L’11 maggio 2016, dopo un iter legislativo lunghissimo, per la prima volta le unioni civili fra persone dello stesso sesso sono finalmente diventate legali in Italia. Per il secondo anniversario della legge, la promotrice e prima firmataria della legge Monica Cirinnà ha pubblicato sul proprio sito i numeri che mostrano quanti italiani e italiane hanno fatto ricorso alla nuova legge, provincia per provincia.
Da quando è stata approvata la norma fino al 2017, l’area con la maggiore densità di unioni civili è stata Milano (ed è per questo che vi aspettiamo lì il 30 giugno per il Milano Pride), con 25 cerimonie ogni 100mila abitanti, mentre in province come Crotone non ne è risultata nessuna. Tutto sommato la popolarità delle unioni civili segue linee geografiche abbastanza chiare, ma con qualche eccezione: al centro-nord ne troviamo di più, mentre al sud appaiono rare e talvolta praticamente assenti.
A mapparle su una cartina, in effetti, risaltano almeno tre o quattro province i cui colori sono ben più accesi dei propri vicini.
Roma, intanto, che spicca rispetto al resto del Lazio, e con lei Firenze, Bologna, Lucca e Udine, tutte zone in cui le persone hanno fatto ricorso alle unioni civili assai più di frequente che nel resto delle rispettive regioni. Unico caso a parte per il meridione e le isole è invece Sassari, dove i valori sono stati maggiori già rispetto all’intera Sardegna, e ancora di più se la confrontiamo con il resto del sud.
A maggio 2017, poco tempo dopo l’approvazione delle legge, un’inchiesta di Repubblica aveva già cominciato a parlare di flop, ipotizzando che a ricorrere alle unioni civili fossero stati in realtà pochissimi italiani.
Come sempre, però, quando si parla di numeri parlare di poco o tanto in termini assoluti non ha molto senso senza metterli in contesto e fare confronti con altri casi simili. Un modo per farlo, per esempio, è guardare a che proporzione essi rappresentano rispetto a tutti i matrimoni celebrati. Già dal primo periodo in cui la legge era entrata in vigore, come ha sottolineato Il Post, la percentuale di unioni civili era vicina molto simile a quella di altre nazioni come Spagna, Olanda o Irlanda.
Allora però i dati erano ancora parziali e incompleti, perché la nuova legge non aveva raggiunto neppure un anno di vita. Oggi abbiamo invece il quadro per l’intero 2017. Il numero totale di matrimoni per quell’anno purtroppo ancora non è disponibile, ma possiamo almeno dividere le unioni civile per le nozze celebrate nel 2016 e capire come si paragonano alle altre nazioni del continente.
Fatto il conto, troviamo che nel primo anno intero della loro esistenza ci sono state circa 1,8 unioni civili ogni cento matrimoni: un valore solo leggermente inferiore rispetto a Olanda e Irlanda, e talvolta persino maggiore di quello storico riscontrato in Spagna.
Praticamente ovunque, in Europa, esistono leggi che consentono alle persone dello stesso sesso di unirsi civilmente, e anche dopo la nuova norma l’Italia resta comunque uno dei paesi in cui esse godono di minori diritti: spesso ormai quanto a matrimoni l’orientamento sessuale non fa nessuna differenza, e in tutte le principali nazioni europee è consentita anche l’adozione.
Considerate le condizioni sociali e culturali del nostro paese, anzi, il numero di persone che ha fatto ricorso alle unioni è probabilmente più elevato di quanto potremmo aspettarci: dopo tutto, come ha sottolineato una ricercadell’OCSE pubblicata proprio pochi giorni fa, fra le nazioni sviluppate restiamo una delle nazioni in cui le persone tollerano menol’omosessualità. La legge può consentirlo o meno, ma se si viene giudicati in maniera negativa solo per il proprio orientamento sessuale ci sono pochi dubbi che poi di unirsi civilmente passi la voglia.