Ai mali estremi…

Ai mali estremi…

Ho lasciato la cripta dove trascorro la quarantena per andare a fare la spesa. Cosa che non ho fatto perché al supermercato contingentavano gli ingressi e, anche se posso accettare di fare la fila per Botticelli agli Uffizi, non significa che abbia tutta questa voglia di farla per accedere al banco dei surgelati.

Così ho fatto una breve passeggiata fino al cuore della città di Udine, piazza San Giacomo, tristemente vuota. Il 60-70% dei negozi sono chiusi. Guardavo le vetrine serrate, le luci spenti e mi chiedevo “sono consapevoli al Governo di questo? si preoccupano dell’economia, ma per loro l’economia sono le industrie, l’export, i grandi affari… ma si rendono conto che un mese senza incassi può voler dire la chiusura di grappoli di piccoli esercizi?”

L’incasso di un giorno può voler dire “anche questo mese pago l’affitto del negozio”. E un mese di chiusura può voler dire la rovina per molte famiglie. Rovina vera per famiglie che nella loro bottega di quartiere hanno messo tutto e che non possono certo inventarsi una presenza “online” da mattina a sera. Può voler dire un’ulteriore imbruttimento delle nostre città, un ulteriore passo verso lo snaturamento di uno stile di vita più umano, un ulteriore passo verso la povertà spirituale e materiale.

Oggi un negozietto aperto, una libreria, un alimentari sono piccoli presidi di civiltà e di democrazia (perché la democrazia si nutre di pluralismo non solo politico, ma economico e sociale, quel pluralismo che i mostri dell’online stanno distruggendo) e nessuno ne parla. “Non serve che compri una camicia nuova oggi che magari ti ammali, puoi comprarla anche a maggio!” e intanto il camiciaio chiude.

Bisogna reagire a difesa di questi piccoli santuari di umanità e civiltà dei nostri centri urbani e per farlo c’è un modo. Se abbiamo osato sigillare le frontiere e limitare per decreto (anzi, per Dpcm) fondamentali libertà costituzionali possiamo fare anche l’inosabile: nel prossimo decreto prevedere una mazzata fiscale per Amazon & Co., i soli beneficiari reali di questa tragedia e usare quei soldi per sostenere il piccolo commercio. E non mi si dica “ma c’è già una webtax italiana“… un cerottino da 5-600 milioni di €/anno a fronte di guadagni colossali e con l’Ocse che – a gennaio – ha detto “dobbiamo pensarci ancora un po’, ne riparliamo entro fine anno…

Conosco tutte le obiezioni, tutti i “ma” e i “però” che saltano fuori se si tratta di toccare gli interessi di chi – a forza di piattaforme sempre più invasive – ha distrutto la dignità e la stabilità del lavoro, rovinato famiglie, svuotato i nostri centri storici trasformandoli in “bed & breakfast” e questo solo per darci l’illusoria speranza di risparmiare qualche euro nell’acquisto di un tostapane.

Eppure sono tutte essenzialmente obiezioni politiche. Non posso credere che mentre siamo disposti ad accettare senza fiatare la sospensione di diritti costituzionali fondamentali come la libertà di circolazione e di riunione, tolleriamo che i nostri cari possano morire da soli dietro un vetro e che pure il funerale ci venga proibito, non riusciamo a trovare un modo per strappare qualche piuma agli insopportabili pavoni del web.

Marco Cucchini | Poli@rchia (c) 

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