03/10/2014 – Considero il “referendum” (anzi, il plebiscito per rispettare il claudicante lessico degli organizzatori, convinti – poverini – che i due termini siano sinonimi) per la secessione friulana una fesseria indegna di un popolo serio e con un forte senso del ridicolo come il nostro. Però la storia è piena di vicende cominciate come commedie e finite come tragedie e quindi, una riflessione si impone.
La prima cosa che tengo a dire è che Il Messaggero Veneto sbaglia a trattare tutta questa vicenda come se fosse una cosa seria. Il blog del direttore afferma che “la consultazione online per l’indipendenza del Friuli è partita. Il popolo friulano avrà 30 giorni di tempo per indicare il proprio futuro”, frase fasulla dal momento che questa pantomima non ha alcun valore giuridico o formale, quindi “il popolo friulano” non deciderà un bel nulla, neppure se dovesse votare in massa. Poi all’interno del giornale si descrivono le procedure di voto con tanto di schemi e figure, quasi a voler far credere che tutto questo abbia un senso reale. Perché? Non lo so, ma non mi pare del tutto opportuno. E quindi, passo a formulare alcune (retoriche) domande, come se discutessimo di una cosa vera…
- Sulla regolarità della consultazione. Esiste un processo negoziale tra l’ipotetica “Repubblica Friulana” e la Repubblica Italiana? E se si, stipulato da chi e su quali basi? Perché la consultazione avviene solo online, considerando che questo esclude chi non ha accesso a una connessione internet o – magari – manca delle necessarie competenze informatiche? Non si ritiene questa una forma di discriminazione tra potenziali elettori? Esiste un’autorità terza e neutrale che sovrintende al processo elettorale garantendone regolarità e neutralità o tutto viene demandato alla “fiducia” negli organizzatori, al tempo stesso arbitri e giocatori? E da quando in qua una competizione rimane aperta per un mese intero? Quando si votò in Quebec o Scozia le urne rimasero aperte poche ore, non 30 giorni…
- Sugli esiti. Il corpo elettorale immagino corrisponda ai futuri cittadini dell’ipotetica Repubblica Friulana. Stando al sito, “possono votare solo coloro che hanno origine nei territori del Friuli storico”. Che significa “hanno origine”. Che ci sono nati? (quindi vale lo ius soli) o che discendono da friulani (quindi lo ius sanguinis). E chi è nato qua da genitori di altra regione ma che considera il Friuli casa propria, verrà privato dei diritti politici e sociali? E chi, come me, si considera un leale suddito della Repubblica Italiana e ne è pure orgoglioso che farà? Dovrà espatriare? E dove, visto che questa è la mia terra? Il “Friuli Storico” tocca anche la Slovenia, quindi ci saranno rivendicazioni a carattere anche militare di terre oltreconfine? Infine, la descrizione di un prossimo Friuli/Bengodi ricco, moderno, innovativo trascura un fatto: chi pagherebbe, ad esempio, le pensioni INPS dal mese prossimo? Con quali soldi?
- L’elezione del Parlamento. Pare che si voti anche per un presunto “parlamento” ma i candidati sono una decina, nessuno dei quali – ad occhio e croce – sembra essere la reincarnazione di Thomas Jefferson o di Nelson Mandela. Noto però che non esiste una competizione articolata in partiti politici, quindi questa fantomatica “Repubblica del Friuli” sarebbe a partito unico? Come la Corea del Nord? E la Costituzione chi la scriverebbe? Quei 10 signori lì?
A tutte queste domande anche il più scarso tra i miei studenti di Diritto Costituzionale Comparato saprebbe dare una risposta di buon senso. Sul fatto che possano darla gli organizzatori di questa carnevalata a tinte eversive, francamente ne dubito…
Autore: Marco Cucchini