Il movimento di Grillo è il secondo partito, stabile al 27 per cento, ma solo meno di un terzo dei suoi elettori vuole che vada al potere. Spicca per interclassismo e trasversalità, è il primo partito fra i ceti medi pubblici e quelli privati, ma anche tra gli autonomi, i giovani e i disoccupati. Il sondaggio Demos
Più che di un partito, lo statuto, ispirato da Grillo e Casaleggio, parla, d’altronde, di un “non-partito”. Ma forse sarebbe meglio definirlo un contro-partito. Attore protagonista della contro-democrazia. Senza ironia e senza intento denigratorio: è la Contro-Democrazia Cristiana dei nostri tempi. La CDC. Anche se, va chiarito subito, il M5s non può dirsi “cristiano”. Perché è laico, privo di connotazioni confessionali. E, come preciseremo più avanti, è molto diverso dalla DC. Che, tuttavia, evoca. Per alcuni tratti specifici. Ben chiariti da una interessante analisi presentata da Fabio Bordignon e Luigi Ceccarini, a Firenze, al recente Convegno della SISE dedicato al voto regionale di maggio.
L’interclassismo, anzitutto. Il M5s, infatti, è il primo partito fra i ceti medi pubblici e privati, fra i lavoratori autonomi e gli imprenditori. Come la DC. A differenza della quale, però, esprime maggiore capacità di attrazione fra i giovani e gli studenti. Fra i disoccupati. Minore, invece, fra gli elettori anziani e le donne. Dunque, fra le casalinghe.
Poi la trasversalità politica. Un terzo dei suoi elettori si definisce, infatti, di centro-sinistra o di sinistra, oltre il 20% di centro-destra o di destra. Mentre una quota più ridotta (10%) si pone al “centro”. Ma i “centristi puri”, in Italia, hanno sempre costituito una componente limitata. Oltre un terzo degli elettori del M5s, invece, rifiuta lo spazio politico sinistra-destra. E si pone al di “fuori” e, quindi, “contro” di esso.
La base elettorale del M5s, di conseguenza, si sente contigua a partiti molto diversi (e dunque a nessuno, in particolare). Alla Lega di Salvini – antipolitica e di Destra – anzitutto (20%). Poi, all’opposto, alla sinistra radicale e a Sel (15%). Quindi, ma in minor misura, al PD (12%). Il cui elettorato, peraltro, risulta politicamente meno “trasversale”.
Il M5s, quindi, appare un vero “partito pigliatutti” (per citare la nota formula di Otto Kircheimer, nella versione di Arturo Parisi). Per questa ragione, è costantemente in bilico fra diverse scelte, diverse opzioni. Politiche e di valore. Populista e popolare, a seconda dei casi – e delle convenienze. Intransigente e tollerante, al tempo stesso, verso gli immigrati. Ma anche verso i diritti dei gay. Ostile verso la UE e l’euro. Comunque, contrario ai privilegi dell’impiego pubblico. Deciso a “spianare” i campi Rom. E, invece, favorevole al reddito di cittadinanza. Quindi, ad allargare il Welfare. Insomma, la proposta politica del M5s presenta una miscela di elementi diversi. E contrastanti. Come gli elettori che rappresenta. E che lo “usano” con diversi fini e per diverse ragioni. Per questo, in passato, l’ho paragonato a un autobus, sul quale salgono con diversi obiettivi e diverse destinazioni. Passeggeri che pagano un biglietto e dopo un percorso, più o meno lungo, scendono. Mentre, nel frattempo, altri salgono. Così il M5s è “condannato” a cambiare continuamente strada. A fermarsi solo per un attimo. E poi ripartire. D’altronde, meno di un terzo dei suoi elettori vorrebbe che il M5s partecipasse a coalizioni di governo. In ambito locale e tanto più nazionale. La maggioranza di essi accetterebbe di allearsi solo in poche, specifiche occasioni. In funzione di alcuni obiettivi, particolarmente importanti. Mentre quasi un terzo della base del M5s rifiuta qualsiasi intesa. A priori. Da soli o all’opposizione. Per controllare e sorvegliare il potere, tendenzialmente corrotto e corruttore. Per questo il M5s è condannato a cambiare direzione di continuo. E a correre. Senza fermarsi mai. Speculare alla Democrazia Cristiana, che, era dovunque, sempre in movimento, eppure sempre ferma. Distesa sul territorio, nei luoghi del potere. Nazionale e locale. Dove, invece, il M5s agisce da contro-potere. È la contro-democrazia (cristiana).