Leggendo i commenti che provengono dalle parti dell’ex maggioranza di governo prevale lo sgomento. Lo sgomento per “la Politica commissariata” e perché è stata interrotta la cavalcata trionfale del governo presieduto da Giuseppe Conte/Leonard Zelig (vegano con i vegani, bracconiere alle riunioni di ArciCaccia), “punto di equilibrio insostituibile” di qualsiasi maggioranza non importa se di destra o sinistra, europeista o sovranista.
In realtà, il Conte che dice sconsolato “non avrei dovuto dimettermi” (cioè “avrei dovuto continuare a traccheggiare, rinviare, non governare e comprare senatori”) è l’immagine plastica del fallimento politico e morale di una coalizione: della totale incomprensione della situazione disastrosa del Paese, della deriva politicistica e – direi – onanistica di una classe di potere (la Politica è qualcosa di diverso, di alto) e – soprattutto – Sergio Mattarella non ha fatto un golpe e non è neppure René Coty (il presidente francese che – di fronte alla prospettiva di una guerra civile – ha “strappato” la Costituzione e consegnato il potere a Charles de Gaulle) ma ha dato tutto il tempo del mondo alla vecchia maggioranza per fare i suoi giochini: il tempo per fare verifiche che non verificano. Comprare senatori che poi si perdono per strada. Rimpastare. Esplorare. Hanno fallito e ora è giusto che passino la mano… sopravvivremo al dramma della Perdita.
Non è la fine della Politica: i poteri del Parlamento sono intatti, la mission di Draghi – nelle parole del capo dello Stato – sarà vaccinazioni, Recovery Plan e emergenza occupazione, tutti temi che richiedono il consenso del Parlamento (e dunque la mediazione con i partiti), che avrà inoltre altre fondamentali responsabilità, come quella di rimettere sui binari l’assetto istituzionale del Paese scassato dal referendum dello scorso settembre e – prima ancora – dalla improvvida riforma istituzionale del 2001.
Per mesi abbiamo sottolineato la debolezza del Conte 2 e le sue ambiguità Su questo rinvio ai post del 16 settembre 2019 e del 29 aprile 2020, che – modestia a parte – evidenziano con largo anticipo quello che sarebbe potuto accadere ed è puntualmente accaduto. Se i partiti sono stati commissariati è colpa della loro stupidità, del loro ridicolo impiccarsi alla grottesca formula “O Conte o voto” senza avere i numeri per imporre il primo e il coraggio di affrontare il secondo. La “maggioranza Ursula” (proposta da Prodi nel 2019) era un’ottima idea da subito, una necessità poi, quando è emerso il dramma della pandemia e il problema vero non è l’arrivo di Mario Draghi, quanto il fatto che questo sarebbe potuto avvenire con partiti consapevoli che preparano il terreno, non con armate di ventura allo sbando che seguono arrancando.
Il governo Draghi può essere una opportunità per tutti. Un’opportunità per il centrosinistra che deve riconquistare anima e visione, uscire dalla sua ossessione governista a tutti i costi e chiudere finalmente con il congresso PD del 2012, un congresso lungo 9 anni e che attraversa 3 partiti. Un’opportunità per il M5S che – magari a costo di una scissione (potrebbero andarsene i complottisti, i terrapiattisti, i novax e Che Guevara) – finalmente può ritrovarsi adulto e capire come va il mondo. Un’opportunità per la destra ristrutturata, con la creazione – si spera – di una destra europeista e conservatrice che rompe con una destra eversiva e sovranista (che certo – nel medio periodo – non sosterrà Draghi).
Se il governo Draghi consentirà di gestire Recovery e pandemia in modo meno rigoroso, riformare alcuni dettagli fondamentali delle istituzioni e produrre una ristrutturazione virtuosa del campo politico allora dovremo ringraziare la sorte per averci dato un 2 febbraio 2021. E – soprattutto – ringraziamo sempre i Padri Costituenti per aver disegnato una presidenza della Repubblica con i poteri di discreto intervento e intelligente supplenza così utili nei momenti di crisi.
Marco Cucchini | Poli@rchia (c)