In principio fu il Tatarellum. Prima della modifica della Costituzione del ’99, lo ricordiamo, vigeva il cosiddetto ‘Tatarellum’, un sistema elettorale approvato nel 1995 e valido per tutte le Regioni (comprese quelle a statuto speciale), che ebbe come relatore il deputato di Alleanza Nazionale Pinuccio Tatarella e fu ideato per imprimere una svolta in senso maggioritario e presidenziale al sistema di governo regionale del Paese. Esaminiamo, allora, una per una le leggi elettorali delle regioni impegnate in questa tornata di primavera.
VENETO: limite di due mandati, ma dal 2025. Il 27 gennaio 2015 l’attuale presidente della Regione Veneto Luca Zaia ha promulgato la nuova legge elettorale regionale, che modifica la precedente normativa del gennaio 2012. Il nuovo sistema prevede alcune novità: anzitutto l’impianto maggioritario del Tatarellum viene smantellato tornando a uno di tipo proporzionale, con la conseguente cancellazione del listino regionale e l’introduzione delle preferenze. Alla coalizione collegata al presidente eletto vengono attribuiti il 60 per cento dei seggi se ha ottenuto almeno il 50 per cento dei voti validi. La percentuale di consiglieri attribuiti scende al 57,5 e al 55 se, rispettivamente, si è superato o non si è raggiunto il 40 per cento dei voti validi.
Gli scranni si riducono da 60 a 49 più il presidente eletto e il candidato presidente arrivato secondo. Il presidente, gli assessori e i consiglieri possono esercitare le proprie funzioni fino a un limite di due mandati, ma tale meccanismo scatterà solo a partire dal 2025, salvando così 27 consiglieri uscenti che, in caso di retroattività della norma, non avrebbero potuto più ricandidarsi.
Le liste avranno il 50% di presenza femminile, ma non è stata introdotta la doppia preferenza di genere richiesta in un emendamento del Pd. Previste la possibilità di voto disgiunto (ossia a un candidato presidente e a un partito non collegato a quel candidato). Le circoscrizioni provinciali, così come le soglie di sbarramento, restano invariate (al 5 per cento, che viene meno qualora la coalizione sia composta da almeno un gruppo di liste che ha superato il 3 per cento dei voti validi espressi a favore delle liste).
LIGURIA: ancora Tatarellum. Il consiglio regionale non è ancora riuscito ad approvare un proprio sistema di voto, perciò la Liguria è l’unica fra le sette ad andare alle urne con il vecchio Tatarellum. L’80 per cento dei seggi viene assegnato su base proporzionale ed è ripartito tra liste provinciali, mentre il restante 20 con il cosiddetto listino bloccato collegato al candidato presidente, in modo da garantirgli la maggioranza in consiglio. Se però la coalizione raggiunge o supera il 50 per cento dei rappresentanti già con le liste provinciali, dal listino verranno eletti soltanto 3 consiglieri, vale a dire il 10 per cento dell’assemblea, composta da trenta consiglieri più il presidente della giunta.
Le soglie di sbarramento sono al 3 per cento per le liste provinciali, a meno che non siano collegate ad una lista regionale che abbia superato il 5 per cento. C’è la possibilità di esprimere voto disgiunto e una preferenza, mentre le quote rosa non sono previste.
TOSCANA: arriva il ‘Toscanellum’. All’alba dell’11 settembre 2014 il consiglio regionale della Toscana ha varato la sua nuova legge elettorale, soprannominata ‘Toscanellum’, un epiteto che evidenzia i punti in comune con l’Italicum prima versione (e infatti c’è chi lo ha definito un “Italicum in piccolo”).Il sistema elettorale toscano, approvato insieme da Pd e Fi e non senza spaccature tra i dem, prevede l’elezione diretta del presidente della giunta regionale. Per la prima volta in una regione si introduce anche il ballottaggio nel caso in cui nessun candidato superi la soglia del 40 per cento. C’è poi il ripristino delle preferenze ed è previsto un listino regionale facoltativo con un massimo di tre candidature con alternanza di genere. I nomi delle candidate e dei candidati saranno già stampigliati sulla scheda elettorale affiancati da un quadratino da barrare con un segno. I consiglieri da eleggere sono 40.
Molto elevato il premio di maggioranza che consiste in un 60 per cento assegnato al presidente eletto che ha conseguito più del 45 per cento dei voti e nel 57,5 per cento se il vincitore si ferma tra il 40 e il 45. Un’attribuzione flessibile che, pur garantendo la governabilità, riduce lo scalino tra i voti raccolti e i seggi ottenuti.
Le soglie di sbarramento sono fissate al 10 per cento per le coalizioni, 5 per cento per i partiti che non facciano parte di coalizione, 3 per cento per i partiti che facciano parte di una coalizione, aspetto molto simile al modello sviluppato per l’Italicum. E poi c’è il voto di lista che può essere accompagnato dall’espressione di uno o due voti di preferenza. È possibile il voto disgiunto per il candidato alla presidenza e lista non collegata, mentre il voto per la lista collegata va automaticamente anche al candidato presidente. Infine, se le preferenze sono due, devono essere espresse in favore di candidati di genere diverso, pena la nullità della seconda preferenza. Infine la presenza delle opposizioni in consiglio deve essere pari almeno al 35 per cento dei seggi.
UMBRIA: sfida alla Consulta, sì al premio senza soglia. Il 60 per cento dei seggi alla lista vincente, ma senza soglia minima di voti. È l’aspetto più controverso – al limite dell’incostituzionalità – della nuova legge elettorale approvata a marzo 2015 dal consiglio regionale umbro. La giunta Pd che guida la Regione è stata accusata dalle opposizioni di essersi fatta “cucire una legge su misura”, senza tener conto della sentenza anti-Porcellum pronunciata dalla Consulta nel 2014, che ha dichiarato incostituzionale il premio di maggioranza senza soglia.
Il sistema elettorale in Umbria, pertanto, prevede l’elezione del presidente a turno unico e del consiglio regionale con sistema proporzionale. Non è possibile il voto disgiunto, pena l’annullamento della scheda. L’assemblea è composta da 20 membri più il governatore e sette seggi sono comunque riservati alle opposizioni. Tra questi quelli per tutti i candidati presidenti non eletti, a condizione che la coalizione o la lista ad essi collegati abbia ottenuto almeno un rappresentante. In ogni caso entra nel Consiglio il candidato presidente arrivato secondo, al quale spetta un seggio aggiuntivo rispetto a quelli garantiti alle minoranze. Possibile esprimere il voto di preferenza. Se le preferenze sono due, devono andare a generi diversi.
MARCHE: il caso Spacca e la diatriba sul terzo mandato. Consiglieri ridotti da 42 a 30, premio di maggioranza alla coalizione in base a soglie percentuali, limite di due mandati consecutivi per il presidente della giunta regionale ma solo a partire dalla prossima legislatura. Sono queste le maggiori novità introdotte dalla nuova legge elettorale approvata al Consiglio regionale della Marche a febbraio 2015, che modifica la precedente norma del 2005. La legge non è retroattiva e per questo l’attuale governatore Gian Mario Spacca ha potuto ripresentarsi per la terza volta, sebbene cambiando casacca (dal Pd al centrodestra dopo il “no” del suo partito ad una terza candidatura). In seguito nemmeno il governo ha ritenuto opportuno impugnare la legge elettorale delle Marche, dando sostanzialmente il via libera alla ricandidatura di Spacca.
Le elezioni si svolgeranno in una sola giornata e non è previsto il doppio turno. Alla coalizione vincente vanno comunque 18 seggi se ha raggiunto il 40 per cento; 17 se ha superato il 37; 16 se ha superato il 34. Sbarramento al 5 per cento per la coalizione, derogabile se almeno un gruppo di liste che ne fa parte abbia superato il 3. Entra in Consiglio il candidato presidente collegato alla coalizione arrivata seconda. Nullo l’eventuale voto disgiunto a candidato presidente e lista non collegata, possibile un solo voto di preferenza.
PUGLIA: bocciata la parità di genere. ll voto segreto nel consiglio regionale della Puglia, impegnato nella discussione delle ultime modifiche alla legge elettorale regionale a marzo di quest’anno, ha bocciato la parità di genere, scatenando l’indignazione del governatore Nichi Vendola: “Un Consiglio regionale composto al 95% da maschi davanti alla sfida della parità di genere fa una retromarcia cavernicola – ha dichiarato abbandonando l’Aula prima dell’approvazione definitiva della legge – e si chiude nel proprio recinto”.
L’assemblea (con il voto contrario di Sel, Puglia per Vendola e Idv) ha dunque fissato all’8% la soglia per accedere alla ripartizione dei seggi per le coalizioni e per le liste che si presentano da sole. La soglia per le singole liste all’interno delle coalizioni è invece del 4%. L’Aula ha definito, inoltre, anche un premio di maggioranza modulato sulla base delle percentuali di voti raggiunte dalla coalizione vincente: nel caso superi il 40%, la maggioranza otterrà 29 consiglieri, tra il 35 e il 40% i seggi saranno 28, mentre se inferiore al 35% saranno 27. Sancita infine, all’unanimità, la riduzione del numero dei consiglieri da 70 a 50 (più il presidente eletto) adeguando le norme ai rilievi della Corte Costituzionale. Possibili voto disgiunto e una preferenza.
CAMPANIA: ridotto il numero dei consiglieri. Anche in Campania la legge regionale del 27 marzo 2009 è stata ritoccata a febbraio di quest’anno, riequilibrando il numero di seggi spettanti alla coalizione vincente. Oggi, infatti, ai vincitori sono garantiti 30 seggi in Consiglio (contro i 36 di prima) e non più di 32 (contro i 39 della legge del 2009). Questo perché è stato abbassato anche il numero dei consiglieri regionali, ridotto a 50 in totale (dieci in meno rispetto al passato). È prevista una soglia di sbarramento al 3% per le liste collegate al candidato che non raggiunge il 10% e la preferenza di genere. Nelle file dell’opposizione anche il primo dei candidati presidenti non eletti. Possibile il voto disgiunto per presidente e liste collegate.