I due Matteo della politica italiana comunicano molto con i loro gesti: ecco alcuni significati che forse non avete mai colto, spiegati da chi li ha studiati a fondo.
Noi italiani, si sa, siamo noti nel mondo anche per il nostro gesticolare. Qualcuno mette in ridicolo questo tratto culturale, ma i gesti hanno in realtà un potere comunicativo straordinario. Sì, perché in effetti non tutto ciò che vogliamo dire viene trasmesso con parole e frasi. Ci sono una serie di elementi, tecnicamente detti paraverbali, che trasmettono significati. E anche i nostri politici ne fanno ampio uso. Matteo Salvini, ad esempio, i cui gesti sono stati studiati dal linguista Claudio Nobili, autore del recentissimo I gesti dell’italiano (Carocci).
Il leader della Lega, più o meno consapevolmente, fa ampio ricorso a una classe di gesti detti batonici. “Si tratta di gesti coverbali, cioè che accompagnano il parlato, compiuti con una o due mani, un movimento dall’alto verso il basso e un’alta tensione muscolare”, spiega Nobili. Fin qui tutto bene. Ma cosa comunicano questi gesti? “Fermezza e stabilità. Salvini li usa per ribadire un tema, rendendolo vero e inconfutabile. In sintesi è come se comunicasse: le cose stanno così come dico io”.
I temi a cui Salvini applica questi gesti sono precisi: il mantenimento degli impegni politici assunti, quel che definisce il diritto alla legittima difesa o le restrizioni all’immigrazione in Italia. “I gesti batonici rafforzano il significato, ma curiosamente non argomentano. Umberto Eco nel 1973 parlava di vacuità argomentativa in riferimento al linguaggio politico. Penso che questa etichetta sia quanto mai attuale”, prosegue Nobili.
Sì, perché in molti casi succede di ascoltare (e non solo da Salvini) verità date come inconfutabili. Quasi un ipse dixit ripetuto allo sfinimento nelle casse del discorso pubblico.
Salvini utilizza frequentemente anche gesti che rimandano alla concretezzadei temi di cui tratta. Ad esempio “le dita della mano piegate ad artiglio come se stessero tenendo qualcosa”. Immaginate una mano con i palmi verso l’alto che afferra una pallina immaginaria, insomma. Quasi come se stesse soppesando qualcosa. Viceversa, la mano priva di tensione muscolare che si muove all’altezza del capo veicola in genere il concetto dell’astrattezza.
“E poi Salvini conta, conta di tutto. Anche qui però si ritorna a un’elencazione che non prevede argomentazione”. Lo fa, ad esempio, quando riporta le definizioni che gli hanno affibbiato gli avversari politici. “Sono stato definito X, Y e Z” e solleva le dita che rimandano all’elenco numerico (come il Silvio Berlusconi della conferenza stampa della coalizione di centrodestra diventata un popolare meme, a cui peraltro lo stesso Salvini era presente). Questo potrebbe essere visto come un tentativo di chiarezza, perché gli elenchi semplificano la comunicazione di concetti complessi. Ma non tutto naturalmente può essere oggetto di semplificazione, il less non è sempre more.
Infine, i gesti di Salvini trasmettono un certo discredito per l’interlocutorein alcune occasioni. “In una puntata di Non è l’arena, Giletti gli mostra una lettera di Elsa Fornero, chiedendogli cosa voglia rispondere. Salvini resta in silenzio e alza soltanto le spalle, come a dire: cosa vuole che le risponda?”. Un caso in cui il gesto non accompagna frasi e si inscrive in una dimensione simbolica. In questa occorrenza il gesto sostituisce totalmente la parola con un fine comunicativo preciso. “Il messaggio è che per parlare della Fornero non occorre spendere parole”.
Claudio Nobili ha in cantiere anche il Gestibolario, un dizionario dei gesti dell’italiano che prende a modello l’altro arcinoto Matteo della politica italiana, Renzi. Attenzione, perché non sarà un dizionario sulla gestualità renziana; qui l’ex premier è solo la fonte dei gesti che vengono poi descritti e riguardano tutti noi.
“La gestualità rientra nella spettacolarizzazione del linguaggio politico tipico di Renzi. Attraverso i gesti, Renzi ha portato nella politica forme proprie del teatro”, aggiunge Nobili. E nel codice gestuale di Matteo Renzi rientrano alcune particolarità, ad esempio quando attinge al linguaggio religioso. “Renzi gesticola quando usa il binomio fiducia e speranza”. La prima è una prerogativa della seconda, gli è necessaria in qualche modo. E allora per far passare meglio il messaggio secondo l’esperto “mette le mano a ragno; quando pronuncia fiducia le mani si avvicinano al suo corpo, e poi con speranza si allontanano”.
Renzi dispiega alcuni gesti anche quando parla di nuove tecnologie. Qui assume un’importanza notevole quello dedicato al selfie, realizzato dall’ex premier al Parlamento Europeo. “Il gesto dell’autoscatto trasmette un significato preciso: autoriflessione. Renzi voleva dire che i membri del Parlamento europeo, chiamati a rappresentare l’Europa, dovevano riflettere sull’Europa stessa”, dice il professore a Wired.
E nei selfie, il discredito e la mancanza di argomentazione, molti hanno intravisto una paralisi della (comunicazione) politica. “Per citare un saggio del professor Giuseppe Antonelli, potrei dire che anche i gesti hanno paralizzato la politica, nonostante per definizione ancora si muovano”.
Fonte: Wired | Autore: Michele Razzetti