“Siamo anche consapevoli che questo sistema non impedirà del tutto gli abusi”, ammettono a Facebook. “Ci troviamo di fronte ad avversari intelligenti e ben finanziati che continuano ad adattare e cambiare la loro strategia man mano che facciamo progressi nel prevenire gli abusi. Ma crediamo che questo maggior livello di trasparenza sia positivo per la democrazia”.
L’altro fronte è quello delle notizie false. Qui Facebook promette di proseguire nell’opera di cancellazione di quei contenuti che violano i suoi standard e di ridurre la diffusione di quei post che “compromettono l’autenticità della piattaforma”. Ampliato il programma di fact checking, che oggi copre contenuti in 16 lingue, è stata introdotta la possibilità per i fact-checker di rivedere foto e video, oltre ai link agli articoli. E per coordinare meglio le attività, nelle ultime settimane prima delle Elezioni Parlamentari Europee, verranno aperti di nuovi centri operativi specializzati compreso uno a Dublino.
Ma il linguaggio e la propaganda sono terreni scivolosi come sa bene Walter Quattrociocchi, che alla Ca’ Foscari di Venezia si occupa da anni di questi temi e dirige il laboratorio di Data and complexity. A volte basta sollevare una discussione ad arte per provocare una reazione aumentando le divisioni e non sempre lo strumento impiegato è una notizia falsa. Mark Zuckerberg di recente aveva parlato di voler ridurre la visibilità di quei contenuti che sono ancora nel consentito ma progettati proprio per generare le polarizzazioni. Facebook ha infatti ammesso, con ritardo, che sono proprio quelli i messaggi più pericolosi grazie al tasso di viralità elevato. Anika Geisel però non ne fa menzione.