09/04/2014 – Nella Prima Repubblica c’erano meno partiti nell’agone politico, e ognuno aveva un simbolo, storico, che al netto di lievi cambiamenti, rimaneva lo stesso per molto tempo: questo permetteva agli elettori di riconoscere dove indirizzare il proprio voto nelle diverse tornate elettorali.
La Democrazia Cristiana (DC) era rappresentata da un cerchio azzurro con al proprio interno uno scudo bianco, crociato rosso, con scritto “Libertas” e appena sotto alla figura il nome del partito.
Il Partito Comunista Italiano (PCI) recava due bandiere sovrapposte – la prima rossa con stella, falce e martello, e la seconda, di cui appena si scorgeva il tricolore in basso, con i colori italiani – con l’acronimo, intervallato dai punti, nella parte bassa del tondo.
Il Partito Socialista Italiano (PSI) è forse quello che ha cambiato più loghi, conferendo al simbolo anche risvolti ideologici poi mutati nel tempo: al sole nascente sullo sfondo, con il libro aperto dove apparivano falce e martello e il nome del partito scritto a semicerchio, subentrò il garofano rosso che a partire dagli anni Ottanta ne contraddistinse il segno.
Il medesimo discorso si può ripetere poi per la bandiera tricolore del Partito Liberale Italiano (PLI), l’edera di quello Repubblicano (PRI), la fiamma con i colori nazionali del Movimento Sociale (MSI) e il sole nascente del Partito Socialista Democratico Italiano (PSDI).
E se nella cosiddetta Seconda Repubblica i contrassegni si sono molte volte dovuti adattare alle contingenze del momento, con la modifica dei marchi per diverse elezioni che hanno visto l’inserimento dei nomi di candidati o l’aggiunta di elementi a seguito di accordi elettorali, quello che accade ora arricchisce ancor di più le già fluide dinamiche.
Giusto a proposito delle elezioni europee, sono stati da poco depositati presso il Viminale i contrassegni che compariranno sulle schede elettorali del 25 maggio p.v. e ciò che più stupisce è quanto, rispetto al passato meno recente, ma anche a quello più prossimo, il simbolo di partito abbia del tutto perso valore.
Le compagini partitiche sembrano infatti non ritenere più la propria rappresentazione simbolica così rilevante ai fini dei risultati elettorali e non temono, non hanno paura, di continuare a modificare il proprio logo o nome creando una potenziale confusione nell’elettorato, che reputano probabilmente poco attento ai continui smottamenti che li riguardano.
Fratelli d’Italia, ad esempio, è un movimento nato nel 2013 chiamandosi Fratelli d’Italia – Centrodestra Nazionale, salvo poi divenire, a seguito del criticato voto dell’Assemblea della Fondazione An, Fratelli d’Italia – Alleanza Nazionale: il simbolo che è comparso nelle scorse elezioni politiche è mutato a favore di un logo che al proprio interno riproduce il vecchio segno di An, scelta deliberata attraverso delle consultazioni primarie tra i militanti, e che ha visto concludersi, per ora, il proprio iter con l’aggiunta, in giallo come quando il cognome era quello di Fini, il nome della leader Giorgia Meloni per le Europee 2014.
L’Unione di Centro di Casini recentemente aveva presentato il contrassegno con cui avrebbe partecipato alle elezioni insieme ai Popolari per l’Italia di Mario Mauro (che nati da una scissione dalla montiana Scelta Civica, hanno ora un simbolo tutto loro) salvo poi, pochi giorni dopo, presentare il logo “definitivo” frutto del cartello elettorale con il Nuovo Centrodestra di Angelino Alfano. Il Ncd aveva creato mesi fa il proprio contrassegno quadrato (ne avevo parlato qui) per poi modificarlo due volte (Gabriele Maestri ne aveva invece scrittoqui) prima di arrivare al logo che annovera il nome del leader Alfano al proprio interno e che è riprodotto quasi per intero nel marchio che vede invece presente il solo Scudo Crociato con le sigle di Ppe e Udc per la compagina popolare di Casini-Mauro.
Terzo caso emblematico è quello del fronte liberale: per una cronistoria delle evoluzionirimando agli articoli che Formiche ha dedicato al tema, ma al netto del fatto che Scelta Civica, Fare per fermare il declino e il Centro Democratico di Tabacci (più altre compagini minori.ndr) faranno infine parte della stessa lista a supporto del candidato Alde, Guy Verhofstadt, la confusione creata non è da poco. Il logo definitivo, che consta di ben tre scritte – Alleanza Liberali Democratici Europei, Scelta Europea e il nome dell’ex Primo ministro belga per l’appunto – e i tre simboli dei principali partiti al suo interno, nella prima versione vedeva il simbolo Alde al posto di quello di Sc, con la compagine del ministro Giannini che ne aveva presentato uno proprio, molto simile a quello comparso per la prima volta alle scorse Politiche, e con qualche elemento di richiamo europeo in più.
Sicuramente tutti questi passaggi, causati in gran parte dalla consapevolezza che difficilmente i diversi partiti citati potrebbero superare da soli la soglia di sbarramento del Parlamento Europeo, sono seguiti con attenzione da poche persone all’infuori degli addetti ai lavori, ma siamo sicuri che l’incidenza su disaffezione e confusione nell’elettorato sia davvero di così poca rilevanza?
Autore: Niccolò Bertorelle | Fonte: panepolitica.it