Entrando nella quarta settimana di isolamento forzato è opportuno farsi qualche domanda e cercare di trarre alcune conclusioni.
Niente paura, non ho certo voglia di iniziare pure io a giocare al virologo di quartiere, che ce ne sono già tanti, ovunque. Preferisco fare un ragionamento su come questa imprevista e sconvolgente calamità sta influenzando il consenso e la risposta è sorprendente: non lo influenza.
I mille talk-show diretti da conduttori concitati continuano infatti imperterriti a mostrare, settimana dopo settimana, i risultati dei sondaggi condotti nei giorni precedenti dai diversi istituti e li interpretano alla luce dell’emergenza… “la Lega perde lo 0,4, il PD guadagna lo 0,2, FdI cresce dello 0,3, il M5S lascia sul terreno lo 0,5”… insomma, la solita litania. Laddove, la parola chiave, è “solita”.
Se osserviamo le curve della “Supermedia” dei sondaggi elaborata settimanalmente da YouTrend notiamo infatti che l’andamento di medio periodo nel consenso ipotizzato per i singoli partiti non sia minimamente cambiato dall’inizio della pandemia, ma tutti i trend in atto precedentemente a febbraio 2020 continuano come nulla fosse.
La Lega di Salvini si ostina a perdere circa l’1% al mese ininterrottamente dai giorni felici del Papeete, mentra la “socialdemocrazia lenta e continua” del PD prosegue nel suo consolidamento un mattone alla volta. La crescita di Fratelli d’Italia procede apparentemente inarrestabile, riuscendo a doppiare Forza Italia e consentendo ormai di ipotizzare per la tarda primavera un sorpasso stabile su quanto rimane del M5S, realtà in una crisi di idee e di consensi che pare non avere fine. Questo per quanto riguarda “zona scudetto” e “zona Uefa”, mentre in zona retrocessione permane la sensazione che l’esperimento di Italia Viva sia morto prima di nascere e neppure la sovraesposizione mediatica di Roberto Speranza serva a portare poco più di un pugno di voti alla Sinistra ex LeU.
Forse tra tutti i dati, il più sorprendente è quello del M5S. Il crescente consenso della pubblica opinione attorno all’operato del presidente Conte non ricade sul partito che lo ha indicato e del quale è pur sempre una emanazione, anche se in modo ambiguo e contraddittorio. Così come non produce effetto alcuno il continuo agitarsi di Matteo Salvini o il perdurante silenzio di Nicola Zingaretti e dei vertici del PD.
Come è possibile che la scelta drammatica di un governo e di una coalizione politica di mettere in quarantena 60.000.000 di persone e l’0ttava economia del Mondo sia senza conseguenze sugli orientamenti politici dell’opinione pubblica? A tale proposito avanzo due ipotesi, una positiva e una più negativa. L’ipotesi positiva è che prevalga il clima di concordia e unità di fronte alla crisi e che non siano il Dpcm o la dichiarazione del giorno ad influenzare più di tanto il ribollire politico in atto. Insomma l’idea di un elettorato maturo, forse più maturo di chi lo governa, capace di distinguere la battuta o la sparata del momento dalle scelte concrete e che quindi non vede una ragione vera per modificare il trend intrapreso.
La seconda ipotesi, meno ottimista, immagina che la continuità nelle scelte ipotizzate dagli elettori sia legata a una sostanziale lontananza dai luoghi della politica. Secondo questa lettura i partiti non verrebbero visti come degli attori realmente in grado di influenzare i processi decisionali in corso e dunque le vie del consenso passerebbero non per una attenta osservazione di quanto avviene ma per una banale riproposizione della logica “di squadra”, applicando così all’emergenza Covid-19 gli stessi parametri di preconcetta appartenenza che caratterizzavano la fase precedente.
Non so quale delle due letture sia quella giusta – magari si integrano, magari sono sbagliate entrambe – ma mi piacerebbe fosse la prima, anche se temo possa essere la seconda…
Marco Cucchini | Poli@archia (c)