Cambiamenti climatici, il peso delle lobby nell’Ue

Cambiamenti climatici, il peso delle lobby nell’Ue

C’è grande attesa per la conferenza Onu sui cambiamenti climatici (Cop21) in programma a Parigi dal 30 novembre all’11 dicembre.
Un mix di speranza e ottimismo che deve però fare i conti con il fallimento della conferenza Cop15 di Copenaghen nel 2009, quando ci fu un accordo non vincolante dal quale sparirono completamente gli obiettivi di riduzione delle emissioni-serra.
I governi questa volta sembrano davvero intenzionati a firmare un accordo globale per combattere i cambiamenti climatici fino al 2050.
Ma le Organizzazioni non governative (Ong) già intravedono un compromesso al ribasso: davanti alla possibile catastrofe climatica c’è una scarsa ambizione da parte degli storici inquinatori a cambiare davvero.
E l’Unione europea, come denuncia l’Ong Corporate europe observatory (Ceo), tende a mettere le esigenze delle industrie davanti alla salute della gente e del Pianeta.
COMMISSARI MONITORATI. Una denuncia che i watchdog di Ceo hanno deciso di fare dopo aver monitorato l’attività politica dei commissari europei. A partire da quella di Miguel Arias Cañete che a Parigi sarà il capo negoziatore per l’Ue.
Il commissario per l’azione per il clima e l’energia ha infatti già detto che se l’accordo di Parigi non porterà, come già deciso a Lima, a mantenere la temperatura media globale al di sotto di 2°C in modo vincolante, «non sarebbe comunque un fallimento», precisando che sì «vorremmo avere un accordo vincolante, ma l’Onu ha bisogno dell’unanimità e non possiamo fare l’errore che abbiamo fatto a Kyoto», quando il Protocollo pur essendo un accordo internazionale vincolante che impegnava i paesi a obiettivi di riduzione delle emissioni, non fu firmato da paesi grandi emettitori come Usa, India e Cina.
Anche a Parigi quegli stessi Paesi potrebbe abbassare i target aiutati dalle grandi industrie. A preoccupare le Ong è infatti la tendenza crescente verso un loro coinvolgimento nei negoziati.
CONTRIBUTI DAL BUSINESS. A Parigi la presidenza francese, in collaborazione con la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Unfccc), ha deciso di creare una sezione speciale per i contributi del mondo del business, che saranno affiancati a un eventuale testo negoziale (originariamente chiamato Lima-Paris Action Plan e ora the Agenda for Solutions).
Aziende che già giocano un ruolo fondamentale all’interno del processo decisionale europeo. Con la loro attività di lobbying e la presenza all’interno degli expert group (ex advisory group) dell’esecutivo europeo sono infatti coinvolte nel processo legislativo comunitario sin dal primo step.
LINEE PER LA TRASPARENZA. Per evitare una influenza eccessiva, all’inizio del suo mandato la Commissione Juncker ha scritto delle nuove linee guida sulla trasparenza, che obbligano non solo di pubblicare tutti gli appuntamenti dei commissari e dei loro gabinetti, ma richiede agli stessi che gli incontri siano equilibrati.

Il rapporto Ceo: le grandi aziende di energia sono favorite

Maros Šefčovič.

Una richiesta che secondo Ceo non è stata rispettata dal commissario per l’azione per il clima e l’energia Miguel Arias Cañete e dal vice presidente e commissario per l’Unione energetica Maros Šefčovič nel loro primo anno di carica.
RAPPORTI PRIVILEGIATI. Nel rapporto Ceo pubblicato il 5 novembre dal titolo Cooking the planet: Big Energy’s year of privileged access to Europe’s climate commissioners (leggi il documento integrale in pdf), si vede come le grandi aziende di energia e di combustibili fossili godono fin troppo di un accesso privilegiato agli uffici dei commissari europei che si occupano di politica climatica.
Il dato più sconcertante dello studio è che nel loro primo anno di attività a palazzo Berlaymont, dal novembre 2014 all’ottobre 2015, l’80% degli incontri fatti da Cañete, Šefčovič e dai loro rispettivi gabinetti è stato con i lobbisti dell’industria.
Si tratta in tutto di 516 incontri: 413 con le imprese, 79 con aziende di interesse pubblico, 24 alla voce ‘altro’.
L’unione energetica è il tema più caldo per i lobbisti, tanto che è stato affrontato con i due commissari e i rispettivi gabinetti in 329 incontri (77 con Ong, 229 con industrie, 23 altri).
RINNOVABILI? SNOBBATE. Ma a colpire è il fatto che il 74% degli incontri avuti tra i due commissari e l’industria energetica per discutere le politiche climatiche, sono stati con le aziende dei combustibili fossili (come British Petroleum, E.on, Statoil e Shell), mentre le aziende che si occupano di energie rinnovabili hanno potuto appena dare un sguardo dentro la stanza dei bottoni.
Šefčovič per esempio ha avuto 34 incontri con le cosiddette industrie delladirty energy (dell’energia sporca), e uno solo con il settore delle energie rinnovabili.
Facendo un calcolo, per ogni incontro avuto con il settore delle rinnovabili, Cañete (ex presidente di due compagnie petrolifere, Petrolifera Ducar e Petrologis Canarias) ne ha avuto altri 22 con l’industria dei combustibili fossili.
Nel complesso, le imprese energetiche ‘sporche’ costituiscono circa il 30% degli incontri con questi commissari e i loro gabinetti.
«DATI PREOCCUPANTI». «Dati estremamente preoccupanti visto i temi sensibili di cui questi commissari si occupano», dice a Lettera43.it Pascoe Sabido, ricercatore e attivista Ceo che avverte «è soprattuto sul gas che il lavoro delle lobby è più forte e concentrato».
Nell’ultimo anno Šefčovič e Cañete si sono occupati delle politiche industriali sulle emissioni delle auto, di unione energetica, di Ets (Emissions Trading Scheme, ovvero il sistema europeo di scambio di quote di emissione), e dei negoziati Onu sul clima della 21esima Conferenza di Parigi 2015 (Cop21).
CONFLITTO DI INTERESSI. «Abbiamo registrato un livello preoccupante di facile accesso ai decisori da parte dei rappresentanti delle aziende energetiche», continua Sabido, «coloro che causano i problemi legati all’inquinamento non dovrebbero decidere né suggerire come risolvere il problema e legiferare».

L’accusa: la Commissione Ue si muove in direzione sbagliata

Una manifestazione per sensibilizzare sui temi dei cambiamenti climatici.

Invece, «mentre la scienza ci dice che dobbiamo urgentemente e drasticamente ridurre le emissioni di gas a effetto serra, aumentare le energie rinnovabili e l’efficienza energetica, la Commissione si sta tristemente muovendo nella direzione opposta», continua Sabido.
SETTORE AUTO IN PRESSING.Un ruolo nella decelerazione del processo legislativo europeo lo gioca l’industria automobilistica, uno dei corresponsabili del cambiamento climatico: il 12% delle emissioni di gas serra in Europa sono dovute all’uso di auto.
La riduzione delle emissioni è uno degli obiettivi maggiori dell’Ue che sta lavorando a un nuovo regolamento per il 2017, data già posticipata al 2019 proprio a causa delle pressioni dell’industria.
FRENO CONTRO I TEST SEVERI. La lobby automobilistica ha iniziato la mobilitazione contro il tentativo di mettere limiti di emissione più severi e regolare meglio i test ancora prima che scoppiasse lo scandalo Volkswagen.
Negli ultimi 11 mesi ci sono stati 44 incontri tra il mondo dell’auto e i commissari interessati alla materia, in particolare 31 meeting con l’industria dell’auto, 40 con l’industria a esso legata e 4 con Ong e sindacati.
SPESI 18 MILIARDI IN LOBBYING. D’altronde l’industria automobilistica è una delle più potenti lobby di Bruxelles: secondo il Registro per la trasparenza, le case automobilistiche e le loro associazioni di categoria hanno speso oltre 18 milioni di euro nel 2014 in attività di lobbying nelle istituzioni Ue.
Al primo posto c’è Volkswagen con 43 lobbisti e 3 milioni e 300 mila euro spesi nel 2014. Seguono Daimler, l’associazione di categoria automobilistica tedesca Vda (Verband der deutschen Automobilindustrie), l’associazione di categoria europea Acea (Association des Constructeurs Européens d’Automobiles) e Bmw.

Incontri quadruplicati, ma non con società di pubblico interesse

Aziende che prima ancora che al parlamento europeo mirano all’organo esecutivo e promotore del processo legislativo, ovvero la Commissione.

Durante i suoi primi 11 mesi in carica Cañete ha quasi quadruplicato il numero di di incontri rispetto a Šefčovič: 205 per lo spagnolo di cui 131 con aziende e 63 con società di pubblico interesse, 11 con altri; sono invece 62 per Šefčovič, di cui 48 aziende, 10 pubblico interesse e 4 altri.
Mentre il gabinetto di Cañete ha più del doppio degli incontri fatti dal gabinetto di Šefčovič: 460 (339 business, 96 pubblico, 25 altro) rispetto a 200 (151, 33, 16).
SPAGNOLO CON SPAGNOLI. Come se non bastasse c’è anche il conflitto di interessi nazionale: il 22% di tutti gli incontri di Cañete sono con aziende spagnole, solo il 2% degli incontri di Šefčovič sono stati con gruppi del suo Paese di origine, la Slovacchia.
Inoltre il 40% degli incontri che Cañete e il suo gabinetto ha avuto con l’industria spagnola sono avvenuti proprio in Spagna. Nemmeno uno è stato con Ong e sindacati.
ONG IN GRUPPI DISPERSIVI. Dati che dimostrano come le aziende abbiano un accesso più agevolato rispetto alle società che rappresentano interessi pubblici, anche se Ceo ha osservato come Cañete in previsione della Cop21 negli ultimi mesi abbia intensificato gli incontri con le Ong, ma organizzando gruppi più grandi rispetto a quelli per incontrare le imprese, che hanno più spesso la possibilità di avere vertici one-to-one con i livelli più alti della Commissione.
In otto meeting sono stai incontrati 210 rappresentanti di Ong, in quattro meeting 34 lobbisti delle aziende.
I FOSSILI IN PRIMO PIANO. E ad avere la meglio sono sempre i rappresentanti dell’industria dei combustibili fossili.
Dei 669 incontri fatti con le aziende, 282 sono con loro, 383 con industria dell’energia e 4 altri.
Cañete in particolare ne ha avuti 78 con l’industria dell’energia, 66 con quella dei combustibili fossili, e il suo gabinetto rispettivamente 180 e 129. Šefčovič invece 34 e 29; il suo gabinetto 91 e 58.
BP ED E.ON SONO DI CASA. Negli ultimi 11 mesi, tra i protagonisti del settore dei combustibili fossili, di casa a palazzo Berlaymont è stato il gigante del petrolio Bp ed E.on: ciascuno dei due colossi ha avuto 15 incontri; segue Statoil con 14, Shell, Engie e Iberdrola con 12 ciascuno, GasNatural Fenosa con 11, Enel 10, Rwe 8, Edf e Eni 7, Repsol e Vattenfall 6, Fortum, Alstom e OMV 5.
Per contro, secondo quanto risulta a Ceo, non una sola riunione è stata fatta con aziende energetiche che lavorano esclusivamente nel settore delle rinnovabili, mentre solo sei associazioni di energia rinnovabile hanno avuto incontri.

Tra i temi caldi sul tavolo c’è l’unione energetica

Il logo di British petroleum.

Il logo di British petroleum.

Su 15 incontri con Bp, i temi trattati con il commissario spagnolo e con quello slovacco sono stati: unione energetica, corridoio meridionale del gas, sicurezza degli approvvigionamenti.
Nei 15 meeting con E.on si è parlato di sicurezza dell’approvvigionamento di gas, unione energetica e mercato interno dell’energia, investimenti in Algeria, legislazione sui mercati finanziari, stoccaggio del gas, unione energetica e dei colloqui sul gas russo-ucraini.
Ma è sui cambiamenti climatici che aziende come Bp ed E.on sono maggiormente focalizzate nel loro lavoro di lobbying.
E non stupisce che la potenza di fuoco di queste aziende sia enorme: Bp ha dichiarato una spesa di lobbying per il 2014 di circa 3 milioni di euro, E.on circa 2,3 milioni.
BALKE, FUNZIONARIO AMICO. E come se non bastasse alla Commissione europea, in particolare nel gabinetto di Cañete, i lobbisti E.On hanno un funzionario di riferimento: Joachim Balke.
Su sette incontri avuti con il gabinetto, Balke era presente a cinque, in quattro di loro era l’unico membro del gabinetto.
Un’attenzione che non è sfuggita ai watchdog di Ceo, che hanno così studiato con attenzione il profilo di Balke.
EX IMPIEGATO DI E.ON. Dopo aver lavorato al parlamento europeo, Balke è stato impiegato di E.on per 4 anni (2004-2008) poi è entrato alla Commissione, dove è passato dalla direzione generale Fiscalità e unione doganale a quella energia con Cañete.
Non stupisce così che il primo incontro con il mondo dell’industria avuto dal commissario spagnolo è stato con l’amministratore delegato di E.on, Johannes Teyssen.
LENTZ, CONSIGLIERE FEDELE.
Infine Guy Lentz, il consigliere speciale del Commissario Cañete, è un membro del consiglio di amministrazione di Enovos Lussemburgo e lavora anche al ministero dell’economia come coordinatore del Lussemburgo sulle questioni energetiche europee e internazionali.
In precedenza ha lavorato alla Shell per otto anni (1993 al 2000).
Enovos, che non appare nel registro per la trasparenza, è la più grande società di distribuzione dell’energia del Lussemburgo, opera anche in Germania, Francia e Belgio. Genera elettricità, gas naturale e le energie rinnovabili per aziende e case.
Un conflitto di interessi denunciato alla Commissione dall’Ong Ceo. Ma per ora palazzo Berlaymont sembra non voler vedere.

Autore: Antonietta Demurtas | Fonte: lettera43.it

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