Leali fino in fondo, uomini di mondo e che non abbiano mai ricoperto incarichi in campagne elettorali di grande livello.
Questo l’identikit del collaboratore tipo di Donald Trump. Dai consulenti elettorali agli esperti di logistica, fino ai consiglieri per la politica estera.
LEWANDOWSKI IL ‘BUTTAFUORI’. A partire da Corey Lewandowski, fino a poche settimane fa responsabile della sua impresa politica. Originario del New England, metà uomo dei numeri, metà buttafuori, Lewandowski si è formato nelle battaglie elettorali di New Hampshire e Ohio. Spesso dedicandosi ad avventure alquanto improbabili. Come nel 2002 quando accetta di occuparsi della corsa del senatore Bob Smith, sebbene avesse contro l’intero establishment di Washington.
O come nel 2005 quando, dopo averne curato la campagna elettorale, si ritrova a testimoniare davanti a un giudice in favore del deputato dell’Ohio Bob Ney, accusato di corruzione.
MANI ADDOSSO ALLA GIORNALISTA. Nel 2008 inizia a collaborare con il superpac dei fratelli Koch, Americans for Prosperity, impegnandosi in cause profondamente conservatrici.
Da qui lo preleva Trump, forse nella speranza di ingraziarsi proprio i due magnati dell’industria pesante. Spietato nella denigrazione dell’avversario e facile a menare le mani, lo scorso marzo è assurto alla ribalta delle cronache nazionali.
Prima per aver strattonato una giornalista, Michelle Fields, che lo incalzava di domande, quindi per aver trascinato un uomo che protestava contro Trump durante un comizio. Intemperanze che hanno convinto l’imprenditore newyorkese a spogliarlo del ruolo, incaricandolo tuttavia di selezionare nei prossimi mesi il candidato alla vicepresidenza da inserire nel ticket.
MANAFORT AL SUO POSTO. Mentre da un paio di mesi il suo posto è stato occupato dal lobbista Paul Manafort, noto per aver svolto negli ultimi decenni attività di pressione in favore di dittatori del calibro di Siad Barre, Mobutu Sese Seko e Viktor Yanukovich. E per essere stato accusato negli Anni 90 di collusione con i servizi segreti pakistani.
Ingaggiato inizialmente in vista di una convenzione contestata che non si materializzerà, nonostante i suoi opachi trascorsi, ora Manafort è chiamato a istituzionalizzare il messaggio e la postura del nominee in pectore del Partito Repubblicano.
CONTROVERSI E SEMISCONOSCIUTI. Alquanto controversi e discretamente ignoti anche gli esperti di politica estera che Trump ha voluto al suo fianco.
Su tutti Walid Phares, professore presso la National Defense University e commentatore di Fox News, che recentemente ha definito l’Isis in ascesa all’interno degli Stati Uniti; George Papadopoulos, consulente in materia di idrocarburi; Joe Schmitz, già ispettore generale del Pentagono e dirigente dell’azienda militare privata Blackwater; nonché il generale Keith Kellogg, che nei primi Anni 2000 è stato tra i consiglieri di Paul Bremer, plenipotenziario in Iraq.
Questo articolo è un estratto del numero di pagina99 in edicola dal 14 maggio. Fonte: lettera43.it