“La cosa che mi piace del mio lavoro è informare i policy maker”. lo afferma Piero Crivellaro, lobbista per Mastercard, nella sua intervista per #LobbyNonOlet, la rubrica mensile di Telos A&S. Ma perché i politici dovrebbero essere informati dalle aziende? Non sono pagati per studiare i dossier per conto proprio? E ancora, le informazioni che arrivano dalle aziende non rischiano di essere di parte? Sono le domande legittime che si pongono i detrattori della lobby. Guarda l’intervista.
Risponde Piero Crivellaro: “Quando si parla di materie tecniche è difficile avere competenze specifiche. Le norme portano a descrivere le industrie in maniera dettagliata e i politici, tendenzialmente, non conoscono tutti i dettagli. […] Il nostro lavoro è fornire loro le informazioni, far capire meglio i business model, cercare di fornire loro dati e numeri che consentono di comprendere come è strutturata la nostra industry”.
Per quanto, da Berlusconi in poi, sia diventato consuetudine per i politici indossare gli abiti di lavoro delle varie professioni (che manco Barbie e Ken!), non è umanamente pensabile che possano conoscere tutti i risvolti di un contesto produttivo specifico senza ascoltare i diretti interessati.
Viviamo un paradosso. Da una parte ci si lamenta della distanza della politica dalla società produttiva; dall’altra, quando quest’ultima si avvicina alla politica per raccontare le proprie istanze, si grida allo scandalo e alla contaminazione. Eppure nessuno di noi prende una decisione senza prima informarsi, capire, conoscere.
Allora, se questa pratica è sensata e legittima, perché il senso comune la considera tanto scandalosa? Forse perché pochi conoscono il mestiere del vero lobbista e i suoi confini: quello che deve fare, quello che può fare e quello che non deve fare mai.
La nostra rubrica #LobbyNonOlet è nata proprio per colmare questa generalizzata mancanza di informazione.
Fonte: Formiche.net. Autore: Mariella Palazzolo