Per il governo di Theresa May si complica il cammino verso la Brexit. Con 8 giudici a favore e 3 contrari la Corte Suprema di Londra ha disposto in via definitiva che la notifica dell’articolo 50 del Trattato di Lisbona per l’avvio dei negoziati con l’Ue per la Brexit dovrà essere autorizzato da un voto del Parlamento britannico.
Il verdetto conferma quello di primo grado dell’Alta Corte e dà torto al governo May che aveva presentato ricorso invocando il diritto ad attivare l’articolo 50 d’autorità, nel rispetto della volontà popolare del referendum del 23 giugno. L’articolo 50 stabilisce che ogni stato membro può decidere di ritirarsi dall’Unione europea conformemente alle sue norme costituzionali. Se decide di farlo, deve informare il Consiglio europeo della sua intenzione e negoziare un accordo sul suo ritiro, stabilendo le basi giuridiche per un futuro rapporto con l’Unione europea. L’accordo deve essere approvato da una maggioranza qualificata degli stati membri e deve avere il consenso del parlamento europeo. I negoziatori hanno due anni a disposizione dalla data in cui viene chiesta l’applicazione dell’articolo 50 per concludere un accordo, ma questo termine può essere esteso. Se in un momento successivo lo stato che ha lasciato l’Unione vuole rientrarvi deve ricominciare le procedure di ammissione. Nessuno stato ha mai invocato finora l’articolo 50, il Regno Unito sarà il primo.
La Corte Suprema britannica ha inoltre escluso qualunque potere di veto da parte delle assemblee di Scozia, Galles e Irlanda del Nord sulla Brexit, l’uscita della Gran Bretagna dall’Ue. Lo ha annunciato il presidente della Corte, affrontando il secondo punto del suo verdetto odierno e respingendo il tentativo di far valere in questo caso il potere della devolution.
Il governo britannico di Theresa May si è detto «deluso» dell’esito della controversia legale, ma lo rispetta e attuerà quanto richiesto dal verdetto. Lo ha detto l’attorney general Jeremy Wright, notando peraltro che questo verdetto non mette in discussione il referendum e annunciando per oggi la presentazione alle Camere di una legge ad hoc per l’avvio alle procedure di divorzio dall’Ue. Un portavoce di Downing Street ha affermato che «il popolo britannico ha votato per uscire dall’Ue e il governo darà seguito alla sua volontà attivando l’articolo 50, come previsto, entro la fine di marzo. Il voto odierno non cambia niente a riguardo». Intanto, però, esultano gli europeisti. Gina Miller, l’imprenditrice che per prima aveva sollevato la questione del voto della Camera dei Comuni, ha osservato trionfante che «solo il Parlamento è sovrano» e «nessun governo può aspettarsi che le sue azioni non debbano essere scrutinate e valutate». May può consolarsi almeno con il fatto che la Corte suprema ha chiarito che il governo non ha l’obbligo di consultare i parlamenti di Galles, Irlanda del Nord e Scozia, come ha spiegato il presidente della Corte, Lord David Neuberger, in un’aula affollatissima. Il coinvolgimento dei tre parlamentini rischiava di trasformarsi in una trappola politica, in quanto le tre regioni sono contrarie all’uscita dall’Ue. La Corte suprema ha assicurato che non è sua intenzione ribaltare il voto popolare e ha sottolineato che ora la questione diventa «solo politica e non più giuridica». Del resto, nessuno sembra voler annacquare la Brexit. Il leader laburista, Jeremy Corbyn, ha spiegato che il suo partito «rispetta il referendum e la volontà popolare e non frustrera’ il processo per l’attivazione dell’articolo 50».
Fonte: corriere.it | Continua qui