Negli scorsi giorni il CISE ha realizzato un ampio e ricco sondaggio sulle opinioni politiche degli italiani[1]. Questa indagine arriva alla fine di un anno particolarmente denso di cambiamenti per la politica italiana, dal nuovo terremoto elettorale del 4 marzo (Chiaramonte et al. 2018) alla formazione del governo giallo-verde – un totale inedito nella storia del paese e più in generale dell’Europa occidentale, dove finora un governo composto interamente da partiti anti-establishment non era mai stato varato (Emanuele e Paparo 2018). Sulla fiducia degli italiani nei confronti del governo e della manovra economica in discussione in questi giorni in Parlamento, temi centrali del nostro sondaggio, abbiamo realizzato un’apposita analisi (Angelucci 2018). In questo articolo, invece, ci occupiamo dei rapporti di forza fra i partiti, dei flussi elettorali rintracciabili tra il 4 marzo e oggi e della configurazione dello spazio politico osservato, soprattutto dal punto di vista dell’ampiezza e della sovrapponibilità fra gli elettorati potenziali dei partiti. Un tema, quest’ultimo, particolarmente rilevante alla luce della grande volatilità elettorale che percorre l’Italia e l’Europa (Emanuele, Chiaramonte e Soare 2018), di cui abbiamo avuto un saggio alle ultime elezioni politiche e una forse ancora più impressionante testimonianza nel radicale cambiamento delle intenzioni di voto ai partiti rispetto al 4 marzo, come vedremo tra poco. L’analisi del potenziale elettorale delle forze politiche e la loro centralità o perifericità nello spazio politico italiano è infine un elemento chiave in vista delle prossime elezioni europee e inciderà sulle strategie dei partiti, a cominciare dal Partito Democratico (PD) che si appresta a celebrare il Congresso per l’elezione del nuovo segretario.
Tab. 1 – Intenzioni di voto a confronto con i risultati delle elezioni politiche del 4 marzo (Camera dei Deputati)La Tabella 1 presenta le intenzioni di voto nel nostro campione, a confronto con il risultato delle elezioni politiche del 4 marzo. Non è certo una novità, dal momento che altri istituti lo segnalano ormai da mesi oltre il 30%, ma risalta il fatto che in appena 9 mesi la Lega di Salvini sia passata dal 17,4% al 30,6%, superando il Movimento Cinque Stelle (M5S) e stabilizzandosi come il maggior partito italiano. Il partito di Di Maio è invece in forte calo rispetto al 4 marzo, cedendo oltre 5 punti, poco meno di quelli che erano stati guadagnati dal M5S tra le politiche 2013 e le politiche 2018. Stabile il PD al 16,9%, anzi in leggera flessione rispetto ad altri istituti che lo stimano attorno al 17-18%. Oltre al M5S, l’altro grande sconfitto di questa fase politica che si è aperta dopo il 4 marzo è Berlusconi: il suo partito, Forza Italia, è quello che registra le maggiori perdite sia in termini assoluti che relativi. Si attesta infatti al 8,3% rispetto al 14% delle politiche, il che significa che ha ceduto il 40% del suo bacino elettorale, proseguendo così il lento ma inesorabile declino che va avanti dalle politiche 2008, quando l’allora Popolo delle Libertà raggiunse il massimo storico del 37,4% dei consensi. Infine, tra i piccoli partiti la novità principale è l’ascesa di Potere al Popolo che, complice la dissoluzione di Liberi e Uguali, guadagna quasi due punti rispetto al 4 marzo e, con il suo 2,4%, risulta il principale partito della galassia che si muove a sinistra del PD e comprende anche Sinistra italiana, Insieme e MDP, ossia il partito di Bersani e Speranza. Nel campione di intervistati, poi, pare che lo stato di mobilitazione politica delle elezioni del 4 marzo non sia ancora scemato: l’astensione è appena al 23,1% e più in generale la ‘area grigia’ ossia coloro che non sanno se andranno a votare e non sanno per chi voteranno, è piuttosto esigua, con un 71,2% del campione che dichiara l’intenzione di voto. Segno appunto di un clima da campagna permanente che pervade la società italiana.
Tab. 2 – Intenzioni di voto per zona geopolitica, valori percentualiPassando all’analisi del voto per zona geopolitica, emergono molti aspetti interessanti. Innanzitutto, occorre precisare che il nostro campione è rappresentativo della popolazione elettorale italiana nella sua interezza, mentre i tre sottocampioni relativi alle tre zone geopolitiche non è detto che lo siano. Le stime per zona, quindi, vanno interpretate con molta cautela. Ciò premesso, si osserva il proseguire della nazionalizzazione della Lega di Salvini (Albertazzi, Giovannini e Seddone 2018) che era già cominciata il 4 marzo quando il partito raggiunse il 18% nella Zona rossa e sfiorò l’8% al Sud. Adesso la Lega risulta sempre più dominante nel Nord (39,4%) ma è anche il primo partito della ex Zona rossa e il secondo partito al Sud dove in appena 9 mesi ha triplicato i voti raggiungendo il 23,9% e diventando il nuovo punto di riferimento dell’elettorato conservatore meridionale.
Se la Lega si nazionalizza il M5S, invece, rafforza la sua meridionalizzazione, rimanendo nettamente il partito di maggioranza relativa al Sud (40%) ma venendo superato dal PD sia nel Nord che nella Zona rossa dove appena 9 mesi fa il Movimento era risultata la prima forza politica. Sono quindi ormai lontani i tempi in cui il M5S appariva come ‘partito della nazione’ in grado di catturare consensi territorialmente trasversali (Emanuele e Maggini 2015).
Altro partito a trazione decisamente meridionale è Forza Italia. Una configurazione, quella del partito di Berlusconi, già osservata alle politiche ma ancor più netta oggi: i supporter del Cavaliere sono praticamente scomparsi a Nord di Roma (nella Zona rossa Forza Italia è il sesto partito), mentre resistono ancora al 11% nel Sud.
Il PD, infine, si conferma un partito a trazione centro-settentrionale, con la tradizionale specificità della Zona rossa che si attenua sempre più. Qui i democratici sono ormai distanti quasi 4 punti dalla Lega e soffrono la concorrenza di +Europa che sfiora il 10% nell’area.
Fin qui il confronto fra le intenzioni di voto del nostro sondaggio e i risultati delle elezioni politiche 2018 si è limitato ad una semplice comparazione delle performances dei partiti. Adesso, tramite l’analisi dei flussi elettorali fra ricordo di voto delle politiche del 4 marzo e intenzioni di voto attuali siamo in grado di indagare quali sono stati gli effettivi movimenti di voto individuali degli elettori italiani e in particolare da dove arriva il successo della Lega e verso dove si sono dirette le perdite di Forza Italia e M5S.
Il diagramma di Sankey visibile sotto (Figura 1) mostra in forma grafica le stime dei flussi elettorali fra le politiche del 4 marzo e il nostro sondaggio. A sinistra sono riportati bacini elettorali delle politiche, a destra quelli del sondaggio. Le diverse bande, colorate in base al bacino di provenienza alle politiche, mostrano le transizioni dai bacini delle politiche a quelli del sondaggio. L’altezza di ciascuna banda, così come quella dei rettangoli dei diversi bacini elettorali all’estrema sinistra e destra, è proporzionale al relativo peso sul totale degli elettori.
Fig. 1 – Flussi elettorali fra ricordo di voto 2018 e intenzioni di voto, percentuali sull’intero elettorato (clicca per ingrandire)
Il diagramma mostra chiaramente la grande espansione elettorale della Lega che, come vediamo anche nella Tabella 3 – che riporta le destinazioni dal ricordo di voto 2018 – ha in assoluto il più alto tasso di riconferma rispetto al 4 marzo (88%). Oltre ad essere il più bravo in questa fase a mantenere saldi i suoi vecchi elettori, elemento tipico di un partito in ascesa, Salvini beneficia anche di flussi in entrata da 3 diverse direzioni. Innanzitutto, prosegue la già ben avviata OPA sul centrodestra, o su quello che ne è rimasto: Forza Italia e Fratelli d’Italia confermano poco più di 1 elettore su 2 e ne cedono 1 su 4 alla Lega. In secondo luogo, si segnala un rilevante ingresso dal M5S. Questo, infatti, conferma 2 elettori su 3, con il restante terzo che si astiene (14%) o sceglie l’alleato di governo (12%). Infine, Salvini rimobilita anche dal bacino dell’astensione, dal momento che quasi 1 astenuto su 10 tornerebbe alle urne per votarlo. Guardando questi flussi come quote dell’elettorato leghista odierno, si nota che appena il 58% del voto alla Lega sarebbe composto da elettori che già il 4 marzo avevano espresso la propria preferenza per Salvini. Il restante 42% viene invece, come detto, dal centrodestra (16%), dal M5S (12%) e dall’astensione (11%).
Per quanto concerne gli altri partiti, osserviamo un discreto movimento fra i partiti alla sinistra del PD. Quest’ultimo è, dopo la Lega e il M5S, quello con il più alto tasso di riconferma (66%), a testimonianza di uno zoccolo duro di supporter che non lo hanno abbandonato nonostante la confusione e l’assenza di leadership in cui versa il partito ormai da mesi. Altri due partiti hanno invece cambiato molto. Da un lato +Europa, nonostante una stima elettorale superiore rispetto al 4 marzo, mostra un basso tasso di conferma (52%) e cede quasi 1 elettore su 5 al PD, raccogliendo invece elettori da Liberi e Uguali che ha il più basso tasso di conferma in assoluto (40%). Il progetto di Pietro Grasso è fallito e i suoi elettori sono fuoriusciti in diverse direzioni, a conferma dell’eterogeneità sociale e politica di questo cartello elettorale. Un quarto è andato verso l’astensione, mentre il 30% circa si è rivolto ad altre forze politiche, confluendo verso Potere al Popolo, M5S, PD e verso la suddetta +Europa.
Tab. 3 – Flussi elettorali fra ricordo di voto 2018 e intenzioni di voto, destinazioniL’analisi delle intenzioni di voto e dei flussi sono state utili per capire il movimento elettorale che è già avvenuto e lo stato dei rapporti di forza tra i partiti. Ma per avere un’idea più chiara dello spazio politico italiano e della sovrapponibilità fra i vari elettorati, e quindi della potenziale evoluzione futura dei flussi di voto e dei rapporti di forza tra i partiti non bastano. Dobbiamo invece ricorrere ad un diverso indicatore presente nel nostro sondaggio, la Propensione al voto (Propensity to vote, PTV). La PTV viene misurata chiedendo all’intervistato quanto è probabile in futuro che possa votare per un partito (vengono testati tutti i principali partiti), su una scala da 0 a 10 – dove 0 significa ‘per niente probabile’ e 10 significa ‘molto probabile’. Si tratta di una domanda utile per due motivi: innanzitutto ci permette di intercettare gli orientamenti dell’intero campione, dal momento che la quasi totalità degli intervistati accetta di rispondere sulla PTV (compresi coloro che invece non rispondono sull’intenzione di voto); in secondo luogo la PTV ci permette di identificare – selezionando chi dà a un partito un punteggio particolarmente alto – il potenziale elettorale del partito. Un dato particolarmente utile in una fase di transizione come quella attuale. Identifichiamo quindi come elettori potenziali di un partito coloro che presentano una PTV pari o superiore a 7.
Fig. 2 – Lo spazio politico italiano secondo i diagrammi di VennLa Figura 2 riporta i diagrammi di Venn relativi ai principali partiti italiani. Ciascuna circonferenza rappresenta il bacino elettorale potenziale di un partito. Più grande è la porzione del campione che ha dato una PTV di almeno 7 per un partito, più grande è la sua circonferenza. Le aree di sovrapposizione fra i cerchi rappresentano la quota di elettori potenziali ‘in comune’ fra due o più partiti (ossia quegli elettori che esprimono una PTV pari o superiore a 7 per i partiti in questione). Come vediamo, ai 5 principali partiti italiani abbiamo aggiunto anche un possibile nuovo partito guidato da Matteo Renzi, il cui potenziale elettorale è stato appositamente testato da questo sondaggio. A tutti gli elettori è stata chiesta la propensione al voto nei confronti di tutti i partiti, e infine quella verso l’eventuale nuovo partito dell’ex segretario del PD: quindi l’inserimento di Renzi non influenza il risultato degli altri.
Il grafico delinea il nuovo spazio politico italiano, la grandezza dei bacini potenziali, la relativa sovrapponibilità e il grado di centralità o perifericità dei partiti. Come vediamo, il centro del sistema è chiaramente occupato dalla Lega, che presenta il più alto potenziale elettorale (31%) ed anche sovrapponibilità con tutti i partiti: marginale quella con il PD, consistenti quelle con Forza Italia e Fratelli d’Italia, gigantesca quella con il M5S. La competizione interna all’area di governo pare oggi rappresentare il vero ‘core’ del nostro sistema partitico (Smith 1989). Si tratta della più ampia area di sovrapponibilità mostrata dalla nostra analisi. Una quota di quest’area è popolata da elettori che mostrano una alta propensione elettorale anche per Fratelli d’Italia, vero e proprio ‘esercito industriale di riserva’ del governo. Non solo, ma il partito di Giorgia Meloni è in generale quello più invischiato nella competizione con gli altri partiti. Del 10% del campione che costituisce il suo bacino elettorale, solo una piccola parte è esclusivo, mentre la stragrande maggioranza è a cavallo con i partiti di governo e anche con Forza Italia. Quest’ultima, non sorprendentemente, non presenta sovrapposizioni con il M5S e mostra solo un’area molto sottile in comune con il PD, a testimonianza che il ‘Muro di Arcore’ è ancora lì da vedere, nonostante la comune opposizione al governo. In questo nuovo spazio politico il PD è certamente il partito più periferico. Non considerando l’opzione di un nuovo partito di Renzi, la quasi totalità della circonferenza PD non è sovrapposta ad altri partiti. In un’analisi di questo tipo la perifericità è un Giano bifronte: da un lato assicura al partito uno zoccolo duro di supporter inalienabili che ne garantisce la sopravvivenza anche in questa traversata nel deserto (in questo caso il 12% del corpo elettorale); dall’altro lato la perifericità impedisce una potenziale espansione, e mostra plasticamente l’isolamento del partito anche in vista di possibili alleanze. Questo status quo potrebbe mutare considerevolmente con la discesa in campo di Matteo Renzi alla guida di un nuovo partito. Secondo i nostri dati Renzi ha un potenziale bacino del 7% degli elettori e farebbe da trait d’union tra il PD col quale, logicamente, mostra la più ampia area di sovrapponibilità, e Forza Italia, con il cui elettorato risulta significativamente connesso. Oltre a questo, però, il nuovo partito di Renzi non porterebbe un grosso valore aggiunto alla causa dell’opposizione: la quota di elettorato esclusivo renziano, infatti, è, come si vede dalla Figura 2, estremamente esigua.
Fonte: CISE. Autori: Vincenzo Emanuele, Aldo Paparo