Renzi e la politica degli hashtag

Renzi e la politica degli hashtag

24/07/2014 – Da #mentreloro a #ciaogufi usati contro i critici e detrattori a #lavoltabuona. Matteo su Twitter.

Un tempo erano gli slogan a dominare l’agone politico. Frasi a effetto ripetute come mantra, stampate sui manifesti, ribattute mille volte sui volantini. Gridate ai comizi.
Tempi andati: nell’era di internet, con la svolta giovanilistica impostata dal premier Matteo Renzi, la politica si fa a colpi di hashtag.
GRILLO L’APRIPISTA. Se Beppe Grillo è stato il primo a capire le potenzialità della Rete per la sua politica urlata, è segretario del Pd ad averla trascinata nei social network.
Da  #lavoltabuona a #mentreloro, attraverso gli hashtag è possibile ripercorrere pensieri e azioni della scalata renziana.

#mentreloro contro l’ostruzionismo alle riforme

L’ultimo a partire dall’account Twitter è stato proprio #mentreloro, offensiva all’ostruzionismo soprattutto del Movimento 5 stelle con cui i rapporti sono tesissimi a causa del tira e molla al tavolo delle riforme.
«#mentreloro fanno ostruzionismo per provare a bloccare il cambiamento, noi ci occupiamo di posti di lavoro», ha twittato il premier. E anche «Al lavoro sul programma dei #millegiormi: infrastrutture, export, fisco, giustizia, lavoro, ict #lavoltabuona #mentreloro». Il messaggio è chiaro, diretto: esattamente quello che vuole Renzi.

Da #cambiaverso al tormentone #staisereno

L'ex presidente del Consiglio Enrico Letta.

#Mentreloro è solo l’ultimo hashtag. In principio fu #cambiaverso, etichetta ufficiale della campagna di Renzi nelle primarie vinte per la segreteria del Pd: è una delle parole chiave del manifesto del renzismo, usata frequentemente per sottolineare la novità della politica del premier.
E poi come dimenticare #Enricostaisereno. Era il 17 gennaio ed Enrico Letta aveva ben poco da star tranquillo. «Vai avanti, fai le cose che devi fare. Io mi fido di Letta, è lui che non si fida. Non sto facendo manfrine per togliergli il posto», disse il segretario Pd ospite a La7. La storia ha dato ragione a Letta, che faceva bene a non fidarsi, visto che nemmeno un mese dopo era fuori da Palazzo Chigi.
E #staisereno è diventato ormai uno sfottò universale, accompagnato in genere dagli scongiuri del destinatario.

#Proviamoci e #lavoltabuona: le presentazioni dei programmi

Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e il premier Matteo Renzi.

(© GettyImages) Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e il premier Matteo Renzi.

Letta è andato a casa il 13 febbraio, e lo stesso giorno Renzi ha coniato un’altra parola chiave. «Un Paese semplice e coraggioso #proviamoci», twittava il segretario Pd in una tesissima direzione del partito. L’occasione per provarci è arrivata pochi giorni dopo, il 17 febbraio, quando l’ex sindaco fiorentino ricevette l’incarico da Napolitano di formare il nuovo governo.

QUELL’ARRIVO ARRIVO. «Con tutta l’energia e il coraggio che abbiamo #lavoltabuona», prometteva, coniando l’hashtag che più di tutti è stato utilizzato dall’inizio della sua avventura alla guida del Paese, compreso quel tweet «Arrivo, arrivo #lavoltabuona», postato mentre era al Quirinale per la composizione della squadra di governo.
A volte, comunque, la volta buona è diventata #lasvoltabuona, per dare ancora maggior enfasi al #cambiaverso renziano: il premier l’ha usato soprattutto per presentare i suoi progetti di riforma.

#Inpiazza e #unoperuno: la chiamata alle armi per i militanti

Matteo Renzi durante il suo discorso a piazza del Popolo a Roma.

L’hashtag per le elezioni Europee, vinte con lo straordinario risultato del 40,8%, gli è invece costato qualche risatina, visto che #senzapaura era già da tempo lo slogan di Fratelli D’Italia, la formazione politica di destra guidata da Giorgia Meloni.
«L’ITALIA RIPARTE». Un piccolo lapsus, una mancanza di originalità che il re degli hashtag ha superato con messaggi tipo #italiariparte, usato molto spesso a maggio in relazione allo Sblocca Italia, sui progetti di riforma Rai, in occasione della visita a Scampia e Secondigliano e pure nei giorni dell’accordo Electrolux.
Molto spesso nei tweet è stato affiancato a #inpiazza, hashtag del tour elettorale. Ma la chiamata alle armi per i militanti Pd è «#unoperuno chiama ognuno di noi a cercare di convincere un amico, un vicino, un parente che andare a votare e votare per il Pd è decisivo».
IL MATTEO RISPONDE IN RETE. Uno dei grandi valori della comunicazione su Twitter è la bidirezionalità, l’interazione con i follower-cittadini-elettori. Non è una novità, ma Renzi ne ha approfittato e sulla scia di quanto fatto da altri leader mondiali – ci provò pure Monti – si è sottoposto a quale sessione di #matteorisponde.

#amicigufi e #pochechiacchiere: le stoccate agli avversari

La slide sugli 80 euro presentata da Matteo Renzi.

La slide sugli 80 euro presentata da Matteo Renzi.

Un compendio del renzismo è il tweet del 9 aprile: «Il #def mantiene tutti gli impegni che ci eravamo presi #allafacciadeigufi Inizia a pagare chi non ha mai pagato. Si #CambiaVerso #80euro», in cui il premier se la prese per la prima volta con quelli che poi, scherzosamente, continuerà a chiamare #amicigufi. Negli stessi giorni lanciò pure il tormentone degli #80euro, tema che ha dominato il dibattito nella campagna elettorale per le Europee.
IL TORMENTONE DEGLI 80 EURO.«Dicevano che era una televendita. Poi che non c’erano le coperture. Poi le coperture sì, ma non quelle. #Amicigufi ma aspettare venerdì no?», twittava il premier prima che gli 80 euro di sgravi fiscali arrivassero effettivamente in busta paga come confermato all’#oraics, quella in cui fu finalmente presentato il decreto e le relative coperture economiche.
«Sulle riforme ci siamo, 80 euro ok, l’Irap va giù, pronti i soldi sulle scuole. Mercoledì Pa. Con un pensiero affettuoso agli #amicigufi», si prendeva così la libertà di twittare a fine aprile, e più volte negli ultimi mesi.
Con i detrattori e gli avversari Renzi non ci è mai andato giù per il sottile. Lo dimostra il commento alla trattativa con i pentastellati: «Io sono un ebetino, dice Beppe, ma almeno voi avete capito quali sono gli 8 punti su cui #M5s è pronto a votare con noi? #pochechiacchiere», fino ad arrivare al più ostile #mentreloro, che segna la rinnovata distanza tra Pd e grillini.

Da #100giorni a #1000giorni: i timing dell’azione di governo

Che dire poi sulle tempistriche dell’azione di governo? Dai 100 giorni – celebrati con conferenza stampa e slide sui primi risultati ottenuti – il premier è passato ai #1000giorni, nuovo timing per realizzare la rivoluzione renziana: c’è da scommettere che il premier sia già al lavoro sul prossimo hashtag.

Autore: Antonella Scutiero | Fonte: lettera.it

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