Anche se le notizie sono poche, il rumore molto e gli effetti pratici finali (leggi: voti) da verificare, i partiti spingono fino in fondo il pedale dei social network. E nella prima campagna elettorale integralmente social oriented, nessuno è convinto che si possa vincere attraverso i social, ma tutti pensano che senza le grandi «discussioni» su Facebook o Instagram si possa perdere o per lo meno si trovino più difficoltà a imporre dei temi in quel dibattito pubblico che poi dovrà tramutarsi in voti.
Quindi ci stanno tutti, i partiti, ognuno a suo modo: grillini e leghisti sono più aggressivi, Forza Italia sfoggia un approccio più tradizionale, il Pd è nel mezzo, tra il cambio di marcia comunicativo a suo tempo imposto da Renzi e le rigidità organizzative dell’ultimo partito strutturato rimasto in circolazione. Ognuno cercando poi di captare il minimo cambiamento di vento nel percepito stesso dei social: Twitter, per dire, è ormai in calo mentre a fronte di un Facebook sempre forte, in questo voto 2018 si afferma prepotentemente Instagram. E non è una sorpresa: il linguaggio politico tende a semplificarsi, a riassumersi in un’immagine e Instagram (foto, video e brevissimi testi) coglie questa esigenza, insieme all’altra, fondamentale per tutti i partiti, ossia parlare ai giovani che di Instagram sono i più assidui frequentatori.
Ad alimentare le speranze di tutti i guru che lavorano nella stanza dei bottoni ci sono i numeri, che fanno impallidire ascolti tv e tirature dei giornali. Considerati più autorevoli, certo, ma con una diffusione inferiore. I ‘mi piace’ su Facebook nelle pagine dei primi otto leader seguiti in Rete sono quasi dieci milioni, con contatti e utenti unici altrettanto significativi: Matteo Salvini su Fb ne ha venti milioni al mese, Luigi Di Maio ha una «copertura», sempre su Fb, di dieci milioni a settimana.
Gli altri seguono in graduatoria, ma viaggiamo sempre a ritmi altissimi. Molti contatti a poco prezzo quindi, per la gioia dei tesorieri dei partiti ormai in perenne bolletta, perché bastano poche persone con un computer e il gioco è fatto. Il Pd dispone di una squadretta di 4/5 personedirettamente impegnate oltre ad aver stipulato un contratto di consulenza con la barese Proforma, mentre 5 Stelle, Lega e Forza Italia gestiscono in proprio la parte web servendosi di analoghi piccoli team di giovani«interni», in genere inquadrati come collaboratori. A tutto si aggiunge la comunicazione social che svolgono a livello personale e territoriale i singoli esponenti politici. Con numeri e traffico anche qui importanti. Specie per alcuni partiti, come i grillini. Basti pensare che tra i primi quattro politici su Fb, tre sono esponenti del Movimento 5 Stelle: Grillo, Di Battista e Di Maio. Niente di cui stupirsi. Sono stati proprio i 5 Stelle a intuire per primi le potenzialità della Rete ed è normale che in termini di presenze adesso la facciano da padrone.
«Il vantaggio dei social è che raggiungi in pochissimo tempo grandi masse di persone, senza intermediazione», spiega Dario Adamo, responsabile social media del M5S. «Fb è per la fascia 40/50enni, per noi molto importante, Instagram per i più giovani. Oltre a veicolare contenuti nostri in maniera capillare, ci è utile a sollevare discussioni e a mobilitare. Non porta voti direttamente, ma per un movimento come il nostro è fondamentale».
Il Movimento 5 Stelle affronta la battaglia del 4 marzo con tre piattaforme: quella di Luigi Di Maio, quella ufficiale M5S e ovviamente lo «storico» blog di Grillo, cui si aggiungono pagine meno cliccate, ma sempre viste come quella dei gruppi parlamentari. Grande importanza anche per il Pd, che è ai nastri di partenza della sfida elettorale con la piattaforma «Bob», un’app per interagire con i militanti, l’app di Matteo Renzi, anche questa per creare la propria community e coinvolgerla, oltre al sostegno di alcuni influencer di area (Daniele Cinà e Dario Ballini, per esempio) che riescono a movimentare molto traffico di utenti.
Matteo Richetti, responsabile comunicazione del Nazareno, spiega che «i social contribuiscono a costruire un’opinione pubblica su un tema, formano un clima sul quale poi costruire e raccogliere eventuali consensi. Da guardare con attenzione, ma nello stesso tempo da maneggiare con riguardo. Il tema della fake news su cui noi abbiamo tanto insistito fino a creare un Osservatorio è per esempio un frutto malato della Rete».
Attiva anche Forza Italia, pur con un profilo più tradizionale. «Noi consideriamo i social – dice Antonio Palmieri, responsabile Internet azzurro – come un aspetto della comunicazione, da integrare con gli altri. Forza Italia è online dal ’95, siamo stati i primi a sfruttare le potenzialità della Rete. Ricordiamoci Forzasilvio.it, del 2009 oppure Silvio risponde, del 2010». Anche se, diciamola tutta, a differenza degli altri leader più giovani, nelle «corde» di Berlusconi al primo posto ci sono la tv e i giornali, ultimamente anche la radio. «Noi comunque nei social e in internet crediamo – conclude Palmieri – e nella recente campagna elettorale in Sicilia ci siamo impegnati moltissimo. Di qui al 4 marzo sarà ancora così».
Autore: Pierfrancesco De Robertis | Fonte: www.quotidiano.net