Nell’articolo dedicato al 25 aprile, il neo direttore di Huffington Post Mattia Feltri scrive testualmente: “La nostra Costituzione, scritta da tutti i partiti antifascisti, compreso il Partito comunista, è una Costituzione antifascista e, nella prassi, diventa una Costituzione anticomunista proprio perché conduce l’Italia nel mondo libero e democratico.”
È una idiozia che verrebbe voglia di liquidare tirando in ballo il DNA, che non mente mai. Ma il tema merita una chiosa più puntuale, anche perché a fianco il nostro Autore ricorda come senza gli Alleati e l’Armata Rossa non vi sarebbe stata la vittoria finale contro il Nazifascismo. È un concetto di una banalità sconcertante: neppure la guerriglia spagnola avrebbe mai piegato le armate di Napoleone se non ci fossero state anche le truppe regolari del Duca di Wellington ma le attività resistenziali hanno un ruolo militare importante e talvolta decisivo nel creare le basi della vittoria attraverso azioni di sabotaggio, disturbo, supporto, intelligence, che tolgono dalla linea del fronte truppe che invece vi sarebbero necessarie e – soprattutto – creano un clima di costante tensione psicologica che impedisce un minimo di rilassamento a chi è dietro le linee, costantemente sul “chi vive” per il rischio di una schioppettata da non si sa dove.
Ma – nel caso della II Guerra Mondiale – la Resistenza europea in generale ebbe un valore diverso, che trascende il dato meramente militare: quello di fornire una legittimazione morale, politica e ideale alle forze contrarie alla “Nacht und Nebel” Nazista, perché non fu solo guerra una mera guerra tra governi – come quasi tutte le guerre europee in Età Moderna – ma un conflitto tra mondi, tra Civiltà e Barbarie e questo valore legittimante fu particolarmente importante nel caso italiano, visto che la guerra l’avevamo iniziata dalla parte sbagliata, e fu grazie allo sforzo resistenziale (e ai volontari nelle truppe regolari dell’esercito del Sud) se siamo riusciti in qualche modo a ripulirci un po’ la coscienza e a non subire il pluriennale regime di occupazione che è invece toccato alla Germania.
Ma tornando al punto di inizio, quello della “Costituzione anticomunista”, mentre non ci sono “contributi” neofascisti al testo costituzionale è invece noto che la cultura marxista – così come quella cattolica e liberale – fu una delle tre che compaiono nella filigrana del testo, influenzandosi a vicenda e connotano ora questo, ora quell’articolo. Inoltre, il PCI fu non solo parte integrante del processo costituente – anche dopo la fine dell’esperienza di governo di grande coalizione – ma ebbe un ruolo cruciale varie volte, soprattutto dopo la fine dell’esperienza Centrista. Ad esempio, pur essendo escluso dalle maggioranze di governo, nel periodo 1946-1991 il PCI fu componente determinante della maggioranza presidenziale 5 volte su 8 – un po’ troppe per considerarlo tagliato fuori dal gioco politico – ma soprattutto dalla Svolta di Salerno del 1944 in poi il comunismo italiano prese una strada via via più autonoma da quello sovietico: la corrente più “ortodossa” fu sempre minoritaria e la scelta dell’adesione alla democrazia costituzionale e parlamentare – fatta nel biennio costituente 1946-48 mai rinnegata, né con le parole e neppure con i fatti.
Certo, per ragioni di carattere internazionale un monocolore a guida Pietro Secchia non sarebbe stato pensabile ma ci fu un’altra ragione per spiegare come nella prassi quotidiana il governo del Paese (non la Costituzione) furono precluse al PCI. È una spiegazione molto semplice: la DC ebbe sempre molti più voti e – data la sua posizione centrale – un maggiore potenziale di coalizione, a volte verso sinistra (PSI), alle volte verso destra (PLI). Insomma, la DC vinceva le elezioni, come quasi sempre le forze moderate nell’emisfero Occidentale, senza dover fare ricorso a mille dietrologie. Non è difficile, basta leggere “Teoria dei Partiti e Caso Italiano” di Giovanni Sartori (1982): se sono stato capace di venirne a capo io, umile politologo da marciapiede, può riuscirci anche Mattia Feltri, che firma articoloni sui giornaloni.
La specificità, la straordinaria vitalità e lealtà costituzionale del comunismo italiano sono note non solo in Italia e fu su queste basi che Aldo Moro costruì la sua idea di “Compromesso Storico”, tutto sta a volerlo capire o vedere, ma certo se si preferisce ripetere concetti codini e di seconda mano beh, allora non c’è molto altro da dire.
Marco Cucchini | Poli@rchia (c)