13/05/2013 – E finalmente in Friuli Venezia Giulia le campagne elettorali – almeno per un po’ – sono finite. Come sempre, come ogni anno si impara qualcosa e si deve rivedere vecchie certezze o confermare nuove ipotesi. Andiamo per ordine…
1. La formazione delle liste. Ormai con il sistema proporzionale su liste che domina un po’ ovunque, la composizione della proposta politica dei partiti continua ad essere costruita sulla rappresentanza a “specchio”. Le liste, infatti, sono definite per rappresentare, per “fotografare” la comunità politica, più che per governarla e questo porta a una attenzione talvolta eccessiva all’equilibrio di genere, di età, di territorio e – nei partiti più complessi – di componente (o corrente, che dir si voglia). Questo porta a preferire candidature di amministratori locali (la “mistica” della rappresentanza territoriale) o di soggetti molto integrati dentro la struttura partitica, a scapito di candidature espressione della c.d. “società civile”, che con il voto di preferenza faticano ad essere competitive, soprattutto nelle circoscrizioni elettorali grandi o medio-grandi.
2. La campagna tradizionale. Santini, manifesti, lettere, pieghevoli… I soli che mi pare abbiano ancora un senso in tempi di crisi economica sono i santini, pratici ed economici. A una condizione, però: vanno dati di persona, accompagnati da una stretta di mano e qualche chiacchiera, altrimenti servono a poco. I manifesti aiutano a far circolare il nome e poco altro, mentre le lettere rimangono inutili. Ne ho viste distribuire a centinaia, migliaia e il rapporto lettera inviata/voto ricevuto credo sia – in base al naso e all’esperienza – inferiore al 2%. Cioè spedisci 1000 lettere e ottieni meno di 20 voti. Come lo so? Ad esempio mappando il voto tra zone dove le lettere sono state inviate e zone dove non sono state inviate… differenza infima..
3. Tv e radio. La tv è costosa e di dubbia utilità in una competizione regionale (e quasi nulla in una comunale). Far girare un video e mandarlo in onda costa dalle 4 alle 8.000 € e detto così non sembra una cifra folle, ma nell’economia complessiva della campagna bè, un po’ incide quindi – se non si ha per le mani un budget faraonico – meglio soprassedere. Diverso è il discorso radio, per la quale ammetto che ho una simpatia pregiudiziale. Continuo a ritenere che un messaggio ben costruito, rapido e magari con il giusto equilibrio tra musica e parole possa funzionare e bene, ovviamente rapportato al costo tutto sommato contenuto che la pubblicità radiofonica prevede.
4. Il Web. Il web è una bestia ancora tutta da capire. Ci riempiono la testa che “è fondamentale”, che “rappresenta il futuro” ma – questa è la mia opinione – non rappresenta ancora il presente. Essere sul web è non solo giusto, ma necessario… Però una “reputazione” si crea nel tempo e non in pochi giorni e non è neppure detto che questo serva. Ho notato infatti che spesso c’è una distinzione tra “messaggio” e “messaggero” e – in fondo – pensiamo ai nostri stessi comportamenti: quando ci viene ritwittato un messaggio o condiviso uno stato di Facebook quanti di noi dedicano attenzione all’autore? Io sono convinto che la maggioranza condivida o non condivida il concetto espresso, magari lo diffonda ma pochi si mettano a studiare l’autore e ancor meno – se politico – decidano di votarlo. Perché molti dimenticano che scopo della campagna elettorale non è quella di diffondere notizie o far circolare un nome bensì quello di ottenere consenso, voti, preferenze. E questo richiede tempo, quotidianità e credibilità… Internet però è utile per un altro aspetto: quello di diffondere documenti rapidamente, organizzare eventi in pochi attimi, coinvolgere quotidianamente i propri supporter, sapendo però che di energie affinché tutto questo frutti ne servono parecchie e quotidiane. Sul web si invecchia in fretta…
5. Le iniziative pubbliche. Le iniziative generiche servono a creare rumore, ma di voti ne portano pochini. Molto meglio le iniziative tematiche, gli incontri piccoli ma selezionati. Fondamentale però che il candidato non si presenti impreparato, che la discussione sia sul merito dei problemi e che alla fine venga lasciato qualcosa, un report, un sommario di proposte, insomma un contributo. Però vanno fatte, tante. Magari con organizzatori diversi dal partito politico (gli indecisi – che sono il vero obiettivo della campagna – non amano farsi fotografare sotto le bandiere), ricordandosi sempre però servono solo se trasmettono la sensazione che il candidato sia uno “che sa qualcosa”, altrimenti sono inutili… la Retorica è uno degli strumenti fondamentali della Politica, ma anche questa richiede intelligenza, cultura e buone letture, doti non frequentissime nella politica dei nostri tempi.
6. Il porta a porta. Controllare fisicamente il territorio, esserci, parlare, forse anche litigare è la vera chiave di volta di una campagna. Il contatto umano, diretto, l’impercettibile chimica che lega (o divide) le persone, una certa analogia tra il sex appeal e il fascino politico e la convinzione che chi non sa parlare a una persona non potrà mai governare le moltitudini sono le ragioni che mi portano a credere che chi non se la cava negli incontri a due non può essere eletto. E forse è pure giusto così. Quindi, il candidato si compri un bel paio di scarpe comode, si trovi qualche “compagno di viaggio” (i candidati solitari fanno tristezza) e si metta a girare per tutto il collegio, ogni giorno, con ogni tempo. Vuoi entrar nella Casta? paga un prezzo, anche fisico…
7. Il controllo. Senza un monitoraggio quotidiano, senza la consapevolezza che le attività da fare sono molte e il tempo è poco le campagne andranno a rotoli. Quindi creare uno staff, individuare qualcuno che coordini e essere sempre, continuamente e senza eccezioni, aggiornati e informati su quanto accade. La campagna è un fatto di energia, di fatica fisica ma anche di gestione dello stress e di attenzione ai dettagli. E’ un’attività difficile, complessa e che richiede competenze molteplici (giuridiche, gestionali, economiche, amministrative, comunicative, organizzative…). Per questo basta un nulla per mandare tutto all’aria…
Queste sono le mie considerazioni principali, ma penso che ci ritornerò ancora su questi temi nelle prossime settimane.
Autore: Marco Cucchini