Silvio e Giulio, le eterne leggi del marketing politico

Silvio e Giulio, le eterne leggi del marketing politico

07/10/2012 – Grandi manovre sul nulla, nello stagno della politica italiana. L’assembramento neocentrista intorno al nome di Mario Monti suona piuttosto interessato, visto che in molti casi proviene da soggetti che hanno attivamente partecipato al dissesto del paese. Monti visto come parafulmine domestico ed internazionale fa comodo a molti, in una strategia del camuffamento che appare sempre più evidente. Alla stessa logica di marketing politico appartengono ipotesi di creazione di liste civiche e contrassegni “nuovi”, ma anche le voci ricorrenti di restyling che interesserebbero il Pdl e, soprattutto, la strategia di comunicazione di Silvio Berlusconi. L’uomo ha cominciato nel 1994 come esponente anticasta ante litteram, con messaggi ambigui ma al contempo molto chiari: lotta alla corruzione, merito, liberazione delle energie della società, imprigionate da burocrazia che genera corruzione e da blocchi di potere “conservatori” come il sindacato. In molti, in quel messaggio originario, avevano pure letto una sorta di thatcherismo all’italiana. O forse chiunque leggeva ciò che voleva leggere, in quella scatola magica avvolta in carta colorata e nastri sgargianti. Era l’epoca della Grande Regressione all’età infantile, quella in cui i desideri si avverano, se solo ci mettiamo d’impegno a pensarli intensamente.

Il resto della storia, soprattutto nel decennio Duemila, quello che ha visto Berlusconi ed il berlusconismo al potere per otto anni su dieci, è noto. Berlusconi ha cambiato pelle più e più volte, diventando concavo quando l’elettorato era convesso e viceversa. All’ultima campagna elettorale, quella del 2008, mentre sul mondo si addensavano le nubi di quella che sarebbe diventata la più grave crisi economica degli ultimi ottant’anni, Berlusconi trasmetteva messaggi protettivi e rassicuranti, giungendo finanche a desiderare di passare alla storia come l’emulo di Fanfani, quello che diede all’Italia, negli anni Cinquanta, il piano nazionale degli alloggi popolari. Esprimete un desiderio, Silvio vi è vicino. Basta liberismo e mercato (sempre a livello virtuale, s’intende, visto che il paese non ha mai vissuto nulla del genere), arriva la polizza contro le intemperie del mondo, offerta dal vostro agente assicurativo di fiducia.

In parallelo alla storia politica di Berlusconi si dipana quella di Giulio Tremonti, sempre accanto al Cavaliere nelle avventure ministeriali, con l’unica eccezione dell’ultimo scorcio della legislatura 2001-2006, quando fu estromesso dal governo soprattutto per fermo volere di Gianfranco Fini, a cui Berlusconi sacrificò temporaneamente il suo Richelieu. Anche Tremonti è un camaleonte della comunicazione politica: dopo una breve parentesi efficientista e mercatista, quella in cui fa il salto della quaglia e giunge a Forza Italia dal Patto Segni, si scopre visceralmente antiglobalista, diventando l’anello di congiunzione tra il forzismo ed il leghismo terrorizzato dai grandi orizzonti che minacciano le piccole e piccolissime patrie.

L’ultimo Berlusconi è la stanca maschera di un attore che ripete se stesso, sempre meno convinto dopo innumerevoli repliche che lasciano il teatrino con sempre meno spettatori ma comunque con un seguito ancora inspiegabilmente robusto, malgrado giochi di prestigio e repertorio di lazzi siano ormai gli stessi da sempre. Ed ogni anno il rito si ripete: la meditazione estiva in qualche villa, i chili persi in un allegorico fitness fisico-politico intensivo, lo spin mediatico di annunci sapientemente dosati di grandi cambiamenti, che alla fine si riconducono quasi sempre a logo e denominazione del “movimento”. Anche quest’anno non è cambiato granché: il marketing ha regole eterne, in fondo. Nel frattempo, il Richelieu di Berlusconi ha scritto l’ennesimo libro millenarista ed antiglobalizzatore, e si accinge a lanciare un “manifesto” non di bancarotta intellettuale ma di rigenerazione morale, che sembra copiato da qualche prezioso canone del Sacro Romano Impero, ibridato con le immortali suggestioni socialiste.

Alla fine dei giochi, i percorsi dei due finti demiurghi del promesso rinascimento italiano divenuto dissesto potrebbero tornare ad incrociarsi, per rassicurare il popolo spaventato e bisognoso di protezione contro le forze del dio malefico ed inesistente che li minaccia, il mercato.

Sono le eterne leggi del marketing, applicate ad un paese che ha perso la memoria.

Fonte: huffingtonpost.it | Autore: Mario Seminerio | Foto: direttanews.it

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