Quella per bloccare il consumo del suolo, quella per il sostegno all’agricoltura biologica, quella per l’end of waste. Ancora: stop ai 16 miliardi di sussidi alle fonti fossili e via libera al decreto rinnovabili. Sono tanti i progetti di legge per il clima: ora il parlamento faccia la sua parte.
Si fa presto a dire Greta! Ma in Italia cosa abbiamo fatto concretamente per risolvere la crisi climatica? Oggi saremo in tantissimi in piazza per dire che il mondo non può più aspettare e che la crisi climatica ha bisogno di una decisione immediata perché siamo di fronte ad un bivio: rivoluzionare totalmente la nostra società o assistere al lento collasso del Pianeta.
L’ultimo, in ordine di tempo, a raccontare la gravità della situazione è il rapporto sul Global Environment Outlook – firmato da 250 scienziati provenienti da 70 Paesi dopo un lavoro durato sei anni – che certifica come un quarto delle morti premature e delle malattie in tutto il mondo sia legato all’inquinamento e ai danni all’ambiente causati dall’uomo. Le emissioni di gas serra continuano a salire tra siccità, inondazioni e tempeste aggravate dall’aumento dei livelli del mare; ma sono anni che gli scienziati lanciano allarmi inascoltati dalla politica globale. Solo il vertice di Parigi del 2015 e gli accordi conseguenti sulla riduzione delle emissioni avevano dato un segnale di speranza concreto, segnale spazzato via dall’ottusa cecità di Trump e dall’ignavia degli altri Governi.
Ci voleva una giovane ragazza di 16 anni, Greta Thunberg, ad inchiodare i leader mondiali alle loro responsabilità; oggi porterà in piazza milioni di giovani in tutto il mondo perché la questione climatica è anche una questione generazionale. Stiamo letteralmente e materialmente rubando il futuro ai nostri figli. Attenzione però! Leggo di dediche e adesioni allo sciopero di oggi da parte di esponenti politici. Bene! Ma Greta non può diventare la nostra catarsi! Qui bisogna purificare l’aria che respiriamo e il cibo che mangiamo, non noi stessi. Per farlo basta che ognuno faccia la sua parte. A partire dalla politica, anche nostrana.
Se vogliamo sentirci parte davvero di questa rivoluzione climatica e fare il nostro dovere ci sono alcune norme e leggi che attendono da anni di essere approvate dal Parlamento italiano, segnalando la trasversalità dell’ipocrisia politica. Vogliamo essere tutti un po’ Greta? Facile! I parlamentari e le parlamentari italiane (e chi se ne frega del gruppo in cui siamo seduti) approvino subito la legge per bloccare il consumo del suolo e favorire la rigenerazione edilizia, così da ridurre l’impermeabilizzazione del territorio, cavare meno materiali, fermare le emissioni. Il Senato dia immediatamente il via alla legge per il sostegno all’agricoltura biologica (la Senatrice Cattaneo, che tanto la osteggia, se ne farà una ragione) poiché garantirebbe da sola una riduzione delle emissioni del 23% in tutta Europa.
Visto che ci si appassiona molto, sul Tav (trattasi di un buco di 53 km in una montagna) segnalo che a questo Paese manca, ed è atteso dal 2001, un Piano Generale dei Trasporti e della Logistica che ci consentirebbe di fare magari come la Svizzera e spostare il 70% delle merci dalla strada al ferro
Via anche i 16 miliardi di euro che ogni anno l’Italia concede – tra sgravi e sussidi diretti – alle fonti fossili, non secondo quella pericolosa estremista di Greta ma secondo il Mattm che stila la lista delle attività altamente inquinanti finanziate con i soldi pubblici. Stop anche agli incentivi Cip6 che assimilano i termovalorizzatori ad impianti di produzione di energie rinnovabili (con buona pace dei deputati che in queste ore si stanno scagliando contro un sacrosanto emendamento presentato in Commissione); e finalmente via libera al decreto rinnovabili che, peraltro, darebbe stabilità ad un settore centrale della cosiddetta green economy di cui tutti, ma proprio tutti, hanno riempito i propri programmi elettorali. E poi approviamo rapidamente i decreti attuativi per l’end of waste, ovvero quel pacchetto normativo che finalmente definirebbe quando e come un rifiuto smette di essere tale e diventa materia prima seconda, cioè può rientrare nel ciclo produttivo diminuendo emissioni, consumo di materie prime, creando migliaia di nuovi posti di lavoro.
Oh! Visto che ci si appassiona molto, sul Tav (trattasi di un buco di 53 km in una montagna) segnalo che a questo Paese manca, ed è atteso dal 2001, un Piano Generale dei Trasporti e della Logistica che ci consentirebbe di fare magari come la Svizzera e spostare il 70% delle merci dalla strada al ferro. E, forse (sottolineo il forse), darebbe senso pure ad un buco in una montagna pronto nel 2035. Infine ci sarebbe da leggere ed approvare la legge sullo stop alla plastica a mare annunciata da mesi. Io, molto più umilmente, ne ho depositata una ad inizio Legislatura (in verità ne ho una depositata una per ognuno di questi temi, ma le straccerei volentieri per votare quelle di qualsiasi Governo se solo si impegnasse su questo fronte) che prevede l’impiego delle unità di pesca per il recupero dei rifiuti a mare: è lì, a disposizione, e possiamo firmarla ed approvarla tutti insieme.
Insomma per essere Greta bisogna avere coraggio, e riconoscere che sul clima “bisogna andare nel panico”, perché abbiamo davvero una finestra strettissima di tempo per cambiare. L’Italia può e deve fare la sua parte: dobbiamo tagliare le nostre emissioni di circa 13 milioni di tonnellate di CO2 equivalenti, produrre ogni anno 1,5 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio con le energie rinnovabili, e spingere l’UE a ritrovare la sua leadership sul clima, portando ben oltre la soglia del 55% gli obiettivi di riduzione delle emissioni al 2030.
Solo dopo aver approvato queste leggi, e solo allora, potremo guardare Greta negli occhi e chiederle di venire a parlare al Parlamento italiano.
Fonte: Linkiesta