La lezione di Wimbledon: da Federer a Grillo

La lezione di Wimbledon: da Federer a Grillo

03/07/2013 – Il tennis è uno sport molto più spietato del Movimento cinquestelle: uno non vale affatto uno
La lezione di Wimbledon: da Federer a Grillo

Tutti a casa. Al torneo più prestigioso del mondo, quello che si gioca sui prati verdi di Wimbledon, a Londra, la “casta” del tennis mondiale è stata azzerata senza scampo né timori reverenziali. I Roger Federer, i Rafael Nadal, divi globali della racchetta, sono stati eliminati come dei ferri vecchi qualsiasi. Allo stesso modo in cui sono state fatte fuori le colonnelle del gonnellino: Serena Williams, detentrice del titolo come Federer, e Maria Sharapova.

Una caduta degli dei che Beppe Grillo, grazie alla sua rodata tecnica di ritocco fotografico, potrebbe usare a suo vantaggio, sovrapponendo alle facce sudate di questi campioni in caduta libera, quella arcinota dei nostri politici sempre sulla cresta dell’onda: i D’Alema, i Veltroni, le Rosy Bindi e le Finocchiaro. Con a corredo il mantra del credo grillino: tutto passa, tranne loro.

Ma c’è che il tennis è uno sport molto più spietato del Movimento cinquestelle: uno non vale affatto uno. Il valore del singolo può variare dallo zero virgola di chi scrive al dieci più di John McEnroe. Ogni partita, poi, è una competizione a sé. E se un Djokovic ha le pile scariche, può perdere anche con il primo Vito Crimi che incontra. Anche se bisogna ammettere che quando si oscurano i campioni assoluti di uno sport – come sta succedendo adesso a Wimbledon – è bene guardare dentro ciò che avviene con più attenzione.

Sarebbe infatti facile concludere – e terrebbe il nostro gioco – che Federer e Nadal hanno fatto il loro tempo. Basterebbe sbandierare all’aria che tira di questi tempi la categoria politica per eccellenza – la rottamazione – per aggiudicarci con un servizio e una volée il match point. Ma non è così. Perché è vero che non ci sono uomini per tutte le stagioni: ma è altrettanto vero che ci sono stagioni e stagioni. Dopo un torneo, infatti, ne viene un altro. E dopo un’elezione, un’altra ancora.

Così è difficile immaginare che Federer, Nadal e Serena Williams si facciano abbattere dal tonfo che hanno fatto. Più probabilmente, ognuno di loro prenderà atto del lungo percorso che ha compiuto e rimetterà in discussione il proprio modo di giocare, studiando i nuovi punti deboli che sono venuti fuori con l’età e cercando le strategie per disinnescare le virtù degli altri. Per farla breve: si preparerà a tornare di nuovo in campo ai massimi livelli.

Ce la faranno? Lo vedremo. Il tennis è uno sport in cui si è soli in campo, e per vincere si può contare soltanto su se stessi e sulla propria capacità di ricrearsi. Stare sulle cime della politica non è poi tanto diverso. Ci sono i partiti, certo, comunità di idee e di destino. Ma rimanere a dirigere la ditta richiede delle innegabili capacità personali. Un talento individuale che nemmeno i filosofi sono mai riusciti a identificare precisamente, tanto da rifugiarsi in una definizione esoterica come quella de «l’arte della politica».

Ovvio: bisogna essere in grado di reinventarsi sempre. E siamo certi che Federer e Nadal saranno ancora in grado di farlo. Chissà i D’Alema e i Veltroni. Uomini di mondo, che leggono e studiano tanto. Ma forse non guardano abbastanza Wimbledon. Ci permettiamo allora un consiglio non richiesto. Accendete la tv: c’è una lezione che viene da Londra.
Una rottamazione non è per sempre.

Autore: Nicola Mirenzi | Fonte: Europaquotidiano.it

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