A pochi giorni dalle Elezioni del 26 maggio sono solo i messaggi istituzionali a ricordarci che il voto riguarda il Parlamento europeo. Di Europa, infatti, si è parlato pochissimo in questa campagna elettorale.
Ho individuato tre motivi per cui Lega, M5S e Pd hanno preferito restare sui temi nazionali nella loro comunicazione in vista delle Europee.
1. Il voto di domenica ha un peso sugli equilibri nel governo
Come conferma l’ultimo battibecco fra i vicepremier, con Luigi Di Maio che chiede a Matteo Salvini se il voto di domenica è un voto per far cadere il governo, l’esito elettorale potrebbe rimettere in discussione gli equilibri fra M5S e Lega, oggi sbilanciati sui primi in quanto vincitori delle scorse politiche. Una vittoria della Lega alle Europee potrebbe stravolgere questi equilibri in favore di Salvini, che rivendicherebbe più potere. Se questa vittoria dovesse essere ampia si potrebbe perfino mettere in discussione la tenuta stessa del governo. La rilevanza del voto a livello nazionale dunque è molto alta. Per questo si parla di vicende interne e non di temi europei.
2. Se sei sovranista non puoi legittimare l’Europa parlandone
Un recente sondaggio Ipsos per il Corriere rileva che la fiducia degli italiani nell’Unione europea è solo al 36%. Venti anni fa superava l’85%. Questo sentimento combacia con il consenso a M5S e Lega, i due partiti più critici verso l’Europa. Davanti a questa evidenza è dunque ovvio che Di Maio e Salvini continuino a rivendicare sovranità per l’Italia. Parlare del Parlamento europeo come qualcosa di rilevante manderebbe un messaggio opposto e incoerente. Proprio a rimarcare l’inutilità delle istituzioni europee il M5S ha proposto la chiusura della sede di Strasburgo del Parlamento europeo, mentre Salvini accusa l’Europa di occuparsi solo della misura delle zucchine e delle vongole.
3. I pochi temi europei interessanti sono già diventati nazionali
L’ultima ragione per cui non si parla di temi europei in questa campagna elettorale è che i pochi temi interessanti per il pubblico e i media che riguardano l’Europa, come l’immigrazione e l’economia, sono stati comunicativamente “nazionalizzati” durante la campagna per le politiche del 2018. Nella sua campagna contro l’immigrazione Salvini non ha mai considerato il ruolo dell’Europa. Se lui decide di chiudere i porti poi lo fa e se ne frega dell’opinione degli altri Paesi europei. Allo stesso modo con il Reddito di cittadinanza del M5S la questione europea è emersa solo quando l’Ue ha bocciato la manovra e Giuseppe Conte è dovuto correre a Bruxelles per risolvere.
4. L’inconsistenza del Pd
E il Pd? È sparito perché non è in grado di fare una comunicazione efficace come quella di Salvini e Di Maio. L’errore comunicativo più grande del partito di Nicola Zingarettista nel posizionamento. Lega e M5S sono anti-europeisti. Dunque, per avere ragione di esistere, il Pd avrebbe dovuto posizionarsi come convinto europeista e difendere l’Europa così com’è. Invece ha usato lo stesso slogan degli avversari: cambiamola (l’Europa). Casomai doveva dire “difendiamola”.
In ogni caso il Pd prenderà una percentuale importante di voti. Cinque anni fa li prese per paura di Beppe Grillo grazie a una campagna efficace contro il fondatore del M5S da parte di Matteo Renzi e Silvio Berlusconi. Domenica li prenderà per paura di Salvini. Sarà un voto “contro”, dunque. In questo caso contro l’estremismo di destra.
5. Gli errori di Salvini
Salvini nelle ultime settimane ha perso i colpi, la pazienza e 6 punti nei sondaggi (gli ultimi disponibili). Lo avevo previsto prima del tracollo, quando la Lega sfiorava il 37%, analizzando la sua comunicazione.
Come spiegavo, Salvini sta facendo l’errore di Renzi fissandosi su questioni di cui non interessa a nessuno, come il Tav e la difesa di Armando Siri. Mettere in crisi il governo su questi temi lo ha reso antipatico a molti che prima lo sostenevano.
Il fatto che sia più stressato del solito lo vediamo anche da come reagisce alle contestazioni. Durante i selfie con trappola, come quello della ragazza napoletana che al momento dello scatto ha contestato Salvini chiedendo “non siamo più terroni di m…?”, il leader leghista non rimane più impassibile, ma si innervosisce.
La questione dei selfie con contestazione non va presa alla leggera, perché per lui quella dei selfie è una strategia di comunicazione importante. Salvini fa mettere in fila le persone che vogliono farsi i selfie e li avvisa di tenersi pronti con il cellulare già impostato sull’applicazione della fotocamera. Il cellulare dei fan lo prende in mano lui al momento dello scatto, per non perdere tempo. Significa che Salvini ha poca voglia di fare i selfie? No, al contrario, significa che vuole farne il più possibile in poco tempo.
Questa sua strategia social consiste nel far girare la sua foto sui profili personali di comuni cittadini. La pubblicazione di un selfie con Salvini da parte di un cittadino fa scattare una forte leva della persuasione: quella dell’impegno e della coerenza. Cosa significa? Nel momento in cui un cittadino pubblica una foto insieme al ministro degli Interni su un social network prende un impegno pubblico davanti ai suoi amici: dichiara di essere un sostenitore di Salvini. Dunque per mantenersi coerente lo voterà con molta probabilità. Inoltre, ovviamente, influenzerà alcuni suoi amici. Vista in quest’ottica la trappola dei selfie con contestazione dà fastidio a Salvini non per la contestazione in sé, ma per la perdita di tempo nell’aver fatto un’azione che non porta alcun voto, dato che quello scatto non sarà postato sui social in senso positivo.
La contestazione comunque, al contrario di danneggiare Salvini, lorafforza. Lui vive di polarizzazione e odio verso i nemici. Nel momento in cui una ragazza come quella di Napoli contesta Salvini, il leader leghista radicalizza i suoi supporter che copriranno di insulti la contestatrice, come successo in molte occasioni. È lui per primo a pubblicare sulla sua pagina Facebook i video e le foto dei contestatori. Celebre è anche la sua campagna “Lui non ci sarà”, dove pubblica le foto dei nemici (politici, giornalisti e scrittori avversi) che ovviamente non partecipano ai suoi eventi.
6. Il M5S recupera grazie alle liti con Salvini
Il M5S se l’è vista brutta fino a poche settimane fa, prima di iniziare a litigare con Salvini. Il Reddito di cittadinanza non è una misura che porta voti, come spiegavo da questo blog a fine gennaio. Per recuperare terreno sul partito di Salvini è servito un ritorno ai valori originali del Movimento, sui quali alcuni hanno dubitato dopo l’alleanza di governo con la Lega.
Litigando con Salvini sul Tav, su Siri e poi su ogni cosa, tutti i giorni da qualche settimana a questa parte, il M5S ha dimostrato di essere diverso dalla Lega e di non essere disposto a compromessi sulla questione morale. Se queste liti – almeno quelle sulle questioni minori, come i negozi di cannabis legale per intenderci – finiranno dopo le elezioni del 26 maggio, allora significa che il governo andrà avanti altri quattro anni e che questa fase di battibecchi quotidiani è servita ad entrambi per parlare al proprio elettorato in vista del voto di domenica, e per far scomparire il Pd. Ma questo dipenderà molto dall’esito del voto. Il vero ago della bilancia sarà la percentuale della Lega.
Fonte: Il Fatto Quotidiano | Autore: Marco Venturini