28/05/2013 – Oggi pomeriggio funerale di Fabiana, ennesima vittima di omicidio per mano di un uomo, non amo la parola “femminicidio” perché limitante: 124 donne uccise nel 2013 per mano non sconosciuta ma da un marito, un ex, un corteggiatore respinto, addirittura un padre e già 36 dall’inizio di quest’ anno hanno un solo nome: omicidio.
Fabiana non aveva ancora 16 anni e ad accoltellarla e a darle fuoco quando era ancora viva, lucido e razionale nella sua confessione è un suo coetaneo, un fidanzatino respinto.
Ma quello che mi fa ancora più orrore, oltre all’età dei protagonisti e alla brutalità del gesto è il contesto in cui è accaduto.
Riporto dal ” Corriere della Sera” le parole di un concittadino dei due adolescenti:
«La mafia non aggredisce le ragazzine» e poi dice «Tutti giriamo col coltello, qua, una coltellata ci può stare… ma quel maledetto l’ha bruciata viva».
La mafia non “aggredisce” le ragazzine perché è una organizzazione patriarcale e quel che viene fatto alle “ragazzine” è di considerarle di proprietà del clan familiare. La mentalità che permea quei contesti è fatta di culture in cui tu devi fare quel che dice il padre, il fratello, lo zio, perfino il nipote.
Sembra la trama di una fiction, dalla “Piovra” fino a “Palermo- Squadra Antimafia” ma purtroppo non lo è, perché di questa arretratezza culturale vive una ragazza in alcuni luoghi, senza voler ricavare stereotipi dove ci sono migliaia di genitori meravigliosi che si spaccano la schiena per mandare le figlie all’università. Ma la mentalità che dice che “una coltellata ci può stare…” è la stessa che dice anche che una scarica di botte è comunque qualcosa che si può accettare, ed è la stessa che suggerisce alle donne di consigliare alle figlie di restare a presidiare i matrimoni in cui prendono botte, perché la famiglia innanzitutto, la stessa che non ti spiega che tutto ciò non è normale e soprattutto non è amore.
Dopodiché una mentalità del genere ti obbliga perfino a sorbirti il paternalismo, quello di chi pare avere un’etica della violenza. Una sorta di deontologia “professionale”. Botte ci possono stare, coltellata forse, ma bruciarla viva giammai. E vorrei ricordare di quella donna sciolta nell’acido per volere del marito, che dimostra che dell’etica meridional/mafiosa non sappiamo proprio cosa farcene. Perché l’orrore non ha un’etica. Non c’è “onore”, tanto per usare un termine a loro caro, nell’ammazzare in generale, nel sopraffare, per imporre desiderio, possesso, l’esercizio della proprietà sui corpi.
C’è un’articolo su La Stampa che dice che in paese tutti sapevano, il ragazzo era stato anche denunciato, e lei ci si era rimessa assieme tante volte, il padre aveva tentato di impedire che la figlia lo vedesse. Perché l’aveva già picchiata, presa a pugni, la teneva in soggezione, la controllava a vista, la considerava di sua proprietà. Scrive La Stampa che per tutta risposta lei aveva fatto un viaggio assieme a lui, a Bologna, non credo sia stata costretta, ma so che in queste dinamiche quando c’è il mondo fuori che ti consiglia di troncare una storia quello che fai è ricavare complicità col tuo carnefice, amanti in gran segreto, a dispetto del mondo, poi lei, pian piano, ed è così che avviene, si era risvegliata dal torpore, aveva cominciato a dire no con convinzione, ed è lì che rischi la vita, quando avverti il distacco e non può che avvertirlo pure lui. Lì avviene che si sottovaluta il pericolo, che si ritiene che lui ami davvero te e non vedi invece che è incapace di amare, ed è il momento del distacco che mai bisognerebbe viversi in comune perché non è lui che ti autorizzerà mai ad andare, non ti darà mai la sua approvazione, non avverrà e ti farà male.. Ma a 16 anni non lo sai, non lo puoi sapere.
“Anche lui è un povera vittima, non è un mostro” dice la madre di Fabiana nell’articolo e le sue parole definiscono in pieno la dimensione claustrofobica in cui vivono.
Non sono io in grado di appurare se sia un mostro oppure no, ma quel che è certo è che si tratta di una persona, cresciuta e contaminata nel mezzo di una non-cultura che a suon di educazione, controcultura e raziocinio bisogna cambiare. Di certo la stampa dovrebbe fare un po’ di più che alimentare il pregiudizio e mettere in circolo mentalità orrende. Ovvero dovrebbe anche evitare di dare voce agli esseri più trogloditi del paese per mettere al muro tutto un luogo in cui sicuramente, come sempre accade, ci saranno differenze. Ma su quanto siano scandalistici e poco seri i media che parlano di fatti di cronaca basta accendere la tv.
E invece bisognerebbe evidenziare soprattutto i contesti in cui avvengono le aggressioni, le violenze che sempre più spesso diventano omicidi. Denunciare sempre, aiutarle a farlo prima che sia troppo tardi, certo, ma non nascondiamoci, la vera battaglia si combatte sulla trincea del maschilismo che alimenta la mano di killer e picchiatori .
E’ vero, non tutti i maschilisti lo sono. Certo è che tutti gli asssassini e molestatori di killer sono anche maschilisti. E quindi basta con questo stereotipo vecchio e ridicolo dell’«uomo forte», dell’«uomo superiore»: oltre che clamorosamente falso, è ridicolo, e pericoloso, molto pericoloso. La gelosia è un sentimento umano? Certo, anche la violenza lo è. Mica tutto quello che è umano va bene. Essere traditi o lasciati, litigare sono cose che non fanno piacere. Ma, scusate, perché le donne che uccidono i loro uomini in queste situazioni sono così poche e i maschi che lo fanno sono così tanti?
Queste sono solo le mie prime riflessioni a caldo, dettate dall’orrore, pensando a Fabiana, non ancora 16 anni.
La parola a voi.
Autore: Alexsandra Claudia | Visita il blog di Alexsandra!