11/02/2012 – Ieri ho girato un po’ in auto. I tabelloni di metallo per la propaganda elettorale sono vuoti, tranne qualche manifesto di FN e una faccia triste di Pierferdinando Casini. Gli spot politici sono vietati. I poster sono vietati. I sondaggi sono vietati. Parlare di politica in campagna elettorale è vietato, se non negli spazi ammessi, che sono quelli che sono…
Di programmi non si parla. Berlusconi batte sempre su quei due chiodi fissi, da 20 anni: tasse & giustizia. Senza peraltro riuscire a far qualcosa per l’uno o per l’altro. Monti aveva un’agenda ma ormai l’abbiam perduta, dispersa nel clamore di dichiarazioni avventate, di cani coccolati e di agitazioni elettorali. Ingroia non si sa a cosa serva e Grillo strepita molto, con proposte di dubbia utilità è spesso di dubbia costituzionalità. E Bersani? Bersani avendo paura di spaventare Vendola, ma anche di dire cose che potrebbero allontanare Monti, sceglie di non dire e di non fare nulla. Che di tutti gli errori è certo il peggiore.
Salvo poche iniziative estemporanee, i candidati in giro non si vedono. Chi ha il seggio sicuro, non perde tempo e denaro in campagna elettorale, chi sa di non farcela non muove un dito e sono solo gli “swinging candidates” a darsi un po’ da fare, perché sono gli unici per i quali il giorno del voto vale veramente qualcosa. Con quali risultati però, non si sa… Un po’ di politici io li conosco e li vedo stanchi, stressati, che girano come trottole, spesso nei posti sbagliati, senza che – alla fine della giornata – abbiano effettivamente conseguito un po’ di consenso o siano in qualche modo riusciti a dare forza e sostanza alla loro posizione. Ed essere esausti senza aver fatto nulla di quello che si doveva fare è una esperienza tra le più frustranti…
Questo è l’intreccio perverso di una normativa elettorale costruita sulle liste bloccate, un peso eccessivo attribuito alla televisione e la crisi di legittimità della politica, che porta i candidati più a nascondersi, che collocarsi in cima a un piedistallo.
A rimetterci sono però i cittadini. Che avrebbero diritto a sentire le diverse idee sull’Italia che verrà. Avrebbero diritto di poter confrontare programmi e stili di governo. Avrebbero il diritto di vedere in faccia (e di scegliere) il nome e il cognome del loro rappresentante di collegio. Avrebbero diritto di avere delle elezioni e non solo una telerissa.
Autore: Marco Cucchini