18/07/2013 – In questi giorni lavorando molto da casa la tv è spesso accesa sui dibattiti parlamentari e non avete idea di che spettacolo possa essere, se solo ci si astrae dai contenuti (spesso inesistenti) e si focalizza sulla “Comedie Humaine” che va quotidianamente in atto.
Cominciando dalle presidenze. Laura Boldrini è certo una persona specchiata, tanto buona con i bambini sfortunati e tanto aperta ai mali del Mondo ma – poverina – è di una noia mortale. Ha una voce monocorde, leggermente nasale, sempre un po’ bassa. Nelle prime settimane – forse per rendersi simpatica – faceva la recensione agli interventi: “complimenti per il suo appassionato contributo” o “collega deputato, è stato molto chiaro”… Insomma, un po’ maestrina, ma in fondo più piacevole della presidenza Fini, sempre così rancoroso, cupo e annoiato.
Oltre alla Boldrini, la Camera viene presieduta dai vicepresidenti. Il più bravo è di certo Roberto Giachetti, del PD. Ha l’aria del bravo ragazzo scanzonato (presiede senza cravatta, imperdonabile), ma conosce a menadito i regolamenti, essendo stato segretario d’aula e – soprattutto – essendo cresciuto alla scuola radicale, dove c’è lunga tradizione di studio tignoso delle procedure e delle prassi parlamentari, essenzialmente per cercare di aggirarle. E così presiede con piglio deciso, spiccio, civile ma fermo. E’ un vigile urbano che nel mezzo della rotatoria, con ampi gesti delle mani guantate di bianco, riesce a gestire gli ingorghi senza scomporsi, fischiando poco e mettendo soggezione con uno sguardo, un sopracciglio appena.
Poi ci sono le giornate in cui presiede la piddina Marina Sereni, nasino all’insù, pettinatura a metà tra Mirelle Mathieu e Rosa Fumetto, tante belle pashmine attorno al collo e matitina in mano. La povera Sereni è una confusionaria. Rovescia l’acqua. Perde i fogli. Confonde i nomi. Non conosce i regolamenti. E cerca di governare un’aula spesso turbolenta con un vocino petulante, riuscendoci solo a tratti… E’ una supplente poco ascoltata, costantemente assistita dal personale della Camera che la supporta in ogni frase. Una passante ignara, ma cortese.
Infine alla Camera presiede abbastanza spesso Luigi Di Maio, bimbo prodigio del M5S. Caruccio più che bello, sempre in abito blu, camicia bianca e cravatta in tinta, perfettamente sbarbato e pettinato, pare il genero che tutte le madri sognano per la figlia. Che possa interessare le figlie invece, temo che la cosa sia un po’ dura… E’ infatti sempre un po’ triste, serioso, ingessato, prigioniero di un ruolo che – a 26 anni – non è neppure opportuno ricoprire. Devo dire che se la cava in modo decoroso. Ha avuto un avvio incerto, fa ancora fatica a essere severo con gli altri compagni d’asilo del MoVimento, ma insomma, pur non essendo autorevole come Nilde Jotti, presiede bene nelle giornate di bonaccia. Però non è ancora un “uomo delle Istituzioni” una “riserva della Repubblica”, come questo video di pochi giorni fa testimonia.
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Sta presiedendo la Boldrini, crocchia e occhialetti alla Rottenmeier (anzi, all’indimenticabile “signorina Carlo” di Anna Marchesini…) e i deputati del M5S stanno facendo casino. La Boldrini non sa riportare la calma e si appella al vice Di Maio per averne collaborazione, richiamandosi al lavoro comune e alla responsabilità di membro dell’ufficio di preferenza. “Oggi presiede lei non io!” Risponde il moccioso intento a piacere al “gruppo dei bulli”. Pessima risposta, signor Vicepresidente… Se accetta gli onori, sopporti gli oneri!
Spostandosi alla Camera Alta, al Senato della Repubblica, eccoci nel regno di Pietro Grasso. Come la Boldrini, anche Grasso è un “miracolato”. Se il PD non avesse perso le elezioni, nessuno dei due sarebbe ora seduto su poltrone tanto comode, ma insomma è andata così, entrambi accendano un cero a San Pierluigi Martire e ringrazino la buonasorte. Lo stile di presidenza di Grasso è da verbale di polizia. Non sorride, incalza, è severo, non demorde, non fa sconti (ha tolto la parola di malagrazia anche a Emilio Colombo, 92enne ex Costituente, reo di aver parlato 70″ invece di 60…). Non ha delicatezza o garbo istituzionale, garantisce l’ordine con il manganello del regolamento, che si abbatte a destra e sinistra. Più a sinistra.
I suoi vice sono luci e ombre. I più bravi sono – per ragioni diverse – Linda Lanzillotta e Roberto Calderoli. La Lanzillotta ha la tranquillità e la sicurezza di chi fa parte della Casta fin da bambina: a 20 anni giocava a fare la maoista nei cortei (si usava così, era il ’68), ma a 22 era già funzionaria al ministero del Bilancio e poi via tutta una lunga carriera da grand commis dentro le istituzioni romane, raggiungendo l’apice del successo nel 2000, segretario generale alla presidenza del Consiglio. Era il governo Amato e suo marito era ministro. Così, tanto per dire… E volete che una donna di tal tempra non sappia presiedere una assemblea tutto sommato rispettabile come il Senato? ma certamente. E infatti, se la cava benissimo. Senza coinvolgimenti, senza pathos, senza frizzi o lazzi, manda avanti il trantran con grande efficienza e chiarezza, come la direttrice di un collegio femminile svizzero, quello dove studiano le principesse e le figlie dei ricchi cumenda brianzoli.
Lo stile Calderoli è invece totalmente diverso. E’ in Parlamento da 7 legislature (i leghisti non amano il rinnovamento), ha fatto il vicepresidente per 6 anni e con 3 presidenti diversi, è greve, animalesco, triviale ma dannatamente intelligente, vuoi che non abbia imparato a presiedere? e così – quando fa il senatore di opposizione – i suoi interventi procedurali di stampo ostruzionistico sono puntualissimi e straordinariamente perfidi, mentre quando presiede è un modello di intelligenza politica, equilibrio, rispetto delle esigenze di tutti e capacità di stemperare le tensioni. Un maestro. Poi si toglie la giacca di buon taglio, mette la polo verde e corre nel varesotto dove è in corso una gara di peti tra militanti del suo partito e spara la cazzata sull’orango. Questo è Calderoli.
Infine, ci sono gli altri due vice sui quali c’è poco da dire: Maurizio Gasparri è un Calderoli senza intelligenza politica e capacità di sdoppiamento mentre la piddina Valeria Fedeli è un po’ la sfortunata del gruppo. Diventata vicepresidente al suo primo giorno da parlamentare (nello stile bersaniano del chi non sa, vada a fare) presiede poco, non le danno molto da fare. Forse perché avendo fatto in tutta la vita solo la sindacalista del pubblico impiego, non ha mai lavorato un giorno e quindi potrebbe stancarsi. Ha un grande cesto di capelli rossi (con un piccolo aiutino da parte del tintore del Senato) e bigiotteria etnica vistosa. Altro, non so…
Dovrei poi parlare della massa… Ma come fare? Il post è già troppo lungo, pertanto accontentatevi di brevi cenni… E quindi, vai con le tipologie:
1. Il burokrate. Il burokrate è del PD. Quasi sempre bersaniano (primarie un po’ taroccatucce quelle dei parlamentari, eh?), sempre presente in aula (per paura che qualcuno gli soffi lo scranno, nel PD si vive così…) ha normalmente un abito da becchino e la pancia a botte. Parla di cose noiose e si anima citando Alti Principi e Valori Costituzionali solo quando si sta discutendo dei tagli al finanziamento pubblico… Talvolta non sono bolsi fisicamente, come il “giovane vecchio” Roberto Speranza. Ma sono bolsi dentro, il che è pure peggio.
2. Il tecnolettiano. I tecnolettiani sono nati tutti in un allevamento, nutriti con cibo ogm, sono tutti da sempre di età compresa tra i 40 e i 47 (non invecchiano e non ringiovaniscono), sono tristi, grigi, parlano tanto di economia, non hanno mai guizzi e idee e si animano solo quando devono difendere il governo, allora si commuovono e quando pronunciano la frase “questo governo non ha alternative” si ingroppano un po’ e una lacrima scende, lenta lenta lenta.. Francesco Boccia e Francesco Russo sono il modello perfetto…
3. La radical-chic. E’ una parlamentare del PD. Capelli alla rinfusa, monili vistosi, borse colorate, giacche fintopovero, occhialetti al collo come il Bertinotti che tutti amavamo. Si agita, prende parte, interviente, briga, molla. Danno ordini ai maschi mollaccioni. Sono brave, stronzette ma brave.
4. La lesbo-chic. Questa invece è del PDL. Look erotico e vagamente mascolino, lineamenti duri, qualche scelta azzardata, pronta alla rissa, come ogni brava bulla che si rispetti. Le maitresse à penser di questo modello sono Daniela Santanché (purtroppo non eletta vicepresidente alla Camera, dove avrebbe degnamente sostituito nell’immaginario l’immortale Rosi Mauro) e Paola Pelino, la “signorina Silvani” del PDL, insostituibile Madre della Patria al Senato.
5. Working-girl. Figura trasversale, ma più PDL. E’ la donna “che non deve chiedere mai”, look damanager in carriera, tipo Sigourney Weaver nell’omonimo film-culto degli anni ’80 (banale e prevedibile, mito per gli yuppies di allora). Vestono in grigio, sono un po’ il corrispondente femminile dei lettiani nel Pd, qualche azzardo solo per gli occhiali, che magari non servono, ma fanno autorevole. Tendenza Maria Stella Gelmini.
6. Gli ultimi samurai. Sono i nostalgici del Regno di Berlusconi. Difendono a spada tratta il governo, dove fanno quel cavolo che gli pare, destabilizzandolo di continuo (e costringendo i vari tecnolettiani di turno a dichiarare che “non c’è alternativa a questo governo”). Si vede che gli rode non essere più quelli che fanno il bello e il cattivo tempo e si impuntano in minuzie di stile e procedura. Come accadeva nella minuscola corte di Bonaparte in esilio a Sant’Elena, dove si litigava costantemente per il rispetto delle precedenze e del protocollo di corte… L’aitante Renato Brunetta è il simbolo di tutto ciò.
7. I braviragazzidelMoVimento. Sono i trojan e gli spyware usciti dal PC di Beppegrillo. Pure loro un po’ clonati, come i tecnolettiani. Sono giovani, spesso, carini, non si fanno mai la barba (confondono il rinnovamento con la sciatteria, poveri cari…). Se si vestono “bene” hanno un look più da discoteca che da istituzione parlamentare (Vittorio Ferraresi, già in Commissione Giustizia senza avere ancora la laurea in Giurisprudenza: ama le giacche color avorio da portare con luminose camicie fucsia. Talvolta ha il gel per tenere a posto il ciuffo). Sono straordinariamente petulanti e ogni volta che prendono la parola parlano “da opposizione”, anche se stanno votando a favore. Credono di essere stati eletti per drigrignare i denti, come i carlini. E lo fanno, ma non spaventano nessuno. Il più tronfio? Andrea Colletti, che ti vien voglia di dargli torto anche quando ha ragione…
e i contenuti? beh… ci sono molti onesti parlamentari che sobriamente, compostamente, fanno un buon lavoro, talvolta ottimo. E poi ci sono i Giganti, i Padri della Patria. Come Antonio Razzi…
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