Ieri il Senato – a larghissima maggioranza – ha modificato gli articoli 9, 41 e 117 della Costituzione per rendere la nostra Carta più “ambientalista”. L’idea è lodevole e – soprattutto i due commi aggiunti all’art. 9 – sono scritti bene, cosa per nulla certa nel drafting costituzionale recente. Però alcune cose non vanno… Non è la prima volta che si modifica la I Parte della Costituzione: nel 2000 si è disciplinato il voto degli italiani all’estero (art. 48), nel 2003 messo ordine al tema delle pari opportunità nelle liste elettorali (art. 51) e nel 2007 si è rimosso l’ultimo residuo riferimento alla pena di morte (art. 27). Modifiche importanti ma poco invasive nel testo, contrariamente alle orrende scorrerie fatte nella II Parte a più riprese.
Però non si erano mai toccati i primi 12 articoli, i Principi Fondamentali. Ed era stato un bene, perché si tratta di un preambolo politico-ideologico e culturale, una fotografia della visione d’insieme che ha guidato il lavoro dei nostri Padri Costituenti che è bene resti immutata, almeno fino a quando non decideremo di riscrivere l’intero testo. Perché è l’ossatura morale, la guida di tutto il testo e così deve restare… E non è certo una stravaganza italiana, dopotutto il diritto costituzionale francese si apre con la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino del 1789 e nessuno dice “cambiamo però il testo dell’art. 7 o dell’art. 12 della Dichiarazione per modernizzarla”.
Questa riforma avrebbe potuto essere più rispettosa e anche più efficace. Ad esempio, si sarebbero potuti inserire incisivi riferimenti alle tematiche ambientali (nel senso più ampio e profondo) non solo all’art. 41 (le cui modifiche sono – per certi versi – deboli e ultronee ), ma soprattutto nell’art. 32 (Salute), nel 34 (Scuola) e nel 35 (Tutela del Lavoro).
C’è poi un secondo tema: si continua a mettere mano alla Costituzione senza uno straccio di dibattito pubblico nel Paese, come se emendare la nostra carta fondamentale fosse lo stesso che modificare una qualsiasi normetta di un qualche testo omnibus. Nel corso della c.d. I Repubblica (45 anni) ci sono state solo 6 modifiche che hanno riguardato complessivamente 11 articoli, mentre dal 1994 al 2020 ben 10 modifiche che hanno riguardato complessivamente 33 articoli, senza considerare le riforme “monstre” bocciate dal corpo elettorale nel 2006 e nel 2016 e senza considerare che ce ne sono altre in vista (oggi Enrico Letta cinguettava giulivo sul voto ai 18enni per il Senato).
Di questo passo – riforma dopo riforma, stravolgimento dopo stravolgimento, le modifiche alla Costituzione perdono qualsiasi “sacralità” e il rischio è che si perda anche la rigidità stessa del testo, che è una salvaguardia democratica fondamentale, soprattutto in tempi incerti come quelli che viviamo.
Quanti libri scrivono – giustamente – che il Fascismo è riuscito a condurre la propria opera di demolizione della democrazia liberale anche grazie al fatto che lo Statuto Albertino fosse una costituzione flessibile e non rigida? Oggi si modificano i Principi Fondamentali per inserire un valore positivo, ma domani?
Marco Cucchini | Poli@archia (c)