Manca meno di un mese alle elezioni: un confronto dei programmi per capire come si pongono i diversi candidati sul tema dell’innovazione e del digitale.
Intelligenza artificiale, internet of things, reti 5G, blockchain, industria 4.0 e chi più ne ha, più ne metta: l’innovazione tecnologica e digitale è diventata cruciale per le prospettive di crescita economica delle nazioni avanzate (e non solo).
Negli ultimi anni, tra alti e bassi, anche il nostro governo ha mostrato di dare sempre più importanza al tema, concentrandosi soprattutto sulle potenzialità del digitale per il rilancio di impresa e manifattura (il famoso piano Calenda, dal nome del ministro dello Sviluppo Economico) e disegnando più in generale un’agenda digitale che ha l’obiettivo di portare l’Italia verso la modernità tecnologica.
Considerando tutto ciò, verrebbe da pensare che i programmi dei partiti per le elezioni politiche di marzo diano ampio spazio alle questioni tecnologiche, giusto? Non troppo: sarà perché si tratta di temi difficili da illustrare nei mesi sincopati di campagna elettorale, o sarà perché non in grado di spostare voti come le questioni fiscali o di sicurezza, fatto sta che, su questo fronte, trovare qualcosa di significativo nei vari programmi politici è impresa ardua.
Vediamo nel dettaglio cosa propongono i principali partiti sul tema.
Partito democratico e liste collegate
Le smart cities sono il punto centrale in materia di innovazione del Partito Democratico, che nel programma ufficiale promette “massimo sforzo nella valorizzazione delle forme innovative di organizzazione territoriale, a cominciare dalle città metropolitane e dal loro lavoro sulle smart cities e nella trasformazione urbana“.
Purtroppo non si va oltre nel definire come queste forme innovative possano portare allo sviluppo delle città intelligenti ad alta tecnologia. Pochi anche i dettagli presenti nel paragrafo dedicato alla digitalizzazione della pubblica amministrazione, in cui si parla genericamente di una “radicale trasformazione del back-office della PA e un ulteriore miglioramento qualitativo della gestione dei dati; vera miniera di opportunità al tempo dei big data“.
Qualche elemento in più per capire la strada che il Partito Democratico – che ha comunque guidato con suoi esponenti (Enrico Letta, Matteo Renzi e Paolo Gentiloni) il governo per cinque anni – intende seguire, si può trovare nel capitolo dedicato alla politica industriale, in cui riecheggiano parole presenti anche nel programma della lista +Europa.
“Nei prossimi anni le economie avanzate dovranno raccogliere la sfida di una tumultuosa innovazione tecnologica che mette in discussione i vecchi modelli produttivi, l’organizzazione del lavoro e del nostro sistema di welfare. Se l’Italia non saprà essere all’altezza di questa sfida potremmo dover assorbire un secondo shock sistemico come quello vissuto nella prima fase della globalizzazione. Dobbiamo governare il cambiamento“.
Per riuscire nell’impresa, il Pd punta soprattutto sull’accelerazione del piano Banda Ultra Larga, sull’implementazione delle reti 5G, sul rafforzamento del piano impresa 4.0 e sulle innovazioni nel campo fintech come strumento alternativo al finanziamento bancario (crowdfunding, il prestito peer-to-peer e altri ancora), per fare sì che “le tante startup che nascono in Italia trovino i capitali per poter crescere e avere successo“.
Non è tutto: sul sito del Pd si trova un lungo capitolo dedicato alle potenzialità della cittadinanza digitale, che racconta i progressi fatti in materia di digitalizzazione della pubblica amministrazione e la strada ancora da percorrere. È previsto inoltre un ulteriore rafforzamento del già citato, e in questo caso significativo, “piano Industria 4.0”.
Parole chiave: cittadinanza digitale, supporto alle startup, banda ultralarga.
Centrodestra
Nei dieci punti del programma che unisce le varie forze che compongono il centrodestra (Forza Italia, Lega Nord, Fratelli d’Italia e Noi per l’Italia), solo in fondo compare la parola magica “tecnologia”, assieme a “cultura” e “ambiente”. Oltre alla necessità di digitalizzare la pubblica amministrazione – che è veramente il filo rosso che unisce tutte le parti politiche – si parla di “più tecnologie innovative applicate all’efficientamento energetico”, di “piena diffusione delle infrastrutture immateriali” e di “sostegno alle startup innovative, anche attraverso la semplificazione del crowdfunding”. Per quanto vago, quest’ultimo aspetto offre almeno qualche spunto interessante: si sta forse pensando di istituzionalizzare il crowdfunding per sostenere le startup?
Restando nell’ambito del centrodestra, nella lunga e dettagliata bozza di programma della Lega Nord (in possesso di Wired, per quanto ad oggi non presentata ufficialmente) si trova un breve capitolo dedicato alla “evoluzione digitale”, in cui oltre alla necessità di migliorare i servizi per i cittadini e l’organizzazione dello stato, è presente una polemica contro le cosiddette ott (over the top, ovvero le piattaforme che sfruttano le infrastrutture costruite da terzi per i loro business).
Nella bozza, infatti, si legge: “L’Italia spenderà più di ogni altro paese dell’Unione Europea, tra il 2018 e il 2020, per rifare le infrastrutture digitali utili a inserire il pil italiano nell’economia digitale dominata dalle ott (Amazon, Google, Microsoft, Apple). Allo stato delle cose, grazie a questa spesa, le ott aumenteranno il proprio business commerciale (…), generando una oligarchia che rischia di annullare la caratteristica principale del made in Italy: la differenziazione del prodotto. Prodotto italiano e massa monetaria Ue finiscono nelle tasche extra Ue”. I concetti espressi non sono chiarissimi, ma è evidente come la Lega Nord abbia individuato nei colossi tecnologici della Silicon Valley un nemico da combattere.
Parole chiave: efficientamento energetico, crowdfunding, startup, difesa degli interessi italiani contro le ott della Silicon Valley.
Movimento 5 Stelle
Sebbene nel programma ufficiale dei pentastellati non ci sia una casella dedicata all’innovazione, nelle sezioni “telecomunicazioni” e “sviluppo economico” si trovano elementi interessanti. Per quanto riguarda la banda larga, il M5S chiede che l’infrastruttura di rete sia a maggioranza pubblica, trasformando in questo senso la società OpEn Fiber che ha vinto l’appalto. Non solo: si parla di sviluppo dell’internet delle cose attraverso i servizi 5G e, più in generale, della necessità di puntare alla Quarta Rivoluzione Industriale, attraverso intelligenza artificiale (unico programma in cui compare il termine), big data, realtà aumentata, manifattura digitale e altro ancora.
Il candidato premier Luigi Di Maio ha dedicato parecchia attenzione anche al rapporto tra evoluzione tecnologica, lavoro e burocrazia, insistendo sul concetto di smart nation che compare tra i venti punti del programma M5S. Di che si tratta? In sintesi estrema, di investire in tecnologia, nuove figure professionali, auto elettriche e digitalizzazione della pubblica amministrazione.
Nonostante si tratti di annunci un po’ vaghi, il candidato del Movimento 5 Stelle ha approfondito l’argomento parlando di recente al Talent Garden di Milano: “Nel 2025 circa il 50% dei lavori in Italia sarà creativo e il 60% dei lavori come li conosciamo oggi si trasformerà o sparirà. Tra i lavori creativi ci sono sicuramente quelli legati all’innovazione, che sono il nostro obiettivo di governo: investire in innovazione, investire in una Smart Nation, quindi in uno stato intelligente che cominci a fare meno leggi (e meno burocrazia), che cominci a sviluppare nuove professioni, ma soprattutto che protegga le startup innovative che nascono e che danno lavoro a giovani o meno giovani”.
Di Maio ha poi puntualizzato: “Questi sono i settori del futuro, oggi hanno 35mila, 36mila addetti ma sono destinati ad avere una crescita esponenziale nei prossimi cinque o dieci anni. Se perdiamo il treno dell’innovazione perderemo la possibilità di impiegare i giovani che abbiamo all’estero, ma anche i giovani che si stanno per diplomare o che stanno entrando all’università”.
Parole d’ordine: smart nation, investimenti per le startup innovative, digitalizzazione della pubblica amministrazione, intelligenza artificiale.
Liberi e Uguali
Il capitolo dedicato all’innovazione del programma del partito guidato da Pietro Grasso si differenzia notevolmente dagli altri. Nonostante nella parte intitolata “Un mondo digitale” si trovino comunque i riferimenti agli “investimenti pubblici nella ricerca e nell’innovazione che facciano da traino agli investimenti privati” e alla necessità di “sfruttare pienamente le potenzialità delle nuove tecnologie per promuovere un nuovo modello di sviluppo”, la parte più interessante è un’altra.
Liberi e uguali è infatti l’unico partito che ha inserito nel programma di governo la difesa della Net Neutrality: “L’ipotesi di abolire la neutralità della rete va combattuta con determinazione perché consentirebbe alle grandi società di telecomunicazione di offrire servizi più veloci a chi paga di più e anche di scegliere quali contenuti possano avere la precedenza su altri“, si legge.
Il documento continua: “Internet deve restare uno spazio dove tutti i cittadini e tutte le imprese possano accedere a idee, informazioni e servizi, senza alcuna discriminazione, a prescindere dai contenuti e dai servizi”.
Oltre a questo, si trovano riferimenti importanti al “diritto di accesso alla rete”, a internet come “una risorsa globale (…) e uno strumento che può influire in maniera determinante sull’effettività dei diritti fondamentali” e infine anche un passaggio sulla privacy: “Ogni persona ha il diritto alla protezione personale dei dati che la riguardano per garantire il rispetto della sua dignità, identità e riservatezza”.
Parole chiave: investimenti pubblici, net neutrality, privacy.
Forza Nuova e Casa Pound
Per quanto riguarda Forza Nuova, è curioso come nel dettagliato programma di partito – chiamato “Per uno stato nuovo” – non ci sia nessun accenno all’innovazione digitale e alla tecnologia; nemmeno nel capitolo dedicato al lavoro (si trova in compenso una parte dedicata alla “lotta alla massoneria e ai poteri occulti”). Non cambia la situazione per quanto riguarda Casapound, che nei suoi punti di programma (che verranno ufficializzati il 9 febbraio) non parla mai di innovazione e tecnologia. Ma forse è giusto così: chi si occupa di tradizione, ritorno alla terra e sovranità nazionale cosa volete che se ne faccia della internet of things?
Parole chiave: nessuna.