Al voto in Abruzzo, Sardegna, Basilicata, Piemonte, Calabria ed Emilia-Romagna. Le urne saranno banco di prova per il governo. Con un centrosinistra ovunque in affanno.
Il 2019 non porterà con sé solo l’appuntamento elettorale delle Europee, ma anche il rinnovo di sei Consigli regionali e di circa 4 mila amministrazioni comunali. Salvo sorprese, le due forze oggi al governo, Lega e Movimento 5 stelle, correranno ovunque separatamente, perciò i risultati potrebbero avere conseguenze sulla stabilità e longevità dell’esecutivo gialloverde.
ELEZIONI AMMINISTRATIVE: 4 MILA COMUNI AL VOTO IL 26 MAGGIO
Saranno quasi 4 mila i Comuni al voto. Per la precisione 3.837. Ma, per avere il numero esatto, dovremo attendere la fine di febbraio. Quasi certa, invece, la data: 26 maggio, con l’accorpamento, quindi, delle votazioni europee. Si voterà in 27 capoluoghi, cinque di regione e 22 di provincia: Ascoli Piceno, Avellino, Bari, Bergamo, Biella, Caltanissetta, Campobasso, Cremona, Ferrara, Firenze, Foggia, Forlì, Lecce, Livorno, Modena, Pavia, Perugia, Pesaro, Pescara, Potenza, Prato, Reggio Calabria, Reggio Emilia, Sassari, Urbino, Verbania e Vercelli.
REGIONALI 2019: SI VOTA IN SEI REGIONI
Sono sei le Regioni che rinnoveranno i propri organi nel corso dell’anno. I primi elettori chiamati al voto saranno gli abruzzesi il prossimo 10 febbraio, quindi sarà il turno dei sardi, il 24 dello stesso mese. In Piemonte si voterà il 26 maggio, con le Europee. Niente election day in Basilicata: 24 marzo. Calabria ed Emilia-Romagna chiuderanno in autunno gli appuntamenti elettorali del 2019.
COME E QUANDO SI VOTA IN ABRUZZO
I seggi sono aperti dalle 7 alle 23 del 10 febbraio 2019. È possibile votare: solo per il candidato presidente e in questo caso il voto non sarà esteso alle liste collegate; per il candidato presidente e la lista collegata premiando così entrambi; solo per una lista e il voto sarà attribuito automaticamente al candidato governatore sostenuto. Non è previsto il voto disgiunto: votare una lista e un candidato presidente non collegato a essa comporta la nullità del voto.
LA SFIDA DEL CENTRODESTRA
In Abruzzo, più che di coalizione di centrodestra bisognerebbe parlare di coalizione di destra. I partiti dati per favoriti nella coalizione, infatti, sono Fratelli d’Italia e Lega. Ma il partito di Matteo Salvini in regione si compone soprattutto di ex An e Msi. Non a caso, sarà proprio l’ex An oggi espressione di Fratelli d’Italia Marco Marsilio, uomo di spicco della destra laziale vicino a Francesco Storace e Gianni Alemanno, a guidare la compagine di cui fa parte anche Forza Italia, anche se data “a traino”. Silvio Berlusconi, che in un primo tempo non sembrava intenzionato a spendersi più di tanto per questo appuntamento elettorale, è tornato a L’Aquila per la prima volta dalla fine dell’emergenza post-sisma, rivendicando il lavoro fatto nella costruzione delle new-town. Proprio dall’Abruzzo il Cav ha inviato segnali contraddittori alla Lega, che in regione è alleata. Prima ha bocciato la linea dura dei porti chiusi («Si continua a far credere che l’immigrazione sia il primo problema del Paese»), poi ha teso la mano a Salvini, assicurandogli il voto contrario di Fi all’autorizzazione a procedere per il caso Diciotti.
LEGNINI FRONTMAN DEL CENTROSINISTRA
Il centrosinistra proverà a mantenere la Regione con la candidatura dell’ex vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura Giovanni Legnini. Legnini sta giocando il tutto per tutto smarcandosi il più possibile dall’immagine, sofferente, del Pd. In più occasioni il candidato del centrosinistra ha infatti ribadito di non fare parte del partito, bandendo loghi e bandiere riconducibili alla politica nazionale. Mossa che gli ha consentito di contare sull’appoggio di LeU, di Italia dei Valori e dei centristi di Bruno Tabacci. Il Movimento 5 stelle giocherà nuovamente la candidatura dell’avvocato Sara Marcozzi, attualmente consigliera regionale.
COME E QUANDO SI VOTA IN SARDEGNA
In Sardegna si vota il 24 febbraio dalle 7 alle 23. Anche in questo caso ci sono diverse opzioni: si può barrare solo il nome del candidato presidente senza estendere la preferenza alla lista collegata; si può votare il candidato e una lista collegata tracciando una croce su entrambi; si può votare solo la lista estendendo il voto anche al candidato che essa appoggia. A differenza dell’Abruzzo, in Sardegna vale il voto disgiunto.
BANCO DI PROVA PER IL M5S
Se i 5 stelle sono ancora in grado di incanalare il malcontento, potrebbero fare dell’Isola la prima regione pentastellata del Paese. Del resto, con una disoccupazione giovanile tra le più alte della nazione prossima al 50% e quella generale al 17% (la media italiana è 5,6 punti percentuali sotto), i sardi hanno tutto il diritto a essere frustrati. Qui la Lega rinverdisce la propria alleanza con il Partito Sardo D’Azione candidando il proprio senatore Christian Solinas, sostenuto anche da Forza Italia, Fratelli d’Italia, Unione di Centro, Unione Democratica Sarda, Fortza Paris, Energie per l’Italia, Riformatori Sardi e due liste civiche. Il centrosinistra risponde candidando il sindaco di Cagliari (dal 2011) Massimo Zedda con un passato in Sel e una militanza tra le file dei sindaci arancioni. Lo appoggeranno: Pd, Campo progressista, LeU Sardegna, Cristiano popolari Socialisti, Progetto comunista per la Sardegna, Sardegna in Comune, Noi – La Sardegna con Massimo Zedda, Futuro Comune con Massimo Zedda. Avere optato per un candidato indipendente non è comunque bastato al Pd a ottenere l’appoggio di Sinistra sarda (Rifondazione Comunista, Comunisti Italiani e alcuni fuoriusciti di Sinistra Italiana), raccolta attorno allo scrittore Vindice Lecis.
I sondaggisti danno la strada in discesa per il Movimento 5 stelle, che cinque anni fa versava in uno stato confusionale tale da non riuscire a presentarsi nemmeno alle elezioni regionali. Oggi i cinque stelle guardano al candidato Francesco Desogus per ripetere l’exploit del 2013, primo partito con il 29,7% (risultato rafforzato alle politiche del 2018: 42,5%). Desogus sostituisce il vero vincitore delle regionarie online: Mario Puddu, ex sindaco di Assemini, che sul web era riuscito a ottenere 981 voti contro i 450 dello sfidante, ritirato dopo la condanna a un anno per abuso d’ufficio. La vera incognita è però rappresentata dalle liste autonomiste che correranno da sole: Autodeterminatzione, Partito dei Sardi e Sardi Liberi.
BASILICATA, I 5 STELLE PARTONO FAVORITI
Situazione caotica in Basilicata, nonostante l’intervento del Tar abbia accorciato il periodo di campagna elettorale. Centrosinistra in cerca d’autore dopo che, il 6 luglio scorso, il presidente uscente Marcello Pittella è stato arrestato (misura poi trasformata in divieto di dimora) nell’ambito dell’inchiesta sulla sanità lucana. Si attendono dunque le primarie di coalizione del 10 febbraio per sapere il nome dell’esponente che sfiderà i 5 stelle, dati per favoriti già dalla tornata del 4 marzo scorso (con otto parlamentari sui 13 eletti nella regione). Li rappresenterà Antonio Mattia, 48 anni, gestore di un centro ricreativo per bambini e vincitore delle parlamentarie sulla piattaforma Rousseau con 332 voti.
IN PIEMONTE CI SI GIOCA LA CARTA TAV
Urne aperte il 26 maggio in Piemonte. Nel Pd le speranze di mantenere la Regione sono tutte legate alla popolarità di Sergio Chiamparino che, al pari di Legnini in Abruzzo, prova a smarcarsi dal partito, divenuto uno scomodo fardello. «Lavoro per il miracolo di Gianduia», ripete da mesi scherzando – ma non troppo – a chi gli chiede come stia preparando la corsa elettorale. Chiamparino è consapevole che la strada sia tutta in salita (il centrosinistra è dato al 25%, il centrodestra al 40), ma potrebbe contare sull’ineditapiazza Sì Tav che sembra avere destato il tessuto produttivo della regione. Molto dipenderà anche dal nome che il centrodestra schiererà: dagli accordi di Palazzo Grazioli dovrebbe essere Forza Italia a decidere l’esponente. I favoriti sono: l’eurodeputato Alberto Cirio e il medico personale di Berlusconi e commissario regionale, Paolo Zangrillo. Giorgio Bertola (1.540 preferenze online) correrà invece per M5s (dato alla pari col Pd) e molte delle sue fortune dipenderanno da ciò che il governo intenderà fare col Tav.
LE INCOGNITE AUTUNNALI DI EMILIA-ROMAGNA E CALABRIA
I due appuntamenti autunnali – molto probabilmente a novembre – si preannunciano forieri di parecchie sorprese, sebbene sia ancora troppo presto per poterne parlare. Quel che è certo, è che la Lega proverà a espugnare definitivamente lo storico fortino rosso emiliano, completando così i risultati ottenuti alle Politiche, dove è passata dal 2 al 20,2%. Sempre quell’appuntamento aveva certificato il crollo del Pd (dal 37% del 2013 al 26%) e l’assestarsi del M5s al 27%, che pure non sembra essere riuscito ad approfittare del malcontento tra l’elettorato di sinistra (LeU fermo a 4,3%). In Calabria si va verso il derby M5s-centrodestra. Qui alle politiche il M5s aveva ottenuto il 43,4% dei consensi e il centrodestra si era confermato prima coalizione, doppiando il centrosinistra. Insomma, il centrosinistra è dato fuori dai giochi in più di una sfida, ma c’è anche la consapevolezza che i successi della Lega ed eventuali batoste di M5s potrebbero accorciare la vita all’esecutivo Conte. La vera sfida, insomma, potrebbe essere un’altra.
Fonte: Lettera 43. Autore: Carlo Terzano