L’ITER DELLA DISCIPLINA
In questo senso, l’iniziativa di Fico si qualifica come il primo reale tentativo di rendere effettiva una disciplina disegnata a fatica nel corso della precedente legislatura, soprattutto grazie all’impegno della presidente della Camera Laura Boldrini e della vicepresidente Marina Sereni. La regolamentazione dell’attività di rappresentanza di interessi alla Camera, approvata con una modifica al Regolamento della Camera dei deputati il 26 aprile 2016 e dotata di una disciplina attuativa ratificata a febbraio 2017, ha avuto un timido avvio al termine della scorsa legislatura. Approccio minimale, ispirata al modello UE, tale regolamentazione prevedeva l’accesso alla Camera e la possibilità di incontrare i deputati in tutte le sedi solo per quei portatori di interesse che si fossero iscritti al Registro pubblico; era poi necessario, per i gruppi registrati, fornire una serie di informazioni sulle organizzazioni, i rappresentanti, i temi di interesse e una rendicontazione annuale sulle attività realizzate a Montecitorio con i parlamentari.
IL REGISTRO
Nell’attuale legislatura, il 7 febbraio 2019, su impulso dell’Ufficio di Presidenza della Camera, la disciplina della camera bassa del Parlamento ha visto rafforzare uno dei propri assi portanti, ovvero l’indicazione puntuale dei nominativi dei deputati incontrati dai portatori di interesse, senza ricorrere ad espressioni di tipo generico. Ora, con le prime sanzioni, l’Ufficio di Presidenza dimostra di voler applicare severamente le norme previste dal Registro, rendendo effettive disposizioni che erano state forse sottovalutate nella propria portata dai gruppi di interesse.
UNA SOLUZIONE RAGIONEVOLE…
Nella generale difficoltà di far approvare una disciplina nazionale sui rapporti tra portatori di interessi e decisori politici nazionali, la scelta di far funzionare le norme esistenti rischia di sembrare un atto rivoluzionario. Invece di appellarsi all’introduzione di astratti modelli disciplinari stranieri nel sistema italiano (con tutte le difficoltà che questa operazione di traslazione comporterebbe in un sistema politico così specifico come il nostro), si sceglie di intervenire sulla fase di implementazione dell’esistente, pur tra i vincoli e i limiti della situazione di partenza. Far funzionare il sistema con le risorse a disposizione, anziché renderlo ancora più elefantiaco e contraddittorio a causa della bulimia legislativa così tipica dell’Italia, si pone come la strada del buon senso, ossia la via giusta da praticare in tempi incerti e su temi, come quello del lobbying, su cui non vi è unitarietà di intenti nell’approccio politico delle forze di governo. In questo contesto, una messa a punto efficace delle regole esistenti sembra valere più di molte innovazioni legislative, dispendiose tanto in termini di economia di tempo e risorse.
…MA INTERMEDIA
Tuttavia, l’innovazione nell’approccio del presidente della Camera e del suo Ufficio di Presidenza, si pone come una strategia intermedia sul tema per il Movimento Cinque Stelle, che nel mese di maggio 2019 ha presentato, in entrambi i rami del Parlamento, due distinte proposte di legge per la disciplina del lobbying. Le proposte, a firma di Francesco Silvestri alla Camera e di un big del partito come Nicola Morra al Senato, presentano un impianto normativo sostanzialmente omogeneo. Si delinea un modello con un unico registro dei portatori di interesse, che abroga tutte le altre realtà esistenti presso Mise, Mipaf, Minwelfare; viene prescritto un sistema di iscrizione obbligatoria dei lobbisti, e posta in essere una struttura per i controlli e la verifica della rendicontazione dei gruppi di interesse, chiamati a rispettare l’adozione di un codice di condotta e a vedere pubblicati in modo trasparente i propri incontri con i decisori pubblici. Si tratta, in prima analisi, di un modello strutturato di disciplina del lobbying, declinato secondo un modello interpretativo del fenomeno che parla, in modo chiaro e coerente, alla base elettorale del M5S e risponde alle richieste di trasparenza e accountability di questo segmento.
TRASPARENZA E QUALITÀ DELLA DEMOCRAZIA
Dunque, la questione delle regole per i gruppi di interesse torna ad essere al centro della riflessione di una delle due forze di governo. Tuttavia, sembra questa la sede per ricordare che il tema della partecipazione dei portatori di interesse ai processi decisionali pubblici vada interpretato in modo più complessivo, orientandosi nella direzione della qualità della democrazia, oltre che della trasparenza dei procedimenti di assunzione delle decisioni e dell’accountability degli attori politici. Sarebbe, quindi, opportuno che il dibattito parlamentare su questi due disegni di legge tenesse conto di questo importante inquadramento alla questione delle regole per i gruppi di interesse, nei termini in cui il tema è stato presentato nel corso del Rapporto annuale 2019 di Italiadecide. In tale report, correttamente si rappresenta l’esigenza di introdurre nel processo decisionale pubblico la duplice dimensione delle competenze specialistiche dei gruppi di interesse economici e della volontà di partecipazione attiva dei gruppi di cittadini, associati attorno ad interessi collettivi. La qualità delle decisioni politiche assunte nel sistema politico può solo migliorare, in termini qualitativi e quantitativi, lì dove la rappresentanza degli interessi particolari viene inserita compiutamente nei processi decisionali, anziché lasciarla all’oscuro o mortificarla con una regolazione troppo cogente. Una questione da considerare accuratamente, nel momento in cui si intende porre delle regole efficaci e inclusive per la complessa questione delle lobby in Italia.
Fonte: Formiche.net | Autore: Maria Cristina Antonucci