Era il 20 gennaio 1993 quando Bill Clinton divenne il quarantaduesimo presidente degli Stati Uniti sbaragliando l’avversario repubblicano George Bush senior. Oggi, nel 2015, il Wall Street Journal si chiede: sarà un’altra volta Clinton vs. Bush?
Gli attori sono cambiati da quell’inizio di anni Novanta: è seguita l’era Bush junior, la cui politica estera è stata una delle più contestate a livello mondiale, e poi quella di Barack Obama che rilevandone oneri e onori è diventato il primo presidente di colore degli Stati Uniti. Eppure l’America aspetta ancora una svolta, qualcosa che avrebbe potuto avverarsi durante le primarie democratiche del 2008, ma che poi non è stato: una donna presidente.
I dati per la corsa alla presidenza parlano chiaro e una sfida tra due grandi nomi della politica americana, appunto Clinton e Bush, potrà ripetersi. Nonostante i tentennamenti iniziali, Hillary ha ormai lanciato la propria campagna elettorale e i sondaggi nelle primarie democratiche la danno in testa con il 75% dei consensi lasciando dietro di sé, al 15%, il senatore Bernie Sanders. Molta più confusione sembra esserci, invece, tra i repubblicani. Fino ad oggi il favorito è l’ex governatore della Florida, Jeb Bush, il quale godrebbe del 22% dei consensi all’interno del Grand Old Party, ma perderebbe in ogni caso contro la Clinton in una stima 40% contro 48% alle presidenziali vere e proprie. Potrebbe però non essere così definitiva la situazione alle primarie del Partito Repubblicano poiché dietro Bush si attestano al 17% e al 14% Scott Walker (governatore del Wisconsin) e Marco Rubio (senatore repubblicano). In questa eterogeneità quindi il GOP dovrà fare attenzione a scindere la campagna personale dei candidati dalle grandi tematiche che saranno portate avanti come linea di partito, molto più di quanto invece dovranno fare i democratici i quali si sono già riconosciuti nella figura di un’unica candidata.
Un salto nel passato o la svolta delle nuove “generazioni”: cosa deve aspettarsi l’America da un nuovo scontro Bush vs. Clinton?
In seguito al discorso a Roosevelt Island, durante il quale Hillary ha lanciato il proprio programma elettorale, i punti cardine di una futura presidenza dem cercherebbero sì di mantenere l’auspicata continuità con i due mandati di Obama, ma allo stesso tempo aggiungerebbero una nota più liberal. Sono i cosiddetti Four Fights: un’economia che riduca il divario tra ricchi e poveri sostenendo la middle class, una riforma del sistema dell’immigrazione, un maggiore riconoscimento della parità di genere e una rivalutazione del sistema politico americano che riduca o almeno limiti il peso delle lobby. A questo ribatte Jeb Bush accusando il futuro candidato democratico di voler continuare con una politica “insapore” pur di mantenere il potere alla Casa Bianca. I repubblicani al momento stanno ancora adottando una strategia di campagna elettorale che punta ad opporsi a ciò che viene detto dalla controparte, ma la linea elettorale del partito è ben nota: un’economia basata sulla libera impresa riducendo il peso dei sindacati, centralità della famiglia e dell’individuo e un governo che noi potremmo giudicare distaccato dai problemi della lower-middle class. Al di là di ciò, però, Bush si è dimostrato molto più attento alle minoranze statunitensi degli altri candidati, forte molto probabilmente dell’esperienza governativa in Florida dove ha potuto toccare con mano le problematiche legate all’immigrazione ispanica, decidendo di rivolgere l’invito a votare per lui sia in inglese che in spagnolo. Certo è che il programma da solo non basta: ad aspettare i futuri candidati alla presidenza ci sarà l’eredità di Obama tra cui la contestata riforma sanitaria, le decisioni economiche e soprattutto la politica estera che ha davanti a sé un orizzonte in continuo mutamento non soltanto nel Medio Oriente, ma anche nei rapporti con Cina e paesi emergenti.
Molto più che nel 2008, quindi, le primarie sembrano essere già decisive e, sconvolgimenti dell’ultimo minuto a parte, l’America è pronta a dare una seconda chance ad una delle due famiglie più influenti della sua storia. Ma quale?
Giulia Brioschi