Elezioni, ecco perché i sondaggi sbagliano (ma spesso ci beccano)

Elezioni, ecco perché i sondaggi sbagliano (ma spesso ci beccano)

«È più facile ricordare un sondaggio o una proiezione sbagliata che cento giuste». È con questa serafica certezza che Lorenzo Pregliasco, direttore e cofondatore di Quorum e YouTrend, si avvicina alla notte di domenica 5 maggio. Cui toccherà l’onore e l’onere di fornire le prime proiezioni del voto a SkyTg24 e le tendenze che emergeranno nelle ore successive: «Le proiezioni non sondaggi, ma stime statistiche su voti reali già scrutinati – spiega – Avremo dei rilevatori su sedi elettorali campione, seggi in cui il voto rispecchia storicamente quello cittadino. Attraverso questa stima potremo fornire una possibile linea di tendenza sul voto, che sarà poi aggiornata man mano che arriveranno i voti reali».

Ogni elezione è un rischio per voi. Sondaggi ed exit poll smentiti dai dati reali, politici e giornalisti che si devono rimangiare dichiarazioni e analisi nel giro di poche decine di minuti. Non è un mestiere semplice, il vostro…
No, non lo è. Ma occorre fare un po’ di chiarezza. I sondaggi, al netto di ogni approssimazione o margine d’errore, sono uno strumento che vale solo in funzione del momento in cui viene fatto. Non predicono il risultato di un elezione che avverrà a distanza di settimane. Lo dico perché si sente spesso dire che il candidato Tizio ha vinto, «nonostante i sondaggi avessero previsto che…».

Partiamo da qui: si può valutare a priori l’attendibilità di un sondaggio?
Ci sono mille studi e riflessioni a livello metodologico, è un tema molto complesso. Però possiamo dire, ad esempio, che il sondaggio telefonico è ancora quello più attendibile. Molto più del web, tanto per essere chiari.

Perché allora in molti fanno sondaggi via web?
Perché è diventato molto difficile raggiungere le persone al telefono. Oggi per un’intervista completa, devi fare tra le sei e le dieci telefonate. Non parlo di chi non vuole rispondere, ma di quando trovi il telefono occupato, quando squilla a vuoto, quando la persona deve uscire e non può rispondere, quando risponde, ma non ricade nel campione. In più, ormai, sempre meno persone hanno il telefono fisso. Per questo, stiamo usando sempre più spesso un metodo che fa un mix di telefoni fissi e cellulari.

E i sondaggi via web, per l’appunto? Perché non sono altrettanto attendibili?
Sondaggi web sono fatti con dei panel, a cui ci si deve iscrivere. Chi si iscrive di solito è motivato politicamente. E questo può falsare il sondaggio.

Torniamo al telefono: quante telefonate servono, per un sondaggio fatto bene?
Più telefonate fai, più alto è il costo e più lungo il tempo per analizzare i dati. A volte non ci sono i soldi né il tempo. Per un piccolo comune, di solito, non si va sopra le 600 interviste. Il numero medio è tra 800 e 1000. Qualche volta si fanno sondaggi con un campione più largo, tra le 1500 e le 2000 interviste. Più che per ridurre il margine di errore, per fare incroci più solidi. Ad esempio, sapere se i giovani votano più a destra o a sinistra.

800 persone bastano per decidere se a Milano vincerà Sala o Parisi?
Le interviste hanno una logica, non sono casuali. C’è un campione studiato in funzione di tanti parametri della popolazione: la giusta distribuzione di uomini e donne, la giusta distribuzione per età, il giusto livello di istruzione.

Basta?
Non è detto. Il rischio di sbilanciare il campione è sempre molto elevato. Per questo serve anche applicare dei correttivi e delle ponderazioni. Ad esempio, in funzione di quel che le persone che intervisti hanno votato in passato.

E quando c’è un movimento che si presenta per la prima volta alle elezioni?
Vai in difficoltà, perché non hai agganci passati, non sai qual era il peso prima di oggi. Nel 2013 c’è stata una sottostima del Movimento Cinque Stelle piuttosto clamorosa. Però, va detto anche che i sondaggi dell’ultima settimana, quelli che non si potevano pubblicare, davano un trend di crescita attorno al 18-20% di Grillo e un calo verticale di Scelta Civica e Mario Monti. Su quell’elezione, peraltro, ha pesato anche l’aspettativa di vittoria di Bersani, che ha demotivato molti elettori di sinistra dall’andare al voto, convinti che il loro sforzo non fosse necessario.

«Nel 2013 c’è stata una sottostima del Movimento Cinque Stelle piuttosto clamorosa. Però, va detto anche che i sondaggi dell’ultima settimana, quelli che non si potevano pubblicare, davano un trend di crescita attorno al 18-20% di Grillo e un calo verticale di Scelta Civica e Mario Monti»

Lorenzo Pregliasco, YouTrend

Parliamone, del fatto che gli ultimi giorni prima del voto non si possa pubblicare alcuna rilevazione. Davvero i sondaggi possono influenzare le scelte delle persone?
Un po’ incidono. Sono uno degli elementi di scenario su cui gli elettori ragionano. E se non lo fanno loro, lo fanno giornali e media li leggono e li interpretano. E a volte le stesse campagne elettorali fanno gioco dei sondaggi in modo molto efficace. Beriusconi ha mobilitato i suoi con l’aria di rimonta sia nel 2006, sia nel 2013.

A proposito di Berlusconi: è vera questa leggenda che la maggioranza silenziosa, soprattutto quella che vota a destra, sia sottostimata dai sondaggi?
È un tema reale, con cui facciamo i conti dal 1992, quando i sondaggi sottostimarono clamorosamente il voto per i conservatori alle elezioni britanniche. In parte è vero: l’elettorato militante ti risponde di più. E, storicamente, l’elettore militante è più presente nel centrosinistra. Con Renzi nel 2014 però è successo il contrario, quindi non si può mai sapere. Soprattutto ora, in una situazione che non è più bipolare, ma molto più sfarinata.

E aumentano gli indecisi…
È vero. È un fenomeno che nasce tra il 2008 e il 2010 e che ha reso la mobilità di voto molto più elevata.

Quindi è cruciale l’ultima settimana di campagna elettorale, oggi più che mai, per convincere gli indecisi…
No, non credo. Perché l’indecisione non è solo su chi votare, ma anche se andare a votare. Le forze politiche preferiscono concentrarsi sulla mobilitazione del loro elettorato “storico”.

Arriviamo al dopo voto e agli exit poll, altra croce e delizia di voi sondaggisti…
Perché delizia?

Ok, solo croce. E immagino sia per questo che non il farete, questa volta…
Il metodo ha un suo senso, in realtà. Con un exit poll sai chi effettivamente è andato a votare e sai come si distribuisce la popolazione ai seggi. Le persone hanno appena votato e gli chiedi di ripetere il voto. Il campionamento a passo, ne prendi uno ogni quattro o ogni cinque e poi vai a pesarli, per rispettare la distribuzione demografica. L’uso è prettamente televisivo e ha costi molti elevati, perché servono centinaia di rilevatori in tutta Italia. Se lo usi come metodo predittivo dalle 11 a mezzanotte ha un costo spropositato in relazione al senso del dato. Anche perché hai tantissime non risposte. E rischi di essere clamorosamente smentito, come nel 2006 e nel 2013. Meglio evitare.

Fonte: linkiesta.it | Autore: Francesco Cancellato

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