Facebook ha svolto una serie di controlli grazie ai quali è stato possibile ricostruire che, tra il 2015 e maggio del 2017, un circuito di 470 tra false pagine e falsi profili hanno messo mano al portafoglio spendendo fino a 100mila dollari per divulgare contenuti controversi. Un circuito che ora Menlo Park ha chiuso e che ha ricondotto ad organizzazioni vicine al Cremlino comunque gestite al di fuori dei confini russi.
Si è trattato di almeno 5.200 contenuti pubblicitari che non hanno mai sponsorizzato l’elezione di Trump o della sua antagonista Hillary Clintonma hanno enfatizzato le discussioni attorno ai temi più caldi della campagna elettorale, tra cui le armi, i diritti Lgbt e quelli razziali, fornendo punti di vista pre-confezionati e fuorvianti. Un modo per manipolare l’opinione pubblica e influenzarne le capacità di apprezzamento e giudizio.
Facebook ha mantenuto un certo riserbo sulla questione, non fornendo dati né sui 470 account fake né sulla visibilità che hanno avuto i contenuti divulganti da questi, limitandosi però a comunicare che in 2.
200 contenuti (quindi circa il 42% del totale, costati circa 50mila dollari) è più complesso essere certi che vi sia stato un collegamento con Mosca né che i client con cui le inserzioni sono state acquistate fossero sul territorio russo.
Quella di Menlo Park è un’ammissione che costringe a ingranare la retromarcia giacché, nelle settimane successive all’elezione di Trump, Zuckerberg in persona aveva escluso che Facebook potesse essere stato usato per influenzare il risultato elettorale. Un atteggiamento diventato più possibilista con il passare dei mesi, mano a mano che un numero crescente di tecnici del diritto e informatici si chiedesse come mai Facebook, tanto inamovibile sull’ipotesi che qualcuno ne avesse fatto uso per interferire con le elezioni, avesse predisposto una serie di verifiche interne. Domande che non si sono fermate e che, al contrario, hanno assunto toni sempre più critici, fino a chiedersi se a Menlo Park fossero in grado di evitare questo tipo di disguidi prima che si verificassero.
Durante la giornata di ieri un gruppo di esperti di sicurezza stipendiati da Zuckerberg hanno riferito alle commissioni intelligence della Camera e del Senato Usa, da tempo al lavoro per stabilire se ci sono state ingerenze esterne nella corsa alla Casa Bianca. Una conclusione a cui l’intelligence americana era arrivata a gennaio del 2017, con il sospetto che il Cremlino avesse lavorato alacremente per fare eleggere Donald Trump.
Fonte: wired.it | Autore: Giuditta Mosca | Foto: Getty images