“Il Parlamento ci sarebbe e ci sarebbe con il suo primitivo e più alto compito: garantire che il volere dei cittadini venga tradotto in atti concreti e coerenti […] tra qualche lustro è possibile che non sarà più necessario nemmeno in questa forma”
Io, nel dubbio, tendo a prendere sul serio le persone e dunque prendo sul serio anche Davide Casaleggio. E quello che dice è talmente allucinante sotto così tanti punti di vista che non so neppure da che parte iniziare ad argomentare…
Comincio dalla base: Casaleggio stesso è la ragione per la quale la sua idea va presa sul serio e combattuta: si è formato in Bocconi – dove si santifica l’impresa, non certo la democrazia – ed ha ereditato da un bislacco Stranamore un impero oscuro che seleziona direttamente e in modo opaco i parlamentari, con un livello di invadenza che Mediaset non ha mai avuto. Chi è lui per pilotare da dietro una tenda 338 parlamentari? A chi risponde? Chi lo ha scelto? Già questa situazione indurrebbe alla cautela, a ben vedere.
Come tutti coloro che non sanno nulla di democrazia, inoltre, confonde questa con il voto. Dimenticando che le peggiori tirannie si sono nutrite di periodici “ludi cartacei” (in futuro “ludi digitali”) grazie alle quali masse plagiate dalla propaganda hanno approvato tutto e il suo contrario. E poco importa se la folla applaude nello stadio di Norimberga o con dei like: sempre informe carne da consenso è!
In un remoto saggio dedicato alle tecniche decisionali – pattume novecentesco direbbero a Rousseau – il compianto Giovanni Sartori ricordava come tra tutte le modalità di decisione il voto sia di gran lunga la più rozza perché cristallizza le posizioni sancendo divisioni e spaccature e quindi andrebbe usato con cautela. Molta cautela.
Casaleggio immagina invece un mondo in cui si discute poco, non si media per nulla e tutto si riduce a un flusso continuo di decisioni tra loro scollegate dal tessuto connettivo dei valori, dei principi e delle conoscenze. Ha detto una volta Piero Angela che “la velocità della luce non si decide per alzata di mano”, ma siamo sicuri che in Rousseau si riconosca questo principio elementare? In fondo nel “Grande Fratello” 2 + 2 può fare anche 5 se così viene deciso: vuolsi così colà dove si puote
ciò che si vuole, e più non dimandare (è Dante, non Rousseau…)
Veniamo dunque alla presunta “volontà” del popolo. Le masse non hanno opinioni, hanno pulsioni. Sono infantili, superficiali e manipolabili e le istituzioni democratiche servono proprio per tenere entro confini prevedibili e invalicabili il loro potenziale anomico. Si potrebbero fare molti esempi ma mi limito ad uno, banalissimo: la formazione del governo. Per tutta la scorsa legislatura, gli adepti di Rousseau hanno contestato la legittimità dei governi a guida PD definiti “non eletti dal popolo”… trascuro tutta l’ovvia riflessione sul funzionamento dei sistemi parlamentari e mi soffermo su un punto: perché il governo allora presieduto dal segretario del principale partito italiano poteva essere considerato non espressione della volontà popolare mentre il governo presieduto da un passante ignaro e retto da due partiti che avevano sempre proclamato la reciproca alterità sarebbe invece coerente con tale taumaturgica volontà? Come si spiega il salto logico?
Non si spiega, perché nella “fake democracy” del SI o del NO la logica non conta. Non conta quello che si è detto ieri o che si dirà domani, ma si vive in un perenne acronotopico “click day” dove comanda non chi risponde ma chi sceglie la domanda.
Viviamo in tempi difficili, schiacciati tra una destra “novecentesca” razzista e xenofoba e una 4.0 tecnocratica e potenzialmente ancora più spietata, nella sua algida freddezza. Ricostruire un dibattito pubblico “mite” e costituzionale è la sfida principale non tanto per il centrosinistra, quanto per chiunque abbia a cuore principi non superati della separazione dei poteri e della prevenzio
Ricordando sempre che quando Robespierre abbandonò la strada della democrazia pluralista e costituzionale imboccando quella della “democrazia totalitaria” (Talmon) per identificare l’Essere Supremo scelse un ritratto di Rousseau…
Marco Cucchini | Poli@rchia (c)
Splendida e precisa riflessione. C’è una scarsa cultura democratica: va da sè che ripristinare la giusta scala di valori richiede anche una seria riflessione sull’importanza di sviluppare senso critico e attitudine all’analisi nei più giovani, nella scuola: forse la tendenza all’esamificio, al “test-ificio” che si sta diffondendo, non è propriamente il modo migliore per sviluppare menti critiche.
Bello l’articolo e il commento. Concordo al 100%. Ma “sviluppare senso critico e attitudine all’analisi” non è un fenomeno naturale, non nasce negli orti o sugli alberi. Bisogna che i partiti si facciano carico di questa responsabilità-impegno, altrimenti che cazzo stanno a fare : una legge sui parititi ( a quando ? forse di iniziativa popolare ? data l’interessata inerzia di chi dovrebbe promuoverla che, costretto a farlo, la trasformerebbe in becera propaganda) dovrebbe prevederlo. Quindi , forse meglio, di gruppi di persone di buona volontà, senza etichette ed aspirazioni a cadreghe.