La via di Socrate

La via di Socrate

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09/05/2013 – Pubblichiamo qui di seguito un interessante post scritto dalla nostra collaboratrice Alexsandra Panama: un articolo che pone la sua attenzione sui valori su cui si fonda una Nazione con uno sguardo filosofico, il tutto in un’ottica europea e profondamente attuale. 

Gli artisti, gli scienziati, i grandi statisti aprono nuove vie perchè scoprono nuovi aspetti della libertà, della conoscenza, della giustizia e questi temi dovrebbero essere i tasselli di quel ” pavimento etico” su cui si fonda una nazione, da quanto tempo in Italia non è più così? Ogni cultura è un mondo di beni, come l’Atene del V secolo a.C. o la Firenze del Rinascimento e dovrebbe incarnare il sentire dominante nei comportamenti abituali e nelle prospettive delle persone, scoprendo valori nuovi o nuovi aspetti di quelli vecchi. Perché la condotta di ognuno di noi contribuisce a formare la cultura del proprio tempo e si dovrebbe fare più riferimento alla ” via di Socrate”, lungo la quale si è sviluppato il meglio della cultura europea: quella del dubbio, della veglia critica, del costante interrogarsi sull’ adeguatezza delle nostre azioni. Così l’ Europa ha reso possibile il progresso nelle scienze, nelle arti, nella morale e, non per ultima, nella politica. E nonostante ciò oggi, particolarmente nel nostro paese, assistiamo a una sorta di ” nichilismo inconsapevole”, nutrito da forme sempre più forti di auto-destituzione della coscienza. Forme grottesche di indifferenza alle violazioni dei valori base della convivenza civile, dallo sfruttamento di risorse pubbliche a vantaggio privato al trionfo della ” cultura” delle oscenità, solo per citarne un paio. Questo è per me nichilismo inconsapevole, fatto di ignoranza, di irresponsabilità, incuria, il cui slogan è ” me ne frego”, nutrito in Italia dalla svendita di legalità e di correttezza in cambio di consenso elettorale. Come è possibile non vedere la desertificazione culturale e i modelli di bassa lega continuamente proposti da un certo potere mediatico dilagante? C’ è forse una sorta di auto-anestesia che ben si coniuga con un complessivo stato di depressione, di autolesionismo? E’ un sentire che la nostra vita non ha più alcun valore, che c’è un assenza di giustizia, non solo sociale, ma anche legale e morale, è un voler sfigurare la nostra stessa identità, il nostro stesso volto di ” Nazione”, una sorta di ipnosi morale collettiva. Eppure io voglio ancora credere che ci siano dei segnali di risveglio, che ci sia una reale esigenza di moralità, la nostra stessa sofferenza può essere un risveglio, seppur spesso doloroso, ma dal quale deve scaturire la consapevolezza di andare a cercare quello che ci manca, di provare un disgusto che non possiamo più rimuovere, di un’ indignazione che, almeno a parole, oggi sembra essere sempre più diffusa. Ma l’indignazione non va confusa con la rabbia o con il risentimento personale verso qualcosa o qualcuno che ci ha fatto del male, non è la risposta ad un torto fatto a me o a chi è dalla mia parte, ma ad un torto fatto a chiunque, in quanto torto e ingiustizia in sé. L’ indignazione è un sentimento morale perché ha il senso dell’ universale, non solo di noi stessi, farne un buon uso ha permesso di decretare nuove leggi, nuove dichiarazioni dei diritti, nuove costituzioni degli Stati, significa fare un buon uso della sofferenza morale e civile che il sentimento di indignazione contiene, senza alcun interesse personale ma per un reale senso di giustizia. E deve essere fonte di un nuovo progetto politico e civile, di cui tutti noi, aldilà di ogni schieramento e ceto sociale siamo responsabili. E’ una questione civile, è l’unica via possibile.

Autore: Alexsandra Panama | Clicca qui per visitare il suo blog

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