delle cronache a colpi di insulti e fake news. Secondo l’attore Clint Eastwood, questo avviene perché la gente ormai è stanca della «correttezza politica»,. Ma la questione va molto oltre e incide anche sulla credibilità che i giovani riservano alla politica.
Per riflettere su queste tematiche e promuovere una campagna di impegno tra i politici italiani, l’associazione #ParoleOstili lancia il 14 dicembre presso la Sala Difesa del Senato, l’iniziativa «#cambiostile», in partnership con l’Università Cattolica del Sacro Cuore e l’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo. Rosy Russo, l’ideatrice di #ParoleOstili, racconta al Corriere della Sera come «alle porte di una campagna elettorale che si preannuncia dura, l’augurio è che il Manifesto, e in generale la campagna di sensibilizzazione possa concretamente aiutare il confronto politico a non diventare mai incivile e scorretto». Non solo, «ci auguriamo che l’esempio dei politici che hanno già aderito al progetto possa diventare una buona pratica capace di contagiare tutta la classe politica italiana e diffondere il virus positivo dello scelgo le parole con cura».
La forza delle proposte vince sulla violenza degli insulti
L’iniziativa, nata a pochi mesi dalle prossime elezioni con l’intento di promuovere un confronto politico basato sulla forza delle proposte e non sulla violenza degli insulti e l’inganno delle notizie false, in pochi giorni ha infatti già ottenuto l’adesione di cinque ministri e 130 parlamentari di tutti gli schieramenti politici. Tra questi Minniti, Fedeli, Pinotti, Finocchiaro e Martina e i capigruppo al Senato Zanda (Pd), Centinaio (Lega), Romani (Fi), De Petris (Sel), Bianconi (Ap), Guerra (MdP), Zeller (Autonomie) e il capogruppo Pd alla Camera Ettore Rosato, e ancora Debora Serracchiani, Giorgio Gori, Flavia Marzano, Annamaria Bernini, Lara Comi, Monica Cirinnà, ma la lista è destinata ad arricchirsi. Il progetto parte dalla presentazione di un documento di applicazione dei 10 princìpi del Manifesto alla comunicazione politica, lanciato a Trieste il 17 e 18 febbraio, destinato soprattutto ai giovani per combattere la violenza in Rete.«Come Ministero — dichiara Fedeli — siamo convintamente al fianco di Parole Ostili nella diffusione della cultura del rispetto e nel contrasto di ogni forma di linguaggio dell’odio. Sono azioni che abbiamo messo al centro di un Piano nazionale lanciato lo scorso 27 ottobre che coinvolge tutte le scuole e che ha fra i suoi punti qualificanti proprio la diffusione del Manifesto della comunicazione non ostile ideato da Parole_Ostili». Secondo la ministra, «le proprie posizioni e il proprio dissenso possono essere sempre espressi senza ricorrere ad un linguaggio scorretto e senza aggredire chi la pensa diversamente da noi. La politica può e deve farsi promotrice di questo messaggio». Come Corriere abbiamo dall’inizio raccolto la proposta, impegnandoci anche nella professione a un uso non ostile delle parole con un nostro Manifesto (che potete leggere qui).
Il Manifesto nelle scuole
«Il Manifesto è una bussola per non perdere la rotta durante la campagna elettorale. Si può (e si deve) fare campagna mettendo in luce limiti ed errori della proposta altrui, senza per questo essere scorretti o violenti», ha dichiarato Antonio Palmieri, responsabile nazionale della comunicazione elettorale e Internet di Forza Italia, richiamando il testo promosso lo scorso febbraio da una community trasversale di oltre 300 tra giornalisti, manager, politici, docenti, comunicatori e influencer, che ha già raggiunto oltre 4 milioni di persone sui social media. È stato inviato a tutte le scuole d’Italia coinvolgendo 2.500 docenti e 30.000 studenti. A settembre è stato consegnato — assieme alla Costituzione italiana — a 500 ragazzi durante l’inaugurazione dell’anno scolastico alla presenza del Presidente della Repubblica. È inoltre oggetto di una partnership con il MIUR per la promozione di una cultura della rete «non ostile» rivolta a studenti, docenti e famiglie, e ad oggi è stato tradotto in 8 lingue.
Il rapporto dei giovani con la politica
Ma qual è il rapporto dei giovani con la politica e come incide il linguaggio che viene utilizzato nella reputazione che i ragazzi hanno delle principali cariche dello Stato? Forte è la convinzione, tra i giovani italiani, di vivere una condizione di svantaggio in termini di investimenti, spazi e opportunità rispetto sia alle generazioni precedenti sia ai coetanei degli altri paesi sviluppati. «Alla classe dirigente italiana, in particolare quella politica, viene assegnata la principale responsabilità della combinazione al ribasso dei tassi di crescita del paese, dei tassi di occupazione giovanile, dei salari, del proprio futuro previdenziale», spiega Alessandro Rosina, docente dell’Università Cattolica e coordinatore della ricerca, presentando in anteprima al Corriere quanto emerge dal «Rapporto Giovani» dell’Istituto Giuseppe Toniolo, in collaborazione con Fim Cisl, condotta a febbraio 2017, su un campione di 2.000 giovani dai 18 ai 34 anni. I dati mostrano chiaramente come l’incapacità della politica sia messa al primo posto delle cause dell’attuale difficile condizione dei giovani, seguita a distanza dall’egoismo delle vecchie generazioni (non verso i propri genitori, gli unici da cui ottengono sostegno concreto, anche se spesso più come protezione passiva che come vero incentivo all’intraprendenza), aggiunge Rosina. Il disagio per la propria condizione presente e l’incertezza sulle possibilità di crescita e opportunità future, in un contesto di grandi trasformazioni, alimentano una domanda di politica credibile e affidabile che però stenta attualmente a trovare risposta. La reazione è il distacco per reazione ad una politica che non si mette in sintonia con le nuove generazioni e non offre risposte efficaci nel migliorare la loro condizione. Non a caso i livelli di fiducia più bassi sono verso i partiti, anche più in basso rispetto alle banche.
Non perdere fiducia nella politica
Interessante come non sia alta sia la fiducia verso i giornali ma ancora più bassa la credibilità assegnata ai social media come fonte di informazione. A testimonianza del fatto che i giovani non vedono tutto nero, gli alti livelli del volontariato e della ricerca scientifica (pur con sensibili differenze per titolo di studio). È però vero che di fronte ai grandi cambiamenti una larga parte dei giovani si trova spaesata e schiacciata in difesa mentre una parte vorrebbe essere messa nelle condizioni di confrontarsi, con strumenti adeguati, con le novità che aprono. Va considerato che l’elettorato giovanile è molto meno prevedibile e più difficile da intercettare rispetto a quello adulto e anziano perché meno guidato dalle grandi ideologie del secolo scorso. È inoltre un elettorato più fluido e instabile, quindi meno prevedibile. A orientare le scelte verso l’offerta politica è l’atteggiamento di apertura e chiusura verso il nuovo ma anche la fiducia nelle istituzioni. «I giovani — conclude Rosina — sono la forza principale di sostegno a processi di cambiamento credibili, convincenti e coinvolgenti che creano nuove opportunità. Ma quando manca la fiducia, quando prevalgono il disagio sulla condizione presente e l’incertezza sul futuro, come oggi in Italia, tendono a chiudersi in difesa e a manifestare la loro insofferenza con astensione al voto o verso i movimenti che esprimono rabbia e posizioni antisistema». Le nuove generazioni sono sensibili ai grandi temi del contrasto delle diseguaglianze sociali, della lotta contro discriminazioni e ingiustizie, dell’apertura al cambiamento e dell’allargamento delle opportunità per tutti. «Non sono indifferenti, ma pronte a spendersi per migliorare il mondo in cui vivono, attraverso l’impegno civico e l’innovazione sociale. Da un lato sono però spesso poco informate e disorientate sulla possibilità di incanalare positivamente le proprie energie ed intelligenze, dall’altro vivono in un paese e in un contesto storico che li porta ad agire in difesa, schiacciati sulla quotidianità per non veder scadere le proprie condizioni di vita». Il rischio è che i giovani perdano la convinzione che la politica, così come oggi è intesa e praticata, sia in grado di migliorare le proprie condizioni e rendere più solido il futuro comune.
Fonte: corriere.it