Lawrence Lessig, famoso e rispettato docente universitario statunitense ed esperto di questioni di libertà della rete e di copyright, ha detto di aver creato un comitato esplorativo per valutare se candidarsi alle primarie del partito Democratico per le elezioni del presidente degli Stati Uniti. Lessig ha fatto sapere che comunicherà la sua decisione entro il primo settembre.
La candidatura di Lessig non sarebbe probabilmente molto forte: lui è molto conosciuto nel mondo accademico e tra chi si occupa di questioni giuridiche che riguardano Internet, ma è quasi del tutto sconosciuto all’opinione pubblica statunitense e non ha mai avuto esperienze politiche. Le sue posizioni poco convenzionali su molti temi, inoltre, lo rendono difficilmente ascrivibile a una particolare corrente politica. Tuttavia, c’è almeno un motivo che renderebbe la candidatura di Lessig unica e interessante: il suo programma consiste in un solo punto, la riforma del sistema elettorale statunitense. Fatto quello, dice Lessig, si dimetterebbe dalla carica di presidente.
In un lungo post sul suo blog sull’edizione statunitense dello Huffington Post, Lessig ha spiegato questo punto nelle primissime righe, dicendo:
Voglio candidarmi. Ma voglio candidarmi per essere un diverso tipo di presidente. “Diverso” non nel senso che la parola ha tradizionalmente in politichese. Letteralmente “diverso”. Voglio candidarmi per per portare a compimento il fondamentale cambiamento di cui la nostra democrazia ha disperato bisogno. Una volta passata questa riforma mi dimetterei e il vice presidente diventerebbe il presidente.
Nel suo post Lessig spiega che molti politici hanno spesso promesso riforme e leggi su temi importanti – dal cambiamento climatico alla lotta alle prepotenze della grande finanza – che per quando utili non toccano il vero problema degli Stati Uniti: la mancanza di eguaglianza ed equilibrio elettorale tra i suoi cittadini. Secondo Lessig, il sistema elettorale degli Stati Uniti è truccato e il diritto all’eguaglianza tra i cittadini è di fatto violato dal modo in cui le elezioni sono condotte. I problemi secondo Lessig vanno dal modo piuttosto indiscriminato in cui i candidati raccolgono soldi per le loro campagne al gerrymandering, la pratica di ridisegnare i confini dei collegi elettorali affinché cambi anche la maggioranza di elettori di quel distretto che votano per un certo partito.
Lessig dice: visto che nessun candidato “normale” avrà mai la forza politica o la volontà di fare le riforme necessarie – anche quello che considera il miglior candidato attuale, Bernie Sanders, dovrebbe dividere il suo capitale politico e le sue attenzioni tra diverse questioni importanti – l’unico modo in cui si potrebbero cambiare la leggi che regolano la democrazia americana sarebbe tramite un referendum popolare, una pratica tuttavia non prevista dalla costituzione degli Stati Uniti. Lessig allora propone di aggirare la cosa, trattando la sua candidatura come una sorta di referendum. Per questo l’eventuale presidenza di Lessig durerebbe solo il tempo di compiere le importanti riforme elettorali promesse.
Se anche il Congresso fosse spinto ad assecondare quelle riforme, il mandato del presidente-referendum potrebbe essere piuttosto breve: «una volta che la riforma sarà passata, il vice presidente – che sia Hillary, Bernie o Joe – diventerebbe il presidente: un presidente che avrebbe davvero una possibilità di fare qualcosa in una Washington ricostruita». Lessig sostiene che eleggendo lui non si fanno fuori gli altri candidati, ma si ritarda l’inizio di un’altra presidenza del tempo necessario per passare le riforme promesse. Naturalmente ci sono mille cose che possono andare storte, anche nell’improbabilissimo caso in cui Lessig dovesse essere eletto: per esempio è tutto da vedere che un presidente senza un futuro politico e senza nessuna possibilità negoziale possa davvero “costringere” il Congresso ad approvare quello che vuole.
In un video di presentazione della sua candidatura, Lessig cita un altro caso di un candidato con un solo obiettivo: il politico democratico Eugene McCarthy, che nel 1968 si candidò alle primarie dei Democratici – sfidando il presidente uscente Lyndon Johnson – parlando soprattutto della guerra in Vietnam: McCarthy ottenne buoni risultati e, anche se alla fine non vinse le primarie, costrinse Johnson al ritiro.
Lessig riconosce che la sua candidatura ha forti limiti e, in un certo senso, si scusa di essere l’ennesimo “uomo bianco di mezza età” a candidarsi come presidente: dice anche di aver cercato senza successo un altro candidato e che se dovesse farsi avanti qualcuno più credibile di lui lascerebbe volentieri il posto. Per il momento il suo comitato esplorativo ha lanciato una raccolta fondi online nel tentativo di mettere insieme un milione di dollari, la cifra che secondo Lessig renderebbe la campagna elettorale davvero fattibile (i candidati “veri” a questo punto della campagna ne hanno già raccolti decine di milioni, alcuni centinaia, per avere un termine di paragone). Se la cifra sarà raggiunta entro il primo di settembre Lessig si candiderà ufficialmente, altrimenti restituirà i soldi raccolti a chi lo chiederà.
Negli anni Lessig ha spesso espresso le posizioni politiche, soprattutto in difesa della net neutrality e contro l’ampliamento dei diritti d’autore; è stato fondatore di Creative Commons ed è da molti considerato una sorta di attivista di sinistra. Nel corso della sua carriera però Lessig ha avuto posizioni più originali e in passato ha anche lavorato alla Corte Suprema come assistente di due giudici conservatori.
Fonte: ilpost.it