George, tra elettroshock e Watergate

George, tra elettroshock e Watergate

E’ morto George McGovern, che nel 1972 fu il “campione” democratico nella sfida per la rielezione di Richard Nixon alla Casa Bianca.

George McGovern fu probabilmente il candidato più a sinistra mai schierato dal partito democratico. Era pacifista, sostenitore di un forte stato sociale e favorevole alla liberalizzazione delle droghe leggere. Un candidato simile non poteva che essere sostenuto da hippy e figli dei fiori che all’epoca erano in grado di dominare sul piano dell’immagine, anche se non su quello dei contenuti politici, mentre la dirigenza democratica – legata al retaggio di Roosevelt e Kennedy – si rivelò incapace di proporre un candidato aggregante.

La Convention democratica del luglio 1972 si aprì senza un chiaro candidato favorito, dato che le elezioni primarie avevano dimostrato che il partito era totalmente balcanizzato, ma a forza di pressioni, spinte, negoziazioni notturne e colpi di teatro, si giunse in qualche modo a formalizzare la nomination di George McGovern e del suo vice, Thomas Eagleton, sconosciuto ai più e individuato dopo un processo di eliminazione di candidati degno di “Dieci Piccoli Indiani” di Agatha Christie.

Eagleton fu una pessima idea, dal momento che aveva da poco terminato di “beneficiare” di un ciclo di elettroshock per cercare in qualche modo di curare una gravissima forma di depressione nervosa e non aveva avuto la buona idea di informarne per tempo il proprio “caposquadra”. Così, ci penso il settimanale Time a farlo in sua vece e fu uno scandalo che quasi affondò la candidatura McGovern appena salpata. In pochi giorni i sondaggi mostrarono un crollo del consenso potenziale per McGovern dal 41% al 24% e certo lo sfortunato George non fu aiutato dalla interminabile serie di rifiuti che incontrò nella ricerca di un nuovo candidato vicepresidente. Alla fine qualcuno accettò, ma ormai la corazzata democratica faceva acqua da tutte le parti.

Nessuno pensava che pacifisti e figli dei fiori potessero vincere. Nessuno meno il presidente in carica, il repubblicano Richard Nixon, che in preda a insicurezze, smania di vincere e delirio di onnipotenza decise di far spiare passo per passo la dirigenza democratica, mettendo sotto osservazione (illegalmente) il quartier generale democratico, che aveva sede nell’hotel Watergate di Washington. E fu l’inizio della fine nella sua carriera politica…

E così con la morte di McGovern, ricordiamo quella bizzarra campagna elettorale del 1972, che oppose un ingenuo idealista e un complessato con manie di persecuzione. Il complessato vinse con un margine di consenso enorme: 49 stati a 1, il risultato più netto in tutta la storia elettorale degli Stati Uniti.

Almeno fino ad oggi.

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