La divaricazione della comunicazione dei due partiti di governo rischia di aprire nuovi spazi per PD e Forza Italia. Se sapranno approfittarne.
Nelle ultime settimane, la narrazione della politica si muove lungo un unico format. È quello della campagna elettorale, sul quale si è ancorato lo storytelling dei principali leader politici con le elezioni in Abruzzo, in Sardegna e le Primarie. Ma non è destinato a scemare: continuerà con le regionali in Basilicata di domenica, e poi le amministrative, le regionali in Piemonte e le Europee della prossima primavera.
Il Movimento 5 Stelle e la Lega cercano di abbassare il tono di voce dopo le polemiche dell’ultimo mese. Tuttavia, la forza dei temi che si stanno imponendo nel dibattito – infrastrutture, economia, rapporti internazionali – delineano un quadro comunicativo diverso rispetto al passato. Si nota infatti una difficoltà di Salvini e Di Maio nell’imporre l’agenda, determinata ora anche da altri attori economici e da un Pd che dopo le Primarie ha trovato nuovo vigore.
La smobilitazione dei Cinque Stelle
Il M5S, come riportato nella Supermedia, registra un calo ormai consolidato nelle intenzioni di voto, che riflette la comunicazione del suo capo, Di Maio, e dell’intero Movimento. Infatti la narrazione dei Cinque Stelle per come la conoscevamo, vittima dei compromessi sui provvedimenti ai quali si è dovuto piegare una volta al Governo, si è profondamente ridimensionata. Non vi è più uno svolgimento lineare, e alcuni tra portanti del passato hanno visto Luigi Di Maio protagonista di alcuni retro front. Fra questi ricordiamo Tap, il tema dell’evasione fiscale, l’Ilva, limite dei due mandati, alleanze con altre forze politiche, mentre la soluzione dello scontro sulla Tav è, nei fatti, stata solamente posticipata di qualche mese.
Insomma, la smobilitazione parziale dei fattori identitari e lo sfarinamento dei valori hanno cancellato la capacità dei grillini di costruire una comunicazione che sappia raccogliere, come in passato, il consenso di quello che era stato da alcuni – sommariamente – definito come il “popolo del no”. Assistiamo ad una narrazione più fredda e misurata. Sui social, molti dei temi inerenti il Governo vengono affrontati con minor intensità e veemenza: nelle ultime due settimane, per esempio, sulla pagina Facebook di Luigi Di Maio sono stati raramente affrontati temi quali la legittima difesa o la situazione economia del Paese, concentrandosi sulla questione TAV e, soprattutto, sul reddito di cittadinanza, a cui ha dedicato il 60% dei post dell’ultima settimana. Un’àncora di salvataggio per il Movimento, dentro e fuori i social, ma il cui ritorno, al momento, anche per i compromessi raggiunti sul testo definitivo, non sembra quello atteso.
Vi è l’impressione che una buona parte di quei militanti del Movimento che fino all’insediamento del Governo si sentivano parte integrante, protagonisti e destinatari, della sua narrazione, oggi vivano la sensazione di essere rimasti esclusi, non riescano più a riconoscersi appieno in un’azione di Governo nel quale, troppo spesso, il Movimento ha dovuto svolgere quasi un ruolo subalterno a quello della Lega, almeno all’apparenza.
La solidità di Salvini
Dall’altro lato, invece, Salvini continua con la sua comunicazione solida. Da una parte porta avanti i temi sui quali ha costruito il proprio consenso, con ad esempio la legittima difesa e la lotta agli sbarchi, perpetrando altresì la strategia di focalizzare l’attenzione su singoli episodi di stampo criminale aventi dei migranti come responsabili. Un format comunicativo declinato sull’istante e sulla soddisfazione emotiva del cittadino, ma la cui efficacia, soprattutto in riferimento al fenomeno migratorio, almeno sino alla notizia riguardante la Mare Jonio, sembra in parte essere scemata, essendo tale tema passato in secondo piano nell’agenda mediatica, per lasciare più spazio alle questioni inerenti l’economia e il sistema infrastrutturale italiano.
Nelle ultime settimane, il leader della Lega appare però in difficoltà a porre al centro della narrazione del Governo la sua attività istituzionale di Ministro dell’Interno. La questione Tav, così come il tema economico, hanno creato non pochi problemi al vicepremier, che affanna nel riuscire a indirizzare l’agenda nello stesso modo che nei mesi passati, con un possibile rischio di ricaduta, soprattutto in riferimento alla Torino – Lione, tema di interesse per quella parte di elettorato leghista più consolidato, nel nord Italia, dovuta al necessario compromesso momentaneo individuato con il Movimento 5 Stelle. Su quest’ultimo tema, in particolare, Salvini cerca di costruire una posizione che lo distingua dai grillini, facendosi portavoce della necessità di portare sino in fondo il progetto. Ma è un’operazione complicata, anche a causa della discesa in campo delle forze produttive del Paese.
Questa difficoltà è confermata anche dalla mancanza di molti di questi temi dalla comunicazione social di Salvini. Ad esempio, negli ultimi 90 post Facebook del segretario della Lega non c’è praticamente traccia di Tav, Cina, autonomia, economia e reddito di cittadinanza, tema mai entrato nei suoi contenuti.
La nuova spinta di Zingaretti
Il Pd è uscito da una fase di stand by comunicativo (e non solo) che durava dal 4 marzo 2018. Le Primarie gettano le basi per una fase positiva nelle intenzioni di voto. Ma anche per la costruzione di una comunicazione in grado di farsi finalmente sentire su temi in agenda, sino ad ora affrontati quasi in ordine sparso, ad eccezione per un tentativo più organizzato e d’insieme riguardante il capitolo Tav. La principale forza di opposizione sembra dunque poter rientrare in gioco rispetto ai mesi scorsi.
La spinta propulsiva dell’elezione di Zingaretti rischia, però, di raffreddarsi se non sarà seguita da una narrazione di proposta. Chiave sarà la capacità di infilarsi nel dibattito sui temi mobilitanti, con due obiettivi. Da un lato, rinsaldare la relazione con il proprio elettorato, dall’altro cercare di attirare nuovi consensi, in particolare su temi economici.
Il flashback di Berlusconi
Infine, Forza Italia vive sulla forza comunicativa di Berlusconi. Rispetto al passato, però, ha perso la capacità di dettare l’agenda e mettersi al centro dei riflettori. Il Cavaliere ha esaurito la sua narrazione dirompente, che si è trasformata in una comunicazione di presenza e di ancoraggio alla propria storia. Lo storytelling berlusconiano è imperniato su un costante flash back con l’individuazione, ad esempio, dei grillini come nuovi comunisti. L’obiettivo è fare un restyling del brand Forza Italia individuando un nemico da colpire, uno schema che lo ha spesso premiato elettoralmente ma che, in questi anni, sembra mostrare tutti i limiti di una strategia, almeno in parte, anacronistica.
Le divergenze parallele
Il quadro della narrazione delle diverse forze politiche è fluido e in evoluzione. La narrazione elettorale domina, anche quando si parla di “temi di Governo”. Nella comunicazione del Governo vi sono due narrazioni che viaggiano con velocità e direzioni diverse, ma che rimangono parallele: la velocità degli annunci e delle dichiarazioni si scontra con l’immobilismo dell’azione istituzionale.
È una narrazione dalle divergenze parallele che rischia di lasciare spazio a temi che non sono nelle narrazioni social dei leader, ma che potrebbero presto divenire focali nel dibattito politico. Le intenzioni di voto premiano l’agenda delle promesse, ma vi è un rischio che questo effetto si esaurisca. E che nello spazio creato dalle divergenze parallele si apra una nuova agenda su cui potrebbero posizionarsi in modo efficace i competitor di Salvini e Di Maio.
Fonte: You Trend | Autore: Andrea Altinier