Parigi tra Cop21, terrorismo ed elezioni. Una città in stato d’assedio torna a vivere

Parigi tra Cop21, terrorismo ed elezioni. Una città in stato d’assedio torna a vivere

Giorni grigi e brumosi avvolgono la capitale martoriata e violata, la Parigi illuministica e laica, da venerdì 13 novembre anche capitale ideale d’Europa. Dentro la città, bloccata esternamente la periferica e le due maggiori arterie autostradali, che portano ai due aeroporti internazionali, il Charles De Gaulle a Roissy, e l’Orly, la vita ha ripreso a scorrere con l’orgoglio e la lievità che i parigini di tutto il mondo sanno emanare. La sera, dell’ultimo venerdì di novembre, “giorno della commemorazione” ufficiale officiata dal presidente Hollande a Les Invalides, i giovani, e non solo loro, sono tornati ad affollare i tavolini e i banconi dei bar, delle brasserie dei quartieri attorno ai luoghi della morte fondamentalista. Un weekend prenatalizio, con i grandi magazzini affollati, le strade brulicanti del Marais, di Belville, attorno a quell’altare laico che è diventata Place de la Republique, violato solo dalla barbarie dei black-bloc “anti Cop21” e con le catene umane per la difesa dell’ambiente tra la Bastille e Place de la Nation. Con i mercati rionali di nuovo pieni di compratori, di giovani e famiglie intenti ad assaporare i piatti tipici della cucina francese, marocchina, antilliana, italiana, giapponese, libanese, cinese ed ebraica.

Molte strade del centro hanno anche acceso le luminarie festose, per ricordare che il Natale sta per arrivare e che la normalità è un bene essenziale per contrastare l’oscurantismo fondamentalista. Eppure, tra le persone amiche che s’incontrano nei bar all’ora dell’aperitivo serale e nelle vecchie brasserie si sente una richiesta di solidarietà, di condivisione del dolore. Non c’è persona che non abbia avuto qualche amico, per lo più ragazzi, ucciso o ferito gravemente nella guerriglia di quel venerdì 13. Qualcuno che anche noi abbiamo conosciuto per le strade di questi arrondissement, frequentatissimi: giovani studenti che si pagavano la loro indipendenza facendo i lavori più svariati. La strage degli innocenti ci accomuna nel dolore intimo; ma ancor più straziante è il racconto su quelli che sono rimasti vivi ed orrendamente mutilati. Giovani vite spezzate o martoriate per sempre.

E poi i “luoghi della memoria”, nuove mete di ininterrotti pellegrinaggi laici: Place de la Republique, luogo simbolo di incontri e di ricerca di contatti umani, come se tutti fossimo dei sopravvissuti alla tragedia disumana di quel venerdì 13; lo slargo enorme davanti al Bataclan, zeppo di fiori, lumini, pupazzi, orsacchiotti, fogli di carta con parole semplici, ma forti, come fossero urla strazianti di chi non vuole arrendersi all’insanguinato spettacolo delle decimazioni di un manipolo di esaltati. Giovani islamici, figli di terza generazione di immigrati, francesi nel sangue, ma disperati, plagiati, infarciti di propaganda di morte, dal futuro segnato dai “signori della guerra” dell’Isis. Quegli stessi giovani che sono nati nei quartieri multietnici di Parigi, un tempo reietti e infrequentabili, ma che da qualche anno sono diventati luoghi di incontro e di vita serali anche per i giovani ritenuti “più fortunati”, di qualsiasi credo religioso fossero. Una Parigi certo non “spettrale”, come purtroppo la stanno disegnando i grandi media internazionali, ma una Parigi che sa reagire e che si interroga anche tra un bicchiere di vino e uno spuntino serale. Una Parigi che conosce ormai la brutalità del terrorismo senza appello, dalla falcidie dei redattori di Charlie Hebdo all’assalto dell’Hypermarchè kosher di gennaio scorso. Come stonano oggi i distinguo, le prese di posizioni di intellettuali e politici che cercavano di attenuare la portata della strage: “in fin dei conti se la sono cercata; sono loro che hanno provocato con quelle vignette satiriche irrispettose”.

E questo “giustificazionismo” deve aver fatto breccia anche negli apparati delle forze dell’ordine e dei servizi d’informazione, che hanno preso sotto gamba i segnali che venivano da certi ambienti islamici, che non hanno saputo o, peggio, voluto reprimere in tempo quanti, già segnalati, andavano e venivano come turisti dell’odio dalla Siria e dalla Turchia. Questa “disattenzione”, questa inefficienza sono le colpe che le persone dei quartieri martoriati imputano al governo, al “presidente-guerriero” Hollande, che si gonfia il petto e fa il giro delle principali cancellerie del mondo per chiedere un sostegno alla sua “guerra senza quartiere” contro Daesh, non ricevendo che promesse, ma non riuscendo a formare ancora una Coalizione “anti-fondamentalista”. Né il tentennante Obama lo accoglie nel club esclusivo dei “Five Eyes”, l’accordo Usa con Gran Bretagna, Canada, Australia e Nuova Zelanda, che mette in comune tutte le informazione e i metadati, controllati dalla Nsa attraverso il sistema Echelon.

Hollande e Valls, precipitati nei sondaggi d’opinione, mostrano i muscoli dentro i confini della Francia, promulgano “lo stato d’emergenza”, sottopongono Parigi a una sorta di “stato d’assedio”, passano al setaccio tutte le informazioni via Internet, sospendono le libertà individuali, propugnano il blocco del Trattato di Schengen dentro l’Unione europea per almeno tre mesi. Cercano di fiaccare la resistenza passiva e la voglia di vivere dei francesi, ma la loro preoccupazione politica è, in realtà, orientata a come contrastare la catastrofe elettorale che tutti i sondaggi danno per certa alle Regionali che si svolgeranno domenica 6 dicembre. Il Partito socialista, che alle ultime regionali aveva praticamente vinto dappertutto, probabilmente non riuscirà ad eleggere alcun presidente regionale, a meno che quelli del centrodestra di Sarkozy, allarmati dalla crescita della Le Pen, non faranno “fronte repubblicano”. Ma il culmine dello scontro politico verrà domenica 13 dicembre (un’altra volta il cabalistico 13!), quando si terranno moltissimi ballottaggi, ai quali sono previsti favoriti gli esponenti “repubblicani” di “LR” di Sarkozy, e i concorrenti della destra nostalgica ed euroscettica del Front National della Marine Le Pen.

Autore: Gianni Rossi | Fonte: huffingtonpost.it

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