Un rapporto di Avaaz analizza la relazione del movimento di protesta francese con la piattaforma social e con Russia Today, il network del Cremlino
Volti insanguinati e persone a terra: la violenza della polizia francese contro i gilet gialli in protesta a Parigi lo scorso autunno parrebbe un fatto, almeno a giudicare da alcuni video postati su Facebook da alcuni membri del movimento, che accusano i media e il governo di voler tenere il tutto nascosto. Oppure: mentre i «pacifici dimostranti» (come si legge nella didascalia di un video) vengono apparentemente brutalizzati dalla polizia, un altro post video mostra il presidente francese Emmanuel Macron ballare a un party. L’autore del post avverte: «Condividetelo presto prima che scompaia». Ma il post è ancora lì, ed è stato condiviso 192mila volte.
Questi due video sono solo due degli esempi inquietanti della disinformation propagata su Facebook da pagine e account pro gilet gialli negli ultimi cinque mesi, stando ad un nuovo rapporto dell’organizzazione non-profit Avaaz compilato con l’aiuto di giornalisti d’inchiesta e verificatori e ottenuto in anteprima da La Stampa.
Le notizie false dentro il movimento dei gilet gialli si stima abbiano raggiunto 105 milioni di visualizzazioni, si legge nel rapporto, che si intitola «I gilet gialli inondati dalle fake news – più di 100 milioni di visualizzazioni alla disinformazione su Facebook». In tutta la Francia ci sono d’altra parte solo 35 milioni di utenti Facebook.
Le pagine Facebook collegate ai gilet gialli in cui Avaaz ha potuto confermare la presenza di notizie false sono circa 200, e vanno ad aggiungersi ad altre 204 pagine e gruppi Facebook pubblici presi in esame dal quotidiano francese Le Monde.
Le foto dei manifestanti picchiati dalla polizia erano in realtà vecchie immagini di proteste in Spagna risalenti al 2011 e al 2017. Il post in cui un membro del movimento assicurava che si trattasse di violenza contro i gilet gialli si stima sia stato visualizzato da 3 milioni e mezzo di persone. Il video di Macron che ballava risaliva invece a un meeting dell’organizzazione della Francofonia tenutosi in Armenia ancora prima che il movimento dei gilet gialli nascesse.
Avaaz si è servita di una squadra di fact-checkers che ha analizzato un centinaio di post scritti e video con notizie false condivisi da esponenti del movimento, per poi verificare la loro provenienza e la veridicità delle informazioni condivise. Il rapporto mostra che la maggior parte dei 105 milioni di visualizzazioni ai vari post di fake news è andata a contenuti anti-establishment e a quelli sulla violenza della polizia.
I cerchi rappresentano una tipologia di fake news e la loro dimensione indica il numero di visualizzazioni che le notizie hanno ricevuto. I gruppi più nutriti sono quelli relativi alle notizie contro l’establishment (colore verde) e contro la polizia (colore giallo).
Un tipico esempio della fusione tra contenuti anti-establishment e anti-polizia è un video originariamente condiviso dall’organizzazione di estrema destra Pegida nei Paesi Bassi in cui si vede una donna con un gilet giallo e un passeggino per bambini che viene arrestata. Il video è stato condiviso su Facebook da pagine in inglese, francese e anche in italiano, che hanno tutte suggerito che la donna fosse stata arrestata proprio perché indossava un gilet giallo. Il post nelle varie lingue ha ottenuto decine di migliaia di condivisioni e ha scatenato lo sdegno di altre migliaia di utenti Facebook, che nei commenti hanno protestato contro le cosiddette élite: «Loro e i loro burattini al governo sono il nemico», si legge in uno dei commenti in inglese. In realtà l’arresto della donna era avvenuto perché nel passeggino che spingeva non c’era un bambino ma un bambolotto, e la polizia olandese aveva agito nell’ambito della legge, ha confermato una verifica dell’agenzia francese Afp ripresa nel rapporto di Avaaz.
La pagina Facebook italiana che ha condiviso il post è quella di Identità Italia, un’organizzazione nazionalista che «si propone di dare vita ad una vasta opera d’informazione e formazione finalizzata a valorizzare l’identità, il territorio e la cultura dell’Italia», come recita la descrizione della pagina. I contenuti condivisi su Facebook da Identità Italia fanno spesso uso di parole e concetti chiave comuni negli ambienti della destra, come ad esempio «taxi del mare» – con riferimento alle navi delle Ong che salvavano i migranti nel Mediterraneo, una polemica cavalcata l’estate scorsa anche dall’attuale vicepremier Luigi Di Maio – o esprimono avversione all’appartenenza dell’Italia all’Unione europea.
Un altro caso diventato famoso lo scorso dicembre in Francia è una lettera attribuita erroneamente all’attore Gérard Lanvin che criticava il governo Macron. La lettera venne fatta circolare sui social, anche su diversi gruppi Facebook dei gilet gialli. Il contenuto aveva già oltrepassato i sei milioni di visualizzazioni quando l’attore confermò di non essere l’autore della lettera.
Il ruolo di Russia Today
Secondo il rapporto di Avaaz, la presenza dei gilet gialli su internet (non solo su Facebook ma anche su YouTube) non sarebbe così massiccia se non fosse per Russia Today, il canale Tv e web internazionale finanziato dal Cremlino. RT, che fornisce notizie in sei lingue diverse ed è stata fondata nel 2005 con l’intento di migliorare l’immagine della Russia all’estero, è stata spesso accusata di propaganda dai Paesi in cui opera, inclusi il Regno Unito e gli Stati Uniti. Negli Stati Uniti il canale è finito nel mirino dopo le elezioni del 2016. Per il suo presunto ruolo nei tentativi del Cremlino di influenzare l’esito della votazione, il network è stato fatto registrare come un «agente straniero», e è stato ufficialmente bollato come organo ufficiale di propaganda del governo russo.
In Francia Emmanuel Macron durante una conferenza stampa congiunta proprio alla presenza di Vladimir Putin, subito dopo esser stato eletto all’Eliseo, disse che RT e Sputnik erano stati in quella campagna «organi di propaganda», che avevano prodotto «più volte falsità contro la mia persona e la mia campagna», e dunque li aveva banditi dal suo quartier generale: non sono giornalismo, disse. Fatto sta che nei mesi successivi, e specialmente da quando sono iniziate le proteste dei gilet gialli lo scorso autunno, RT ha assunto un ruolo sempre più centrale nella copertura del movimento che ha messo a ferro e fuoco Parigi e ha in Macron il nemico giurato.
Il network ha filmato in modo massiccio la protesta, arrivando a «dominare il dibattito» mediatico sul tema gilet gialli e addirittura a «permeare il movimento», sostiene Avaaz. Durante una delle proteste i manifestanti iniziarono a inneggiare per strada «Grazie RT», una scena che è stata poi ripubblicata sul canale YouTube del network. I gilet gialli d’altra parte sono stati a volte protagonisti di episodi di violenza contro i giornalisti, elemento non gradito alle manifestazioni del sabato che scuotono la Francia da più di quattro mesi. Ecco, rispetto a media cosiddetti tradizionali francesi, come Le Monde, France24 o Le Figaro, i pezzi sui gilet gialli diffusi su YouTube da RT hanno ottenuto più del doppio delle visualizzazioni, circa 23 milioni.
I video di RT sui gilet gialli hanno raccolto il maggior numero di visualizzazioni su YouTube. Se Le Monde ha ottenuto meno di tre milioni e mezzo di visualizzazioni, RT ne vanta più di 23 milioni
Esistono contromisure possibili dinanzi a tutto questo? «YouTube ha introdotto un’opzione negli Stati Uniti l’anno scorso per informare gli utenti se stanno guardando un video di un’organizzazione che riceve fondi da un governo», si legge nel rapporto di Avaaz. «A chiusura di questo studio non abbiamo trovato simili notifiche per utenti YouTube in Europa, né abbiamo ricevuto indicazioni che ciò possa venire implementato per le elezioni Europee del maggio di quest’anno».