15/03/2013 – Nell’umore nero che attraversa il Paese il solo bianco che si vede è quello delle schede per l’elezione dei presidenti di Senato e Camera e i punti di riferimento sono pochi, pochissimi, forse nessuno.
C’è stato il terremoto, le istituzioni hanno tremato e le crepe nei palazzi del potere sono ampie e profonde. Però non si direbbe affatto ad assistere alla diretta del primo giorno della XVII° legislatura repubblicana, tutto va come al solito, come è giusto che vada… Vedo l’arrivo dei neo eletti deputati e senatori del Movimento 5 Stelle. Dovrebbero essere quelli che smontano tutto il palazzo, pezzo dopo pezzo, per rivenderne all’asta marmi ed arredi al fine di ridurre i debiti dello Stato e invece – con il vestito della festa, l’aria tra l’imbarazzato e il marpione – sembrano una serie di studenti fuori corso a una discussione di laurea. Dovrebbero far paura, ma a me non ne fanno… solo un leggero fastidio.
Al Senato presiede Emilio Colombo, uno dei due Padri Costituenti rimasti in vita dopo la morte di Teresa Mattei, qualche giorno fa. L’altro vivente è Giulio Andreotti, Sua Eternità. Voce ferma, sguardo deciso, ritto in piedi dimostra 10 anni di meno dei suoi 93. Fa un discorso semplice, eppur politico, con il linguaggio un po’ contorto ma denso e raffinato della I Repubblica (“contrapposizione statica tra le differenti interpretazioni etiche, politiche e culturali dell’attuale momento…“), con qualche pacata ironia da curia e forse l’umana soddisfazione di godersi il momento…
E poi – in ambo le Camere – comincia la medesima litania… Bianca, bianca, bianca, Fico, bianca, bianca, Fico, bianca, bianca, bianca… E la memoria torna al primo ricordo televisivo della mia vita, le elezioni presidenziali del 1971. Sembra impossibile, lo so… ma mi pare quasi fosse ieri, avevo 4 anni e mezzo e c’era la televisione, signori in grigio – immobili come statue – continuavano a passarsi dei fogli di scarta sibilando “bianca, bianca, bianca… Fanfani, bianca, bianca, bianca, Fanfani, bianca…” e la litania è andata avanti a lungo (23 scrutini per la precisione). E ricordo mia nonna che – alla domanda su chi fossero e cosa stessero facendo quelle statue di sale – intenta a cucinare rispose con uno sbrigativo “Son int cun timp di piardi” (“E’ gente con tempo da perdere”).
E come sempre, come su tutto aveva ragione lei. Anche oggi con questa commedia del “parla prima tu, no prima tu, no prima tu” mi pare proprio che siamo tutti nelle mani di “int cun timp di piardi“.
Autore: Marco Cucchini