05/06/2014 – Questi mesi di campagna elettorale sono cominciati con un libro-manifesto “siamo in guerra” e simbolicamente si sono conclusi con un altro libro “vinciamo noi“. E come per il futuristico video Gaia di Casaleggio, entrambe le tesi sembrano smentite dai fatti. I toni da guerra della comunicazione di Grillo si sono rivelati un boomerang in un paese che ha voglia di ripartire e costruire, e stanco di demolitori che non hanno offerto alcuna proposta o soluzione ad una crisi profonda, non solo economica. Quella guerra annunciata da Grillo ha perso oltre 3 milioni di seguaci. Il “vinciamo noi” tanto simile a “vincere e vinceremo” si è trasformato in una difficilmente mascherabile sconfitta: piena, certa, complessiva, geograficamente e socialmente e anagraficamente omogenea.
In questi mesi i giornalisti sono stati definiti pennivendoli, venduti, bugiardi e la stampa, nel suo complesso, “macchina del fango”. Nulla di nuovo, anche qui un classico della vecchia politica, con toni più violenti, per cui chiunque dissente, o semplicemente propone diverse chiavi di lettura e interpretazione, è necessariamente al soldo di qualcun altro: nel partito in cui se dissenti vieni espulso è inammissibile che vi siano motivazioni sane per il dissenso: devi necessariamente essere un diffamatore al soldo del nemico. Non c’è altra soluzione.
Eppure a rileggere i quesiti, i dubbi, le riflessioni di gran parte di coloro che sono finiti nel tritacarne dei “giornalisti del giorno”, pronti per il “processo di piazza” annunciato in campagna elettorale in caso di vittoria (marcia su Roma inclusa) molte di quelle riflessioni appaiono più che “macchina del fango” quasi una veggente “macchina della verità”.
Grillo ha ripetuto che quei “boia chi molla”, quel richiamo alla “peste rossa”, avevano “altre accezioni” e non erano riferimenti della peggiore destra della storia, e finanche quei riferimenti a Hitler, quelli contro gli immigrati, quegli innumerevoli attacchi sessisti verso le parlamentari di altri partiti, quel richiamo di becero livello ad Auschwitz, infondo, erano “battute di un comico” che la “stampa malpensante” ha “volutamente distorto”. Insomma, frainteso anche lui.
Forse quella macchina del fango lo era solo perché diceva la verità. Una verità scomoda, tesa a spiegare alle persone che certe scelte politiche, certe frasi, certe parole d’ordine, avevano un esito ed uno soltanto. Una verità che Grillo non poteva dire, perché consapevole che avrebbe ottenuto “percentuali da prefisso telefonico”.Ricordate a proposito dell’abolizione del reato di immigrazione clandestina? Lui ammise che era stato un errore, e che non andava nemmeno proposto nel programma; ne fecero le spese alcuni senatori.
Grillo negò la tourneé a pagamento l’estate scorsa, e i suoi si affrettarono a dire che era fantascienza, eppure nove mesi dopo questa “balla della stampa asservita e finanziata dai partiti nemici” si è rivelata vera. Così come Grillo ha sempre negato che sarebbe tornato in televisione, fantascienza il “simbolo del male” Vespa e il suo Porta a Porta, quarta camera del potere partitocratico. A sua difesa il sommo sacrificio del leader, che lo fa controvoglia per il bene del movimento. Nel mentre, chiunque altro, espulso. È storia.
Impensabile anche solo chiedere con chi si alleerà il Movimento in Europa. Anche quando fai semplicemente notare che per esclusione di possibili alleati ne resta solo uno. Le repliche sono state le più fantasiose… eppure nel contrattino che Grillo e Casaleggio hanno imposto ai loro era ben scritto che “sceglie Grillo”. Inutile chiedere prima. Inutile parlare di “consultazioni online”. Eppure sarebbe un diritto per l’elettore sapere prima di votare con chi ti alleerai.
Mai con l’estrema destra disse. E come la macchina del fango aveva visto e previsto, ecco che lo scenario è esattamente quello delineato: stesso gruppo con chi dice che le donne sono inferiori agli uomini e quindi è giusto che guadagnino meno. Non solo. Visto e previsto anche che in Europa il M5S non farà assolutamente nulla di costruttivo. Unico obiettivo “causare un sacco di danni a Bruxelles”, e non lo dice la macchina del fango, ma Farage, il nuovo alleato.
Quello che resta dell’idea di trasparenza, di decisioni condivise, di democrazia della rete, di fronte a queste menzogne ripetute e reiterate per mesi per non dire la verità che avrebbe fatto perdere voti, è poco meno del nulla. Più che una democrazia della rete una scena virtuale utile solo a tenere in piedi ciò che resta della maschera di un movimento, ai cui elettori e attivisti in buona fede la macchina del fango ha sempre detto la verità, e cercato di aprire gli occhi.
Forse a Grillo e Casaleggio è proprio questo che ha dato tanto fastidio. E forse questa sconfitta, come quasi sempre nella storia della democrazia, può essere l’occasione di ripensare ciò che sono stati questi mesi, in cui appare chiarissimo chi ha mentito a chi. Sulle sue intenzioni, sulle sue posizioni politiche, sulle scelte da fare.
Quanto avrebbe raccolto Grillo se avesse detto la verità? Se avesse detto che era a favore del reato di immigrazione clandestina? Se avesse detto che non era solo un megafono, ma padrone e capo politico? Se avesse detto con chiarezza con chi sarebbe andato in Europa?
Oggi, senza più alibi, attivisti e eletti del M5S devono fare le proprie scelte di campo e di coscienza, senza più alcun alibi e senza nascondersi dietro concetti come “oltre la destra e la sinistra”. Anche in questo caso questa apparente modernità si scontra con chi la storia la ricorda, e le assonanze stridono terribilmente. “Nè usa né urss: terza posizione” è la stridente sintesi che segnò un’epoca buia: i giovani reclutati erano figli di chi millantava pacifismo, gridava al complottismo, inneggiava alla rivoluzione contro i partiti corrotti e oltre la destra e la sinistra.
Poi chiamatela macchina del fango, e i giornalisti pennivendoli, ora come allora, ma talvolta il rischio è di chiamare fango la verità, e cedere al richiamo degli specchietti per le allodole.
Autore: Michele Di Salvo | Fonte: huffingtonpost.it