Quando Dante si perde “per una selva oscura ché la diritta via era smarrita” trova sul suo cammino – a sbarrargli il passo e impedirgli di procedere – 3 fiere. Anche il Partito Democratico si è perso in una selva oscura e ha tre fiere a sbarrargli il passo.
In questi giorni si celebrano i 5 anni dell’hashtag “#Enricostaisereno”, che fu per il PD più o meno quello che il telegramma di Ems è stato per “Napoleone il Piccolo” e il suo II Impero: l’inizio della fine.
Ho sentito la Convention PD di ieri. Non c’è traccia di una qualche forma non dico di autocritica, ma di rilettura del passato, malgrado in poco più di un paio d’anni il partito abbia più che dimezzato i voti. Il breve regno renziano si è caratterizzato per la sistematica demolizione politica e culturale delle tre colonne portanti della sinistra italiana: scuola, lavoro, Costituzione, parimenti oggetto di riforme di tipo liberista che avrebbero dovuto portare al PD nuovi consensi da destra e invece sono servite solo a perderne a sinistra.
Ma di tutto questo non c’è traccia e non avrebbe potuto essercene, per tre ragioni fondamentali, le tre “fiere” sul sentiero per uscire dalla selva oscura:
1. Il principio “cesaristico” che induce a focalizzare l’attenzione sul Capo piuttosto che sui contenuti. Con pezzi di classe dirigente che si spostano di qua e di là per affiancare – di volta in volta – il leader che ritengono vincente. Così, al cambiare del segretario, spesso non cambia il Politburo che lo condiziona e lo imbriglia. Lo stesso Zingaretti – che pure dovrebbe essere l’elemento di discontinuità con il recente passato – non può distaccarsene più di tanto, perché la sua coalizione è fatta anche da troppi Zelig che gli stanno vicino, indebolendolo mentre lo rafforzano;
2. l’assenza di progetto. Nel periodo 2011-2018 il PD ha governato il Paese sostenendo 4 governi consecutivamente. Ha inoltre amministrato la maggioranza delle regioni e quasi tutte le principali città. Troppo potere tutto in un colpo, troppa chiusura nel Palazzo, troppa assenza di reale dibattito nel partito, troppa autoreferenzialità: il picco di potere del PD è coinciso con la rottura con la propria base elettorale e la rinuncia a qualsiasi tentativo di lettura dei cambiamenti sociali. Nel partito sono entrati troppi elementi estranei alla storia del centrosinistra, affascinati dalla possibilità di carriere rapide e redditizie e chi faceva parte del Partito da anni si sentiva spiegare da ragazzini boriosi neoiscritti che cosa fosse il Centrosinistra e come tutte le cose che i vecchi militanti avessero sostenuto per tutta la vita fossero sbagliate e senza futuro;
3. la paura. Ieri ho percepito paura. Paura di scomparire. Paura di rischiare. Paura di dire le cose come stanno. Paura di confrontarsi. Paura di esistere. Ma una forza politica non sopravvive grazie alla paura, questo lo possono fare gli individui nella giungla, ma le organizzazioni collettive devono avere prospettiva e coraggio, altrimenti scompaiono.
Il dramma del PD, prigioniero di queste tre fiere – il Cesarismo, l’Autoreferenzialità, la Paura – è un problema per tutti coloro che reputano necessaria una sinistra sociale e democratica. Perché la realtà – pure è semplice – è che senza il PD non esiste una alternativa di centrosinistra, ma con questo PD non sembra possibile andare da nessuna parte. Lungo la strada Dante ha trovato Virgilio che lo ha guidato attraverso Inferno e Purgatorio. Ma non si vede alcun Virgilio all’orizzonte…
Marco Cucchini, Poli@rchia