Germania, ora la destra minaccia Angela Merkel

Germania, ora la destra minaccia Angela Merkel

Gli euroscettici di Alternative für Deutschland (AfD) sono riusciti a rompere l’etichetta di movimento d’élite condannato all’irrilevanza.
Mai i prof affezionati al supermarco avrebbero potuto superare la soglia del 3%, al massimo del 5%, sosteneva la stragrande maggioranza degli analisti tedeschi: non possono attecchire in Germania, non hanno mai sfondato.
NO EURO, NO ISLAM. Invece, perdendo qualche pezzo, con cinismo il movimento nato dai manifesti degli economisti tedeschi anti-euro ha deciso di cavalcare la deriva populista anti-islamica diventando la minaccia più seria per la cancelliera Angela Merkel e il suo partito (Csu-Cdu).
La tendenza, come in Gran Bretagna, della destra più insofferente alla moneta unica e ai migranti a confluire in un partito liberista e separatista dall’Ue si è palesata con una forza impressionante alle Regionali dello scorso marzo: nei Land di Baden-Württemberg, Renania-Palatinato e Sachsen-Anhalt, le preferenze ad AfD sono schizzate, nell’ordine, a quasi il 15%, il 13% e il 30%.
SCONTRI A STOCCARDA. Assediati dalle sassaiole dei black-bloc, al Congresso nazionale del primo maggio a Stoccarda, il loro feudo più ricco, gli euroscettici tedeschi hanno firmato un programma fondativo che è prima di tutto un attacco diretto alla Grande coalizione di Merkel.
Poi un sinistro avvertimento alla ventilata ricandidatura della cancelliera alle Legislative del 2017.

Liberisti, populisti, nazionalisti: la deriva a destra degli euroscettici

A sinistra AfD alimenta scontri sociali e malumori tra i Verdi e i socialdemocratici (Spd).
Ma a destra il direttorio di Frauke Petry, giovane ragazza dell’Est come lo era Merkel ai tempi del tramonto di Helmut Kohl, fervente protestante e scienziata-imprenditrice, sta facendo il pieno dell’elettorato degli scontenti, intanto il bacino di voti latenti dei liberali-liberisti (Fpd), sgonfiatisi in pochi anni dal 13% al 2,5% con la parabola del loro leader carismatico Guido Westerwelle.
DALL’FPD AD AFD. La cancelliera aveva saputo raccogliere solo in parte questi consensi orfani di partito, nel momento di massima popolarità: ma le sue politiche attendiste, democristiane e pro-euro avevano sempre frustrato questi elettori di idee più radicali, già allora più simpatizzanti con gli architetti di un’Europa a due velocità che non con i teorici dell’euro e dell’austerity.
Il macroeconomista Bernd Lucke e altri fondatori, nel 2013, di AfD avevano da anni un seguito nell’Fdp: la loro uscita dal movimento, nel 2015, con l’investitura a leader di Petry ha segnato una cambio di passo ma anche la svolta vincente nazionalista e populista degli euroscettici.
La nicchia dei prof ha fondato il nuovo partito Alleanza per il Progresso ed il Rinnovamento (Alfa), questo sì, votato al fallimento.
MERKEL TREMA. I non politically correct di AfD hanno invece saldato alla destra liberista, critica verso le politiche inefficaci di Bruxelles, i voti dei populisti anti-euro e anti-immigranti di Pegida, il movimento popolare esploso nell’ex Ddr.
L’acme dei consensi ad AfD è arrivato con il «nessun limite ai profughi», pronunciato dalla cancelliera la scorsa estate che ha sempre più spaccato la Germania.
Da allora Merkel rischia che anche parte dell’ala più a destra del suo partito (i bavaresi della Csu) finisca per votare gli euroscettici di Frau Petry: finora si sono dichiarati favorevoli ai muri dell’Austria e dell’Ungheria.

Il programma anti-Islam uscito dal Congresso di Stoccarda

Gli euroscettici tedeschi dicono no all’Ue come gli inglesi dell’Ukip.

Solleticano i nazionalpopulisti come il Front National francese di Marine Le Pen, dicono no ai migranti e all’euro come la Lega Nord, si avvicinano all’estrema destra anti-islamica austriaca (Fpö) di Norbert Hofer, primo partito alle Presidenziali.
Gli ultimi sondaggi li danno in leggero ribasso dopo l’exploit di due mesi fa, di nuovo testa a testa con i Verdi. Ma AfD è un fenomeno potenzialmente dilagante in Germania: in un semestre è spiccato terza formazione politica dopo la Csu-Cdu di Merkel e i socialdemocratici, la sinistra radicale (Linke) non raggiunge il 10%, anche Pegida, come già i Pirati, è in via d’estinzione.
SULLE ORME DELLA BREXIT. I loro elettori di pancia stanno migrando verso gli euroscettici, un partito ben più strutturato e pericoloso.
La timoniera Petry ha proposto un referendum sull’euro e sull’Ue, come la Brexit.
I 2.400 partecipanti al Congresso hanno vergato nel loro primo vero programma di partito che l’«Islam non fa parte della Germania» e che i «minareti, le preghiere dei muezzin e il velo integrale devono essere banditi», in difesa della «cultura occidentale e cristiana».
L’opposto della presa di posizione della cancelliera che nel 2014, prima dell’ondata migratoria, dichiarò – contestatissima da Pegida – l’Islam e i musulmani «parte della società tedesca».

GERMANIA SPACCATA. Due anni e più di 1 milione di richiedenti asilo dopo, Merkel è sulla graticola per le violenze di Capodanno a Colonia e i suoi consensi calano in roccaforti storiche dei conservatori come la Baviera e il Baden-Württemberg.
Anche nei Land più ricchi, non solo nell’Est ancora depresso, fa breccia AfD che ha proclamato «l’Islam incompatibile con la Costituzione»: un partito che «divide», anche tra le nuove generazioni, in questo i fatti danno ragione al giudizio della cancelliera.
In quasi 2 mila giovani (centinaia gli arrestati), hanno manifestato contro i «nazisti del Congresso», lanciando anche pietre. Altre migliaia di giovani incendiano i centri profughi e votano AfD.

Fonte: lettera43.it

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