Durante la campagna per il NO al taglio dei parlamentari (2020) uno degli argomenti dei favorevoli a quella riforma dissennata era “un Parlamento più piccolo sarà qualitativamente migliore, verranno tagliati i rami secchi”.
Io sostenevo invece l’opposto, anche per aver visto fin troppo da vicino come vengono composte le liste quando sono “bloccate”, cioè quando l’elettore non ha possibilità di scegliere il proprio eletto con la preferenza o con il collegio uninominale, evidenziando che:
“prima viene candidato il capo. Poi i colonnelli del capo. Poi un po’ di donne per fare scena, meglio se inoffensive. Seguono i capi bastone territoriali. Un pizzico di società civile per fingersi aperti al mondo. Infine, nella quota residua, gli spiriti liberi, le competenze specifiche. Pertanto, dovendo togliere 1/3, da quale di queste categorie si inizierà a sforbiciare?”
Ovviamente la mia tesi era che – in presenza di partiti chiusi e autoreferenziali – i primi a saltare sarebbero stati i potenziali parlamentari preparati ma privi di visibilità mediatica, dato che i capi non saltano (e neppure le loro mogli, mi par di capire), i vicecapi tanto meno, con il territorio non si vuole litigare, le donne ci devono essere per legge, qualche “influencer” da sventolare all’elettore ci vuole, ergo verrà massacrata la quota di potenziali parlamentari competenti, politicamente preparati, che avrebbero qualcosa da dire, ma nessuno li ascolta. Dunque un Parlamento molto peggiore del precedente (che già era orripilante).
Ma in queste ore i partiti stanno compilando le loro liste, magari si dimostrerà che ho torto. Sarebbe la prima volta, perché quando profetizzo disgrazie di solito la becco sempre…
Autore: Marco Cucchini (C)