C’è una sola cosa al mondo peggiore del far parlare di sé, ed è il non far parlare di sé”. Questa frase, pronunciata dal personaggio di Oscar Wilde, Dorian Gray, potrebbe riassumere l’atteggiamento social di molti politici come Salvini e Trump.
In realtà non è proprio così, o almeno, è un po’ più complesso. Ci si chiede in effetti come sia possibile che personaggi mediaticamente molto attenti come Matteo Salvini o Donald Trump possano commettere palesi strafalcioni sui social. Soprattutto avendo alle spalle staff che hanno dimostrato tutto il loro talento e attenzione ai particolari.
Ve lo ricordate Covfefe? La misteriosa parola scritta da Trump in un tweet è diventata un meme immediato. I suoi refusi non si contano. Ha persino sbagliato a scrivere il messaggio di insediamento come presidente. Honeredal posto di honored. Non proprio un’occasione qualunque.
Giù a ridere e a indignarsi da parte dei suoi detrattori. E giù a ridere e a indignarsi delle reazioni grammar-nazi da parte dei suoi sostenitori. Risultato? L’ennesima occasione di polarizzazione mediatica anti e pro Trump. Ma non è che sotto sotto ci fa e non ci è?
“Trump utilizza le critiche che gli arrivano sui suoi refusi di Twitter come esempi di altezzosità dell’élite. Quindi qualcosa potrebbe esserci”, ammette a Wired Nathan P. Kalmoe, docente di comunicazione politica alla Louisiana State University. “Non sono però sicuro che ciò possa motivare errori di battitura intenzionali.
Li corregge spesso cancellandoli e ri-twittando. Tra l’altro le risposte ai critici sembrano difensive ed esasperate, piuttosto che spinte da una strategia”, aggiunge Kalmoe.
A sostegno dell’ipotesi degli errori genuini ci sarebbe anche il recentissimo esempio avvenuto in Russia. Subito dopo lo storico incontro con Vladimir Putin, Trump ha dovuto precisare ufficialmente di aver sbagliato una frase. Una frase che ha reso del tutto ambigua la sua posizione sulla questione dell’ingerenza russa.
Eppure anche il Trump di casa nostra, Matteo Salvini, pare soffra di una simile sbadataggine. Degna di nota la foto twittata scrivendo @poliziadistato con in primo piano dei Carabinieri. Oppure il post su Facebook in cui annuncia un comizio a Brescia con la foto di Lonato, un’altra città.
Questi e altri particolari sono stati evidenziati da molti come parte di una strategia social ben più raffinata. Tra questi Fabrizio Martire, consulente di comunicazione aziendale. Ha anche curato la campagna elettorale di Laura Castelletti, confermata vicesindaco di Brescia. “Non ho notato questa intenzionalità all’errore da parte di altri partiti diversi dalla Lega. D’altronde si stanno prendendo tutto, a livello di spazio sui social media”, ci confida Martire.
Ricostruendo le tattiche utilizzate dalla Lega, emergono particolari interessanti. Al di là dell’etica, tra fake news e profili finti, è evidente una conoscenza approfondita degli strumenti e delle logiche social. E creare errori ad arte pare funzioni. “L’elettorato di Salvini non si scandalizza rispetto a queste cose, anzi. In un momento come quello che stiamo vivendo, con cultura e scienza attaccate, commettere errori grammaticali o similari è tutt’altro che grave. Il loro pubblico pare apprezzarlo”, spiega Martire.
Dello stesso avviso è Enrico Marchetto, altro esperto italiano di strategie digitali. “Salvini non raggiungerebbe mai l’enorme visibilità che ha se non avesse chi condivide i suoi messaggi. Magari non solo perché odia quel che dice ma anche le sue imprecisioni. Salvini posta sempre sugli argomenti trend del giorno”, precisa Marchetto. “Sui social hai due variabili su cui fondi qualsiasi tipo di visibilità. La prima è la copertura, cioè quante persone raggiungi. La seconda è l’engagement, cioè l’interazione del pubblico”. Sono in molti che tentano di emulare le tattiche di Salvini. D’altronde il suo social media manager, Luca Morisi, ormai è un punto di riferimento per chi si occupa dello studio dei fenomeni politici dei social media in Italia.
Alexandra Georgakopoulou-Nunes insegna analisi dei discorsi e sociolinguistica al King’s College di Londra. Ci conferma che da un lato i leader populisti sembrano avere messaggi più semplici che si adattano facilmente al linguaggio dei social media. Ma dall’altro è proprio il linguaggio dei social media che si adatta meglio al populismo. “Trump lo fa sempre: per come la vedo io non produce realmente errori di ortografia, ma ha reso comuni alcune caratterizzazioni degli avversari, per esempio Crooked Hilary (la disonesta Hillary, ndr). Queste espressioni sono diventate quasi dei neologismi”.
Ad ogni modo l’errore, il refuso, per i leader populisti di destra permette di ottenere un doppio risultato. Serve ad avvicinarsi alla gente comuneallontanandosi dall’élite liberale. Dai radical chic, come vengono additati in Italia. “Poi, quando i critici liberali prendono in giro la sillaba sbagliata o la grammatica, li possono attaccare, dipingendoli come l’élite con la puzza sotto il naso. C’è anche il vantaggio di poter controllare l’agenda setting tramite i propri tweet controversi”, ci spiega ci spiega Nicholas Turnbull, esperto di retorica politica all’Università di Manchester. Attirare cioè i media, aumentando quindi la propria visibilità. “Twitter è un mezzo ideale per questo. Gli errori sono parzialmente scusabili, dato che i messaggi sono scritti sulle tastiere del telefono”, fa notare Turnbull.
E poi c’è il messaggio. Trump e Salvini, seguendo attentamente le sensibilità del pubblico, puntano su messaggi radicalmente emozionali. Che colpiscono sostenitori e avversari. Per i sostenitori ovviamente quei messaggi sono importanti. Chi fa notare e ridicolizza i refusi viene in sostanza accusato di voler mettere in discussione il contenuto utilizzando un pretesto. Guardando quindi il dito che mostra la Luna.
Allora che fare? Se da un lato l’indignazione anche da parte dei media alla lunga risulta perdente, ridicolizzare potrebbe essere vincente ma estremamente difficile. Quindi ignorare e basta? Forse la chiave è riuscire a dare il giusto peso ai fatti, refusi compresi.
Sia Enrico Marchetto sia Fabrizio Martire mettono però in guardia dal voler replicare le strategie social salviniane. Al di là che è difficile portare all’infinito la tattica della provocazione, può avere l’effetto di allontanare il proprio elettorato. “La cosa peggiore in assoluto che gli avversari di Salvini possono fare è cercare di affrontarlo sul suo stesso campo di battaglia. Scimmiottando magari le sue strategie. Tentativi simili fatti dalla sinistra sono stati assolutamente trash e fallimentari”, precisa Marchetto.
Tuttavia semplificare il linguaggio per Martire è fondamentale. “Far vedere che sei bravo a scuola non frega a nessuno. Non si può comunicare solo con i numeri. Semplificare però non deve per forza voler dire abbassare il livello culturale”.
Fonte: wired.it