24/02/2013 – Il giudizio di sondaggisti e “spin doctor” al termine della campagna elettorale basato sulla strategia comunicativa dei cinque candidati principali e della loro capacità di incarnare ragioni e sentimenti dell’elettorato
Grillo promosso, Monti bocciato, Bersani e Ingroia potevano fare di più, mentre Berlusconi è andato meglio di quel che ci si aspettava. Così sondaggisti e spin doctor giudicano, con nuovi strumenti di ricerca, la campagna elettorale che si è appena conclusa, la prima non più bipolare dopo molti anni, valutando la strategia comunicativa dei cinque leader principali e soprattutto la loro capacità di costruire una narrazione attorno ai loro temi, di incarnare simbolicamente eroi capaci di smuovere ragioni e sentimenti dell’elettorato.
A misurare queste capacità è uno studio di Coesis Research, condotto da Alessandro Amadori e Paola Simonetta su un campione sperimentale di 60 opinion leader. La ricerca è stata impostata su un questionario basato sulla teoria dei 12 archetipi eroici di Mark e Pearson, spesso utilizzata in campo pubblicitario. Un test sullo “storytelling” dei nostri politici, dopo la lezione di Obama e la sua campagna-racconto capace di coinvolgere e attivare processi di identificazione.
Scopriamo così che nell’immaginario collettivo Beppe Grillo evoca al tempo stesso il Giullare e il Combattente, ma soprattutto il Fuorilegge, il Ribelle vendicatore, in altre parole un mix tra Benigni, il Gladiatore e Robin Hood. Sono questi infatti gli archetipi eroici che il campione di Amadori vede nel leader 5Stelle e che lo hanno aiutato a salire nei sondaggi a colpi di sberleffi ai potenti, alchimie in Rete e imprese epiche come la traversata a nuoto dello stretto di Messina, i comizi sotto la neve, la conquista di piazza San Giovanni.
Se è vero, come scrive la politologa Sofia Ventura che “un vero leader è prima di tutto un bravo storyteller”, non c’è dubbio che Silvio Berlusconi negli ultimi vent’anni abbia saputo porsi al centro di una narrazione. “L’ex premier – spiega Amadori – conserva una forte dimensione eroica, ma oggi che il suo coefficiente di credibilità è assai calato, prevale il Giullare sul Creatore. Mantiene però la componente seduttiva dell’Amante e quella del Combattente, che lo aiutano a recuperare almeno in parte il suo elettorato”.
Molto diverso il profilo di Mario Monti, che è quello del Regolatore. “È l’archetipo meno efficace di tutti – dice il presidente di Coesis Research e dell’Assirm, l’associazione dei sondaggisti – il mago Merlino di un qualche Artù, più che un leader vero e proprio. Del resto il centro è mediazione, l’antitesi dell’approccio eroico”. E anche il tentativo di “scaldare” la sua campagna elettorale con moglie, nipotini e cane, “non funziona, perché sono elementi – sostiene Ventura – che stridono con la sua immagine”. Altro errore del Professore, secondo Andrea Fontana, docente di “Storytelling e narrazione d’impresa” all’Università di Pavia, è stato quello di non aver mantenuto neanche quell’immagine di scienziato portatore di salvezza, “perché ora nega quello che ha fatto solo pochi mesi fa”. Ma soprattutto per Ventura “i leader italiani adottano una comunicazione troppo elementare, tutta tasse e denaro. Mentre un racconto politico deve contenere una indicazione di futuro, proiettarsi sui grandi temi internazionali. Sotto questo profilo Obama è stato esemplare”.
Ad incarnare soprattutto l’immagine del Bravo Ragazzo è Antonio Ingroia ma, secondo Amadori, il pm “poteva giocarsi meglio questa carta e invece ha fatto una campagna troppo intellettuale, da sinistra anni ’70”. “Meno nitido – sostiene il sondaggista – appare il portato simbolico di Pierluigi Bersani, anche a causa di una scelta forse voluta, consapevole, che tuttavia non favorisce la decodifica da parte dell’elettorato”. Ventura, protagonista di un endorsement pubblico per Renzi ai tempi delle primarie, critica la comunicazione del segretario pd: “Evoca un’orizzonte troppo minimalista, un mondo piccolo, ancora quello di Peppone e Don Camillo. Bersani rifiuta l’idea del leader eroico e appare ossessionato dalla personalizzazione della politica, che oggi invece contraddistingue molte democrazie. E non si tratta di partiti personali come quelli di Berlusconi, Grillo o Casini, ma di una politica che passa inevitabilmente dal cuore e dalle emozioni”. Insomma, sintetizza Amadori, “una leadersheep, in fondo, non è altro che un fenomeno etologico”.
Fonte: repubblica.it | Autore: Lavinia Rivara