07/05/2013 – Sapevo che un giorno sarebbe accaduto, ma la notizia mi sorprende e meraviglia, come se il Divo (o Belzebù, o il Grande Mandarino o qualsiasi altro nomignolo gli sia stato dato) potesse trovare una scusa per scampare anche alla Morte, dopo essere riuscito a uscire indenne da 68 anni di vita politica (sui siti di informazione circola con insistenza che Andreotti fu “membro dell’Assemblea Costituente” e questo è riduttivo, dato che venne nominato addirittura alla Consulta Nazionale, l’organo legislativo consultivo istituito con D.Lgs. Luogotenenziale del 5 aprile 1945, quando la II Guerra Mondiale non era ancora terminata). Vita politica iniziata con Alcide De Gasperi e terminata con l’onta dei processi per mafia e assassinio e nel mezzo, 7 volte presidente del consiglio, 26 volte ministro, 28 volte messo sotto accusa dal Parlamento per reati connessi alla sua funzione pubblica e sempre assolto.
Lo incontrai fugacemente nel 1994. Questo il ricordo.
Nel 1994 stavo lavorando alla tesi di laurea e incontrai una serie di politici collegati con l’argomento del mio lavoro: Stefano Rodotà Augusto Barbera, Gianfranco Miglio. Poi incontrai lui, il Politico più Politico di tutti: Giulio Andreotti. Avevo accennato a questo desiderio nel corso del colloquio avuto con Miglio nella sua casa di Como e gli avevo chiesto qualche aneddoto a riguardo. Lui mi raccontò di una seduta al Senato durante la quale si trovava seduto tra Cossiga e Andreotti – “come Cristo tra i due ladroni” – e si accorse che il Divo stava leggendo con aria indifferente un articolo che riguardava il suo potenziale coinvolgimento nell’omicidio Pecorelli. “Per me è andata così: tu non hai ordinato di ucciderlo, ma forse in qualche riunione con qualcuno dei tuoi, di quelli un po’ a confine, una voce ha detto che bisognava farlo tacere e tu hai taciuto. Non hai detto che no, Pecorelli era sotto la tua protezione o cose del genere, hai taciuto e questo è stato sufficiente per capire che forse c’era un via libera”. Miglio dopo aver detto questo mi fissò divertito, per vedere come reagivo. Io non sapendo che dire chiesi “E lui, come replico?” “Lui non replicò. Mi guardò stringendo i suoi occhietti, sorrise e riprese a leggere”. Insomma, speravo di intervistarlo ma, sapendo come sia impossibile avere a che fare anche con il più inutile dei nostri assessori provinciali, disperavo di poterlo fare. Alzai la cornetta e chiamai il Senato. Chiesi dello studio del senatore Andreotti. Immediatamente, mi venne girato l’interno del suo studio. Mi fu passata la sua segretaria alla quale spiegai il problema. “Vedrò quello che posso fare”. Con mia sorpresa, la segretaria richiamò due giorni dopo, alle 7.10 (si sa che il Divo Giulio era piuttosto mattiniero) e mi disse “mi mandi le domande, avrà le risposte di pugno dal Presidente”. E così scrivo, spedisco e attendo. Nuova telefonata della segretaria, qualche giorno dopo: “si presenti dopodomani alle 9. avrà le risposte alle sue domande”…in un clima di congiura, come nella Roma dei Papi quando i bersaglieri erano alle porte, mi reco emozionato all’appuntamento. Mi sono consegnate le risposte (manoscritte a pennarello verde, su un notes da poco, scrittura piccola e ordinata, senza cancellature) e mi si comunica che potrò leggerle a voce alta davanti al Presidente, ma non fare altre domande. Così lo incontro, mi porge la mano, leggo le domande mentre lui, immobile come una statua di sale nel suo vestito carta da zucchero mi fissava in silenzio. Ero al cospetto del Potere, quello vero. E avevo un po’ di paura. Autore: Marco Cucchini