Spagna: lo slogan elettorale è morto, vince l’hashtag

Spagna: lo slogan elettorale è morto, vince l’hashtag

#DaleMariano, la cui traduzione maccheronica sarebbe Daje Mariano, è stato solo uno dei tanti hashtag che evidenzia il profondo gap generazionale fra il vecchio e il nuovo modo di fare politica in Spagna. Divario che si è manifestato tanto nello svolgersi delle varie campagne politiche, quanto nella giornata elettorale dello scorso 20 dicembre.

#Cortaconladerecha (Dai un taglio alla destra) è stato trending topic per circa 17 ore su Twitter. Un’offensiva dei socialisti di Sanchez al Partido Popular, confermatosi primo alle elezioni, senza però aver ottenuto la maggioranza dei seggi. C’è chi addirittura sostiene che l’hashtag certifichi la morte dello slogan elettorale e non perde occasione per ricordarlo a tutti gli internauti, come il quotidiano spagnolo El Confidencial nel titolo a caratteri cubitali di un recente articolo sul sito.

“Una nuova forma di fare politica, dal basso verso l’alto”, spiegava Ada Colau, sindaco di Barcellona e leader di Barcelona en Comú, a un giornalista del Guardian durante la campagna elettorale di Podemos, partito al quale è affiliata.

Nessuno come i viola di Pablo Iglesias ha saputo mettere meglio in pratica le parole di Colau, traducendo il desiderio di dar voce ai cittadini nella più abile strategia comunicazionale che un partito potesse vantare in Spagna. L’interazione con gli elettori sulle piattaforme social è stata vitale affinché Podemos si consolidasse come terza forza politica in meno di due anni.

I social network sono un vero e proprio fiume in piena. Simbolo di un’era in cui il web sociale è da considerarsi più che mai un canale di comunicazione politica. Forse, il canale per eccellenza. Il termometro dell’opinione pubblica e la tela su cui si esprimono i giovani di un Paese in piena metamorfosi, nonostante i partiti tradizionali (Pp e Psoe) si siano adattati al 2.0 con una minore versatilità.

E se instaurata un’interazione con i mezzi tradizionali come la televisione, le reti sociali diventano un vero e proprio calderone dove pescare elettori. Alfonso Calatrava, direttore della ricerca su Twitter in Spagna, ha presentato uno studio che dimostra come i candidati che partecipano a un dibattito televisivo, aumentino per otto il loro impatto sui social network. Prolifera lo spettatore in grado di seguire un dibattito televisivo e di esprimere in contemporanea le proprie opinioni sui social.

Calatrava non è il primo a sostenere l’importanza della televisione come mezzo per coinvolgere l’elettorato e aumentare l’interazione degli utenti in rete. Il primo a capirlo fu proprio Pablo Iglesias, che considera i mezzi di comunicazione come base per il confronto ideologico.

Iglesias mosse i primi passi nel mondo della politica nel piccolo studio televisivo di Tele K con i dibattiti politici del programma La Tuerka, fondato assieme ai colleghi della facoltà di Scienze Politiche dell’Università Complutense di Madrid. La palestra della strategia di Iglesias fu proprio la televisione, che per il leader di Podemos è ancora oggi lo strumento più potente della comunicazione politica nel ventunesimo secolo.
Miguel Álvarez-Peralta è uno dei responsabili delle politiche mediatiche di Podemos nella Comunità Autonoma di Madrid. I social network, spiega, sono di enorme utilità per la comunicazione politica di un partito, ma resta di fondamentale importanza non magnificare né idealizzare il loro reale impatto nella società. La rete sociale si potrebbe considerare, secondo Peralta, dominata da un giovane pubblico, istruito e informato. I social misurano i feedback di un settore importante della popolazione, ma non arrivano al grande pubblico, ancora legato ai mezzi tradizionali.

Uno strumento comunque fondamentale. I social sono il campo di sperimentazione per nuove formule politiche e un sistema di monitoraggio del clima ideologico della nuova generazione.

La piattaforma più attiva durante le elezioni è stata Twitter, senza ombra di dubbio. Secondo uno studio interno pubblicato da Twitter e riportato dal quotidiano spagnolo El País, l’interesse per la politica dei cinguettatori sarebbe di un 26% più alto rispetto a quello degli utenti di altri social network. Percentuale che ammonta a un 33% nel caso dei giovani al di sotto dei 34 anni.

Nonostante l’altissimo numero di followers su Twitter di Podemos e Pablo Iglesias, quasi due milioni e mezzo in totale, le nuove formazioni non hanno tolto protagonismo ai grandi partiti tradizionali in rete. Durante la giornata elettorale del 20 dicembre, il Partido Popular e Mariano Rajoy hanno ricevuto circa 136mila menzioni in totale, seguiti da Podemos e Pablo Iglesias (95mila) e dal Psoe con Pedro Sanchez (64mila).

Secondo le statistiche pubblicate da Twitter, nei quattro giorni precedenti le elezioni (giornata elettorale compresa), il candidato che ha ricevuto più menzioni è stato Mariano Rajoy con 167mila nomine. Al secondo posto sempre Pablo Iglesias (126mila), seguito da Pedro Sanchez (109mila) e Albert Rivera (117mila).
La città più attiva su Twitter è stata Madrid, seguita da Barcellona, Sevilla e Malaga. Il tema più trattato nella capitale è stato il Senato, dove i popolari hanno raggiunto la maggioranza assoluta con 124 seggi (12 in meno rispetto a quelli ottenuti nelle elezioni del 2011).

Uno degli hashtag maggiormente riportati dagli esponenti dei due nuovi partiti Ciudadanos e Podemos è stato #cambio. I candidati di Podemos lo hanno tuittato ben 373 volte e quelli di Ciudadanos 256. #HeVotado (Ho Votato) è stato utilizzato circa 46mila volte, #ganar (vincere) circa 39mila e #sondeos (sondaggi) è il tag in testa con 76mila condivisioni da parte degli utenti.

I colossi della politica hanno saputo adattarsi al nuovo linguaggio dei social, che resta, soprattutto per i nuovi partiti, il modo più immediato di comunicare con l’elettorato, di dialogare e sorridere ai giovani, e quindi al futuro. Può darsi che Twitter si riduca all’opinione delle persone e abbia ragione Noam Chomsky, che in una recente intervista ha dichiarato di preferire i quotidiani ai social media. Eppure, la potenza del tweet è innegabile, basti pensare agli Indignados del movimento sociale del 15-M e all’eco di protesta della #Spanish Revolution, che fece il giro d’Europa e del mondo, prima su Twitter e solo in seguito, in televisione.
Oggi quelle condivisioni sono diventate la terza forza politica in Spagna.

 

Fonte; espresso.repubblica.it | Autore: FERNANDA PESCE BLAZQUEZ

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